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Report sul forum dedicato a “Le nostre banlieues”

 

E’ stata decisamente interessante la discussione al forum che si è tenuto a Roma sabato 24 febbraio dedicato a “Le nostre banlieues. Emergenza del sociale e periferie della politica”, organizzato dalla redazione di Contropiano che a questo tema aveva dedicato l’inserto speciale del numero di dicembre 2006.

L’introduzione curata da Sergio Cararo della redazione di Contropiano ha posto una serie di questioni e domande aperte sulle caratteristiche e le conseguenze della riorganizzazione capitalistica delle metropoli. “Vogliamo misurarci con ricercatori e attivisti sociali - anche con chiavi di lettura diverse -sull’esigenza di tentare una lettura aggiornata ma “rivoluzionaria” dello scontro che oppone il blocco sociale antagonista del Lavoro (anche se su questo ci sono valutazioni differenti tra loro) contro quello del Capitale nella condizione metropolitana che è venuta assumendo una sua centralità strategica sia sul piano della riorganizzazione produttiva del capitale sia su quello della scomposizione/composizione di classe”. Ma la centralità delle aree metropolitane non sta solo nelle elaborazioni di Mike Davis o nelle intuizioni degli organizzatori del forum. Infatti le riforme dello Stato danno sempre maggiore centralità alle aree metropolitane, producendo una legislazione che accompagna tale processo di riorganizzazione capitalistica anche nella sua neo-centralizzazione metropolitana (vedi i disegni di legge paralleli sulla costituzione delle nove città metropolitane, il federalismo fiscale e la privatizzazione dei servizi pubblici locali).

 

L’introduzione ha posto alcune ipotesi di lavoro e alcune chiavi di lettura ma ne ha lasciate aperte molte altre “Il rischio è che come accaduto questa estate in un centro sociale di Ostia o quanto accade nelle periferie di Napoli o nelle curve degli stadi, finanche quanto accaduto a Catania, rischia di diventare come è accaduto per le banlieues parigine "un fenomeno inspiegabile per la categorie fino ad oggi a disposizione".  Liquidare il tutto come fenomeni di lumpenproletariat quando i confini tra lavoro ed esercito industriale di riserva si frastagliano come in questa fase storica, non ci salva nè ci aiuta. Per questo c'è bisogno di inchiesta, confronto, sperimentazione.

Successivamente c’è stata la presentazione del quaderno dell’Osservatorio Meridionale (Paolo Graziano) “L'inchiesta metropolitana: mappe, metodi, fonti, riferimenti”dedicato proprio ai possibili parametri e fonti per una inchiesta sulla realtà delle aree metropolitane. Si tratta di un quaderno sul quale è possibile trovare le fonti e gli approcci per investigare il nesso tra condizione metropolitana e questioni come l’ambiente, il lavoro, la criminalità, l’economia, il territorio.

Particolarmente interessanti le relazioni dei due ospiti francesi. Remy Herrera (docente della Sorbona) ha ricostruito la politicità oggettiva della rivolta delle banlieues come “ribellione” anticapitalista e antiautoritaria, mentre Andrè Gilles Latournald (giovane banlieusard di origini antillane) ha documentato molto profondamente quella che ha definito la “pedagogia della paura” con i gruppi sociali dominanti hanno cercato di gestire il fallimento della integrazione multirazziale idealizzato dal modello francese.

 

Michele Franco (Rete per il reddito Napoli) è intervenuto sulla difficoltà di intercettare il disagio e l’esclusione sociale per trasformarli in conflitto politico e sociale nella realtà metropolitana di Napoli ogni episodio di cronaca che accade nell’area napoletana e che fuoriesce dagli ordinari canoni del “vivere civile” subisce una amplificazione mediatica la quale riverbera per lassi di tempo spropositatamente lunghi rispetto alla reale portata dei singoli casi. Tale caratteristica è un segno di come l’area napoletana sia stata assunta, anche grazie ad alcune sue pecularietà socio/economiche, a campione di una certa sociologia d’assalto la quale fa il paio con i modelli di governance[1] che di volta in volta vengono testati nelle diverse stagioni politiche. La connessione tra poteri forti e criminalità organizzata, continua a fare da tappo ad ogni tentativo di penetrazione delle istanze di conflitto sociale organizzato dentro le periferie (Scampia, Secondigliano), rispetto alle quali le autorità sanno solo avanzare proposte del tutto similari a quelle previste per le banlieues francesi, ossia la trasformazione dei quartieri a rischio in  “zone franche” con  agevolazioni fiscali e contributive per le imprese che decidono di investirvi.

Il dibattito ha visto poi gli interventi di Francesco Raparelli (Laboratorio Esc di Roma) che ha ripreso alcune suggestioni che furono dell’operaismo ma oggi rivisitate nella nuova condizione, in modo particolare sul lavoro cognitivo. Estremamente interessante (ed attuale ) il suo ragionamento sui caratteri della governance con cui i poteri forti proprio nelle metropoli intendono sviluppare il massimo controllo del conflitto e del disagio sociale attraverso l’inclusione differenziale e l’utilizzo mirato dell’assistenza al disagio (vedi il boom delle cooperative  sociali, spesso strumento di penetrazione e governance dei partiti politici).

 

Luca dell’Associazione Difesa Lavoratori del Veneto, ha resocontato della complessa lotta dentro e intorno la vicenda del ghetto di via Anelli a Padova (quello del muro) e delle esperienze di autorganizzazione dei lavoratori migranti, una vicenda che si presta a molte chiavi di lettura e ad un criterio di inchiesta fatto dentro le lotte sociali e non come esercizio sociologico.

Stefano Macera della redazione di Corrispondenze Metropolitane ha segnalato la vicenda di mostri architettonici come il “Serpentone di Corviale” come esempio di “autonomia del politico” e cioè di realizzazione di progetti indipendentemente dalle esigenze sociali da cui esse scaturivano (la casa). Le mani sulla città a Roma sono ancora quelle dei poteri forti e degli speculatori immobiliari che ne delineano non solo l’urbanistica ma anche la coesione/frammentazione sociale.

Nunzio D’Erme di Action ha sottolineato come le condizioni di degrado delle periferie abbiano messo in moto un processo di autonomizzazione del sociale che diventa sempre più difficile connettere al conflitto. Il tentativo di ricomporre un blocco sociale attraverso l’esperienza delle occupazioni delle case si scontra con un apparato politico e di potere che spesso interviene per gestire e appropriarsi di vertenze aperte dai movimenti sociali. D’Erme ha posto anche la questione della sindacalizzazione degli in sindacalizzabili (i marginali che spesso sono una quota rilevante della composizione sociale metropolitana).

 

Mauro Casadio della Rete dei Comunisti, è entrato nel merito delle questioni poste in particolare dagli ultimi interventi e che ripongono obiettivamente un po’a tutti i movimenti e gli attivisti sociali la questione di una rappresentanza politica autonoma. In modo particolare si è soffermato sulla sfida che investe i sindacati – e in modo particolare i sindacati di base – sull’organizzazione possibile dei settori sociali esterni o marginalizzati dai posti di lavoro e dalle regole della contrattazione sindacale tradizionale. Il problema dell’apertura di una contrattazione sociale e di un sindacato capace di essere anche sindacato metropolitano e non solo lavorista, è una questione che ormai deve entrare nel dibattito.

Sergio Cararo ha provato a tirare le conclusioni lasciando aperta la discussione sulle ipotesi di lavoro: inchiesta, caratteristiche e demistificazione degli strumenti della governance (vedi la cooperazione sociale), sindacato metropolitano. Ci ha tenuto a chiarire che la metropoli e le stesse periferie non sono un concetto geografico ma “un territorio politico, sociale ed economico” dove la contraddizione tra aspettative e realtà (magnificamente illustrata da Andrè Gilles Latournald nel suo intervento sulla rivolta delle banlieues) agisce in modo ancora più violento. Infine in una possibile piattaforma sociale per il conflitto metropolitano, non dovrebbero esserci solo elementi rivendicativi in qualche modo “tradizionali” come reddito, casa e servizi ma anche obiettivi extracontrattuali come la rivendicazione dello spazio, del tempo e della dignità. Si tratta di tre fattori oggi apertamente in antagonismo con una concezione capitalistica degli stessi e che vede lo spazio urbano gratuito come un nonsenso economico, i tempi come mero aspetto della logistica tesa alla riduzione dei costi produttivi e la dignità come anacronismo rispetto alla subalternità o al pragmatismo che dovrebbe conformare l’azione politica e collettiv degli uomini e delle donne dentro un sistema che si fonda su altre priorità.

 

Gli interventi di due degli invitati che all’ultimo momento non hanno potuto partecipare , come Emilio Quadrelli (università di Genova) su “Periferie e mondo “Ultras”: qualcosa che ci riguarda” e  Luciano Vasapollo (università di Roma-Cestes) sulla struttura economica e produttiva delle aree metropolitane, sono comunque disponibili.

Una discussione dunque molto interessante alla quale si intende dare seguito a breve anche con altri contributi. I materiali già da ora a disposizione saranno postati sul sito www.contropiano.org a partire da giovedì 1 marzo.

 

La redazione di Contropiano per la rete dei comunisti

 

info: cpiano@tiscali.it