ROMA E L'ASSISTENZA AGLI ANZIANI. LE SMAGLIATURE DEL PIANO SOCIALE

Il 2 dicembre scorso l'assessorato alle Politiche Sociali e il V° Dipartimento del Comune di Roma hanno aperto il secondo incontro del Forum sugli anziani presso  il Centro per le Migrazioni di via Assisi 41. Circa ottanta persone hanno partecipato all'incontro, in prevalenza assistenti sociali dei municipi, assistenti sociali e presidenti delle cooperative sociali accreditate nei vari municipi e dirigenti e impiegati del V° Dipartimento. I partecipanti si sono divisi in tre gruppi per discutere su tre temi legati all'assistenza agli anziani non autosufficienti:  Azioni di Sistema, Residenzialità e Assistenza domiciliare.

Seguendo uno dei tre gruppi,  venivano fuori, in maniera lampante, la mancanza di omogeneità nell'offerta di servizi e le differenze metodologiche applicate municipio per municipio.

Con una certa sorpresa della dirigente del Dipartimento V, le assistenti sociali del X° municipio hanno descritto un progetto di assistenza domiciliare integrata agli anziani non autosufficienti che fornisce 18 ore settimanali di assistenza "a fronte di un tetto di max 12 ore prescritte dalla delibera comunale".

Anche le assistenti sociali del 15° municipio hanno illustrato un progetto sperimentale di assistenza domiciliare temporanea ad un numero limitato di anziani malati di Alzheimer  privi di assistenza, al fine di creare una rete di sostegno in attesa dell'immissione nel S.a.i.s.a. Dallo stesso municipio 15° è emerso un interessante progetto pilota, privo di protocolli formali, che stabilisce collegamenti e collaborazioni tra Municipio, Cad e Residenze Sanitarie Assistite site nello stesso municipio. Un collegamento di rete che permette agli utenti residenti nelle case di cura di viversi uscite in città alleggerendo così gli effetti del Welfare residenziale.

Anche il 4° Municipio si distingue perchè, attraverso un progetto sperimentale condotto dalla cooperativa "Medicina Sociale" in convenzione con la Asl RmA, si è realizzato solo per gli anziani non autosufficienti di quel municipio un servizio innovativo di ospedalizzazione domiciliare con tutti i benefici che ne derivano in termini di limitazione nei ricoveri delle persone con patologie croniche.

Ma, viene da chiedersi perchè un anziano non autosufficiente che abita a Bufalotta può usufruire di un servizio del genere mentre un anziano non autosufficiente che abita nel rione Monti o al Prenestino è tagliato fuori? Come mai esistono possibilità di visite specialistiche neurologiche domiciliari nella zona di Testaccio mentre non nella zona Esquilino. La Asl RmA sembra avere figli e figliastri. Esiste poi il nodo critico della lettura dei bisogni di un anziano malato di demenza assistito a domicilio da una cooperativa sociale accreditata. Essa ha il limite di essere settorializzata in compiti assistenziali e alberghieri. Molto ancora si deve lavorare sulla valutazione multidimensionale integrata tra distretti sanitari e servizio sociale. Il Cad della Asl tende frequentemente a valutare lo stato dell'anziano, autorizzare i ricoveri in Rsa stabilendo il livello di destinazione residenziale, e indirizzare l'utente o i loro familiari a prenotarsi presso le diverse asl romane dove esistono liste di attesa di uno o due anni oppure presso le singole strutture fuori Roma, dalla zona dei Castelli, ad Aprilia, a Fiano. Insomma il più delle volte si tratta di un vero sdradicamento dal territorio della persona anziana che diventa non più autosufficiente e non ha possibilità di essere assistita al suo domicilio.

A prescindere dalle poche esperienze di buone prassi esperite da alcuni municipi, che andrebbero condivise con periodiche conferenze cittadine, il forum sugli anziani ha evidenziato una forte criticità sull'integrazione socio sanitaria tra Asl e Municipi, tra Comune e Regione. Non è stato un caso che in uno dei gruppi e forse anche negli altri, non c'era un solo rappresentante, nè dirigente, nè assistente sociale di una Asl o di un presidio distrettuale. Eppure il Piano Regolatore Sociale che ha le sue basi normative nella legge 328/2000 dovrebbe fondarsi su una solida costruzione della integrazione tra servizi sociali e sanitari e di una piena sinergia tra Comuni e Asl.

La collaborazione tra Asl e Municipi non può limitarsi alla gestione di qualche progetto integrato di assistenza nei Piani di Zona e alla relativa divisione di risorse economiche.

Della difficoltà di linguaggi e di rapporti tra sociale e sanitario ne ha parlato anche il Dirigente della U.O.  Terza Età e Case di Riposo del Comune di Roma, dr. Michele Guarino, il quale ha parlato di un progetto pilota commissionato dal Ministero della Salute ai Comuni di Milano e Roma che è durato circa 4 anni e si è concluso nel maggio scorso. La finalità del progetto che sembra abbia avuto esiti positivi, era quello di sviluppare metodi e sistemi informativi che avvicinassero i settori sociale e sanitario nell'erogazione di cure e servizi ai soggetti non autosufficienti. Sul tavolo degli attori coinvolti nel progetto di studio c'erano le problematiche riguardante la validità oggettiva e condivisa di definizioni e concetti, il linguaggio, l'utilizzo di sistemi informativi collegati tra loro, la collaborazione dei medici curanti e delle loro capillari e preziose conoscenze degli anziani presi in carico.  Il dr. Guarino ha ben illustrato le difficoltà e le resistenze incontrate che in parte riguardavano i limiti normativi sull'utilizzo di dati sensibili nella costruzione di sistemi informativi e, in parte, riguardavano un presunto aggravio di lavoro richiesto ai medici e al personale di Comuni e Asl.

Un altro tema affrontato è il controllo sulle case di riposo e comunità alloggio per anziani private. Un'assistente sociale del 13° Municipio ha confermato l'esistenza di strutture che, ai controlli , risultano avere un numero di ospiti anche doppio di quello che per legge dovrebbero avere. Ad esempio Comunità alloggio che dovrebbero avere al massimo 12 anziani autosufficienti finiscono per averne 20- 24 di cui la maggior parte non autosufficiente. Cosa fare in questi casi? Si chiedeva l'assistente sociale, preoccupata dal fatto che la chiusura d'autorità di tali strutture fuorilegge provocherebbe effetti sociali non indifferenti a chi vi è ospitato e non ha alternative.

Ma cosa provoca, ci chiediamo noi, una mancanza di controlli o un atteggiamento buonista e tollerante sulle case di riposo private e comunità alloggio? Esiste il rischio della proliferazione di piccoli e grandi "discariche" abitative che non hanno le metrature sufficienti, che non hanno personale adeguato e qualificato e che, per questioni di bilancio di gestione, puntano sul numero delle rette da incamerare indipendentemente dai limiti imposti dalla normativa.

E' molto semplicistico e fuori luogo poi dichiarare, come ha fatto una funzionaria del Dipartimento Politiche Sociali che l'istituzionalizzazione degli anziani va evitata perchè la cosa migliore è assisterli a casa propria. Una posizione che scopre "l'acqua calda" nel momento in cui l'assistenza domiciliare integrata o l'ospedalizzazione domiciliare a Roma sono ancora ai minimi termini.  Questa dichiarazione sembra collegarsi alle semplicistiche affermazioni fatte nell'incontro precedente in cui si poneva l'accento sul costo delle case di riposo comunali (4000 euro per ogni anziano ospitato e circa 10 milioni di euro l'anno). Dietro sembra esserci sempre una filosofia rozzamente economicista che nasconde una gestione ventennale dissennata dove pesano canoni di affitto versati all'Enpals, appalti spezzatino spesso inutili come quello alle ditte di vigilanza privata e lotti plurifrazionati per le pulizie.

 I dirigenti degli Enti locali e delle Asl non possono pensare di far quadrare i loro conti e la loro pianificazione di welfare grazie all'offerta residenziale privata, spesso scadente e fuorilegge. Un'offerta alla quale le famiglie sono costrette a fare ricorso per le carenze assolute di servizi domiciliari e residenziali pubblici.

Ma veniamo alle smagliature del Piano Regolatore Sociale? Una delle grandi smagliature sta proprio alle fondamenta della Pianificazione e delle sedi logistiche comunali come l'Ufficio di Piano del Dipartimento e dei municipi.

Non è un caso che il forum sugli anziani non autosufficienti non abbia riscontrato la piena partecipazione del  personale dei distretti sanitari. Regione e Comune dovrebbero rimediare a questa falla per i prossimi anni aprendo da subito un tavolo organizzativo che riscriva il metodo e il coinvolgimento degli attori.
L'ufficio di Piano non può essere comunale ed avere sede al Dipartimento ma deve essere un ufficio Centrale paritetico di Regione Lazio e Comune di Roma così come gli Uffici di Piano municipali devono diventare Uffici paritetici locali di distretti sanitari e servizi sociali dei municipi. Occorrerebbe una delibera regionale e comunale con le linee guida e le procedure di responsabilizzazione dei dirigenti di aziende sanitarie ed enti locali. Precisi obblighi, competenze e indicazioni operative per la pianificazione strategica integrata da parte di autorità sanitarie e comunali.

Comune e Regione, Municipi e Asl, il Piano andrebbe costruito insieme e andrebbe costruito con tutti gli attori previsti dalla legge 328/2000. Non solo dirigenti di cooperative interessate ai piani di zona,  assistenti di municipio e personale dei Cad ma anche operatori socio-sanitari, educatori, operatori di strada, assistenti domiciliari. Tutte persone che sistematicamente vengono invece ignorate pur essendo quelle che stanno a più stretto contatto con il disagio in grado di contribuire alla mappatura dei bisogni e alle risposte possibili.

5 dicembre 2010

Domenico Ciardulli, Educatore Professionale

dr. in Management del Servizio Sociale ad Indirizzo Formativo Europeo

 

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