Dino Frisullo: con lo sguardo delle vittime

Mercoledì 20 giugno Alle ore 11.00
il Sindaco Veltroni intitola a Dino Frisullo il largo davanti alla sede di Senzaconfine e al centro socio-culturale kurdo “Ararat” a Campo Boario

Appuntamento Via di Monte Testaccio – Metro B Piramide Bus 719

Dalle ore 16.00
Consegna dei premi per tesi di laurea e dottorato
del concorso “Dino Frisullo”

Sala S. Rita, via Montanara 8
(Piazza Campitelli - zona Campidoglio)

Con il patrocinio di:

Comune di Roma – Assessorato alle Politiche Culturali
Regione Lazio

Intervengono:

Silvio Di Francia – Assessore alle Politiche Culturali del Comune di
Roma
Anna Pizzo – Consigliera Regione Lazio

Il premio “Dino Frisullo” è organizzato dalle associazioni Senzaconfine e Azad, in collaborazione con gli insegnamenti di Etnologia e
Antropologia Sociale dell’Università di Bari, e di Critica Letteraria e Letterature Comparate dell’Università di Roma “Tor Vergata”.

E’ sostenuto dalla Regione Lazio e dal contributo dei Centri di servizio per il volontariato CESV e SPES


INFO: www.senzaconfine.org
MAIL: senzaconfine@libero.it
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Quersto è quanto scriveva Dino Frisullo il 1.4.1988

 

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    Ringrazio lo stato turco per avermi dato per la seconda volta
l'occasione per conoscere la situazione dei diritti umani nelle sue
carceri. La prima volta era per il treno della pace. Quella volta io
sono stato picchiato e ferito. Privato della mia liberta' e mandato a
giudizio. Rinnovo la frase che scrissi e firmai quella volta assieme a
Sanare Yurdatapan: "Noi siamo venuti per la pace e assieme al popolo ci
siamo trovati alle forze dello stato".

    La seconda volta invece e' questa attuale. Noi come delegazione
internazionale siamo venuti a Diyarbakir per festeggiare il Newroz.
Perche' negli anni passati erano state compiute delle repressioni
durante questa festa. Tentavamo di evitare che in Via degli Insegnanti
la polizia picchiasse donne e bambini.

    Sulla via del carcere siamo stati fermati nella vecchia scuola di
polizia appartenente alla Direzione della Sicurezza. All'interno di
questo edificio siamo stati arrestati. Ai compagni della mia cella nel
carcere ho chiesto se avevano subito torture. Tutti senza eccezione mi
hanno confermato che prima di essere portati in quel luogo erano stati
torturati in modi indescrivibili. Solo gli stranieri e noi giornalisti
non abbiamo subito torture.

    La mattina del 21 marzo la gente del posto vedendo fra di loro noi
stranieri era molto felice e ci hanno issato sulle spalle per la gioia.
Per questo motivo la polizia turca mi ha considerato un provocatore e
mi
ha arrestato. Nelle mie mani c'erano solo fogli di carta e non delle
armi. Erano i miei fogli di lavoro che uso in Italia come giornalista,
per fare le mie indagini per i diritti dell'uomo. I fogli di carta che
mi sono stati sequestrati dalla polizia, nel mio paese sono
perfettamente in regola con la legge. Solo uno stato che e' capace di
chiudere un partito per un calendario poteva considerare le mie carte
materiale sovversivo. in Europa si fanno continuamente ricerche e
conferenze per i diritti degli uomini, e nessun europeo pensa di
limitare le liberta' per queste ricerche. Noi usiamo normalmente le
fonti indipendenti e le denunce delle controparti. Solo in questo paese
la controparte e' considerata a priori illegale e associazioni
civilissime sono private della parola.

    In passato io sono stato in Palestina, in Bosnia e in Spagna ed ho
visto le popolazioni che erano state private della propria liberta' di
pensiero, e gli eserciti soffocavano i diritti umani in modo
sistematico. Ogni volta aveva deciso di stare dalla parte giusta...

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Uno scalatore mite e ostinato Ciao Frisullo di Loris Campetti
da Il Manifesto del 7 giugno 2003
Si è spento il nostro amico e compagno Dino, una vita troppo breve
vissuta dalla parte del torto per aiutare i popoli senza patria a
costruire un futuro possibile. Ha conosciuto le carceri turche e ha
dato
ai kurdi una speranza

Dino Frisullo è caduto all’ultima curva. O forse no, il traguardo era e
resta ancora lontano e ci vorrà molto tempo per raggiungerlo, e quando
dopo aver pedalato e pedalato ci sembrerà di essere arrivati ci
accorgeremo che il traguardo si è spostato ancora più avanti, e che non
si può mai smettere di pedalare. Ognuno di noi a un certo punto della
salita deve passare la borraccia al compagno di squadra e Dino ce l’ha
passata ieri notte. Perché pedalare tanto, allora, se non si arriva mai
a Itaca? Perché l’obiettivo non è arrivare ma andare, e a Dino possiamo
regalare le parole del poeta greco Kostandìnos Kavafis: «Itaca ti ha
donato un bel viaggio». Il cammino di Dino Frisullo, nostro amico,
collaboratore e compagno, è stato tanto breve quanto intenso, senza
soste, finché il fisico l’ha sostenuto. E’ morto un’ora prima del suo
cinquantunesimo compleanno all’ospedale Monteluce di Perugia stroncato
da un tumore. In pochi mesi la malattia si è portato via quel «terrone»
di Puglia senza patria che si è sempre battuto al fianco di chi gli è
capitato di nascere e di vivere dalla parte del torto. Innanzitutto i
kurdi, schiacciati in casa dal regime turco e quelli in fuga alla
ricerca di una libertà negata verso sponde quasi mai ospitali. In
realtà, nelle sponde di stati inospitali come il nostro c’è sempre
gente
ospitale e il lavoro di Dino è stato quello di far incontrare naufraghi
e pescatori. Nella sua Puglia, in Calabria, in Sicilia, ovunque zattere
improvvisate trasportassero migranti e profughi, quelli che giornali e
tv preferiscono chiamare «clandestini». Siamo tutti clandestini non è
uno slogan, per Frisullo è stato il modo di pensare alla sua vita
intrecciandola con quella di navigatori meno fortunati. Kurdi e
palestinesi, albanesi e kosovari - quegli albanesi e kosovari in
«difesa» dei quali altri lanciavano bombe e annientavano popoli
«nemici». Dino con le sue tante organizzazioni, da Azad a Senza
confine,
pensava che per difendere popolazioni perseguitate bisognasse
accoglierle, non inquadrarle nel mirino.

Come ricordano le testimonianze di questa pagina, Dino fu arrestato a
Diyarbakir mentre festeggiava il Newroz, il capodanno kurdo, il 21
marzo
del `98 e condannato a un anno di galera per «incitamento all’odio
razziale», salvo poi vedersi modificare e aggravare il reato:
terrorismo. Dopo la liberazione e l’espulsione dalla Turchia non potè
difendersi né partecipare al suo processo perché i militari lo
bloccarono a Istanbul e lo rispedirono in Italia come un pacco postale.

Il nome di Frisullo è legato alla battaglia per l’accoglienza in Italia
e
la liberazione del leader del Pkk, Abdullah Ocalan. Grazie al suo
impegno civile e politico, per una breve stagione Roma si trasformò
nella capitale della speranza per il popolo kurdo, così tanti italiani
cominciano a scoprire un piccolo pezzo di mondo sconosciuto, neppure
tanto lontano dalle nostre sponde. Ma siccome la Turchia è il bastione
meridionale della Nato ed è (era?) il miglior alleato degli Usa e
siccome la Turchia era ed è un importante partner commerciale
dell’Italia, «Apo» venne buttato fuori dal nostro paese - pardon,
consigliato ad andarsene - e grazie a un’operazione di pirateria
internazionale, con l’aiuto della Cia e del Mossad, venne rapito in
Kenia, riportato in Turchia e sbattuto nel carcere di un’isola del mar
di Marmara, Imrali. Un processo farsa ha condannato a morte Ocalan, ma
siccome la Turchia deve entrare in Europa, la pena è stata commutata in
carcere a vita e le chiavi della cella buttate in mare.

Dino è caduto all’ultima curva perché non è riuscito a partecipare, se
non al telefono dalla sua camera d’ospedale, alla battaglia contro la
nuova guerra all’Iraq. E’ riuscito però a mandare al manifesto le sue
riflessioni e i suoi appelli appassionati. Nei prossimi giorni
pubblicheremo il suo ultimo articolo: «Kurdi, l’altra crisi del
Medioriente».

Dino è stato un militante mite, scomodo e ostinato, del cui valore in
troppi si sono accorti solo al momento della morte. Gli uomini e le
donne di ogni fede e nazionalità che non hanno aspettato la sua fine
per
volergli bene potranno salutarlo per l’ultima volta alle 15 di domani,
alla cerimonia laica organizzata dal comune di Roma alla III
Università,
in piazza Giustiniani.

[ sabato 7 giugno 2003 ]