Inchieste G8 Le intercettazioni dei vertici della polizia
sulla «notte cilena» di Genova 2001
Così volevano smontare la Diaz
Il capo m'ha dato le sue deposizioni, devo aggiustare il tiro
sulla stampa. E dopo la deposizione era contento. Bravo, m'ha detto, li hai
hai sbranati Il capo e Manganelli, dicono: non ti preoccupare perché qui
dobbiamo fa un'azione comune e rompere il cazzo a sto cazzo di magistrato La
deposizione truccata dell'ex questore Colucci. E il ruolo «attivo» dell'ex
capo della polizia De Gennaro, dell'attuale Manganelli, del questore di Bari
Gratteri e di Luperi, ai vertici del Sisde
Vertici della polizia contro la procura di Genova. Obiettivo:
smontare il processo sui fatti della Diaz, «sbranare», come avrebbe detto De
Gennaro, i pm che hanno messo i vertici del Viminale sulla graticola. Il
racconto di come, quanto e da chi sia stata cambiata la deposizione dell'ex
questore Francesco Colucci, che la procura di Genova considera falsa, narra
una storia di imputati e testimoni uniti dietro una bandiera comune. Che
scelgono cosa dire e cosa non dire, cosa smentire e cosa confermare. Sempre,
par di capire, sotto le indicazioni dell'ex capo della polizia, accusato di
istigazione alla falsa testimonianza. Ma anche - si scopre leggendo l'intero
fascicolo, com'è capitato al manifesto - con l'interessamento dell'attuale
direttore, Antonio Manganelli, di Francesco Gratteri, questore a Bari, e
Gianni Luperi, appena nominato capo del Dipartimento analisi dell'ex Sisde
(gli ultimi due, imputati al processo Diaz).
La storia comincia alla fine dello scorso aprile quando Francesco Colucci,
questore di Genova all'epoca del G8, sta per essere chiamato a testimoniare
al processo Diaz e telefona all'ex capo della Digos Spartaco Mortola,
imputato in quel processo: «Sono stato a Roma, sono tornato ora da Roma e
praticamente io il giorno 3 devo venire a Genova - gli dice - Il capo m'ha
dato le sue dichiarazioni. \ Mi ha fatto leggere, poi dice... tu devi,
bisogna che tu un po' aggiusti il tiro sulla stampa». Colucci dovrà dire di
aver avvertito personalmente il responsabile dell'ufficio stampa del
Viminale, senza avvertire De Gennaro. E' un dettaglio che cambia poco nel
racconto del processo Diaz, da cui il «capo» non è mai stato sfiorato, ma De
Gennaro pare voler cancellare dalla propria immagine ogni ombra di sospetto,
«e vediamo poi Zucca (pm al processo Diaz e autore dell'attuale indagine ndr)
come cazzo reagisce, non lo so».
Il 3 maggio Colucci si presenta al processo Diaz. Cambia il racconto su
Sgalla e butta lì che a dirigere l'intera operazione sarebbe stato il vice
questore di Bologna Lorenzo Murgolo, l'unico funzionario presente la cui
posizione sia stata archiviata perché, hanno sostenuto i pm, non ebbe alcun
ruolo decisivo. E' soddisfatto e, il 4 maggio, richiama Mortola: «Ieri sera
ho chiamato Manganelli. Dico: Guarda Antò... sei stato bravo, è andato tutto
molto bene, ce l'hanno detto gli avvocati», Mortola è soddisfatto: «Sì, no,
perché poi c'è lì... tu lo sai che c'è sempre la dottoressa De Meo, una
funzionaria dello Sco che va a sentirsi tutte le udienze. La mandano su,
registra tutto al computer e fa ogni volta...»; Colucci prosegue: «Se il
capo vuole maggiori ragguagli, gli ho detto... se vuole sapere qualcosa io
sono qua, che devo fare, vengo a Roma?. Poi stamattina m'ha chiamato il
capo. Dice li hai, li hai maltrattati una cosa del genere. Li hai.. li
hai... gli hai fatto la..., come ha detto, li hai... e no sbranati, li
hai... va be insomma, una frase ha detto. In senso positivo, chiaramente.
Che era contento eccetera. Ho saputo da Ferri...che anche Caldarozzi e
Gratteri sono stati contenti, diciamo, di questa... Luperi è rimasto
contento. D'altra parte è uno scenario nuovo si è aperto per colpa mia
diciamo».
Il 7 maggio a telefonare è Francesco Gratteri: «E' che volevamo farti un
saluto con Gilberto (Caldarozzi, all'epoca vicecapo dello Sco, indagato ndr).
Quando si dicono le cose e si dicono come giustamente e correttamente le hai
dette tu allora è doveroso, diciamo, da parte nostra insomma rendere
omaggio, come posso dire, alle persone per bene.\ Ti siamo... vicini e
riconoscenti...» Colucci ringrazia e aggiunge: «Lui (il pm ndr) secondo me
c'ha preso uno schiaffone da Manganelli. Ce n'ha preso un altro da me». E
Gratteri soddisfatto: «Ma diciamo anche due».
Gianni Luperi, invece, chiama Mortola. E gli assicura, che a questo punto,
verrà anche il capo a testimoniare. «Luperi dice che si riferisce al Capo
(Gianni De Gennaro ndr)- dice il riassunto della pg - in merito aggiunge di
aver appena finito di parlarci e che questi gli ha consigliato di adottare
una linea comune in modo che lui venga interrogato da tutti i difensori.
Diversamente potrebbe apparire che la sua deposizione serva solo per
alcuni». Il passo successivo sarebbe toccare la posizione di Murgolo.
«Quello andrebbe inculato», promette in un'altra intercettazione, Alessandro
Perugini, l'ex vicecapo della Digos.
L'allegria di Colucci, che si vanta di aver «scardinato» il processo in più
intercettazioni, dura per giorni. E il suo continuo parlare della
soddisfazione del capo sembra tanto più credibile, perché l'ex questore di
Genova non è uomo che abbia bisogno di accreditarsi. E' già in lista per la
nomina a prefetto, tra qualche anno andrà in pensione ed è «tra i nove più
alti dirigenti della Ps», come ha confermato a verbale De Gennaro. L'11
maggio, lo chiama Achille Serra, ex prefetto di Roma e oggi commissario
anticorruzione: «Hai salvato quel maiale schifoso, dice che De Gennaro ti ha
ringraziato», ma la sua protesta si perde in un mare di felicitazioni.
Il cielo si fa improvvisamente scuro solo il 22 maggio, quando Coluccci
riceve un avviso di garanzia di cui nessuno aveva avuto sentore. Il Viminale,
il manifesto l'ha spiegato martedì scorso, la prende malissimo. Il 23 è
Gianni Luperi a chiamare Colucci, «dice di essere dispiaciuto per Colucci e
che appena rientra lo chiama poi dice che comunque è una battaglia in cui
alla fine si vedrà chi ha ragione». E il 24, dice Colucci, Manganelli lo
incita: «Dobbiamo dargli una bella botta a sto magistrato, dice». Non sembra
essere una frase di solidarietà detta a caldo, come ha commentato martedì
sera il direttore della Ps. Il 25, dopo un nuovo incontro, infatti Colucci
sembra essere certo degli appoggi garantiti: «C'erano il Capo con
Manganelli, dice guarda non ti preoccupare perché qui dobbiamo fa un'azione
comune ... e rompere il cazzo a sto cazzo di magistrato».
Che il castello costruito potrebbe non reggere, Colucci inizia a sospettarlo
solo il 28 maggio: «Va a finì che tutto il resto passa in prescrizione, alla
fine io rimango col carciofo in mano insomma (ndr. nel senso che teme di
essere condannato per la falsa testimonianza)». E pensa di giocarsi il tutto
per tutto. Come andrà a finire, se ci sarà un rinvio a giudizio oppure no,
lo sapremo solo entro la fine del 2007. Quel che sappiamo già oggi è che
difficilmente vedremo cambiare strategia ai protagonisti di questa vicenda:
«Io ho scoperto una cosa \ che i processi non si vincono o si perdono in
tribunale , ma si vincono e si perdono fuori dal tribunale...».
«Nessuna pressione su Colucci»
s.pi.
Genova
«Preciso che non ho diretto, né comunicato, né indotto il
Colucci in alcun modo a rivedere il contenuto della sua testimonianza
imminente in alcune delle sue parti». Il 14 luglio 2007 a Genova arriva il
capo dell'ufficio del gabinetto del ministero dell'Interno, Gianni De
Gennaro. I pm genovesi lo convocano per interrogarlo, in quanto persona
sottoposta a indagini. De Gennaro è accusato di istigazione alla falsa
testimonianza nei confronti dell'ex questore di Genova, Colucci. L'ex capo
decide di rispondere ai magistrati e si difende, negando ogni addebito.
Le contestazioni dei pm si basano su intercettazioni intercorse per lo più
tra Colucci e Mortola, tra Luperi e Mortola e tra Colucci e persone non
identificate, nelle quali De Gennaro viene tirato in ballo. In primo luogo
l'ex capo della polizia nega di aver chiamato Sgalla, sconfessando la
telefonata di Colucci a Mortola nella quale l'ex questore di Genova
annunciava la propria deposizione: «Il capo ha praticamente fatto marcia
indietro e invece io devo rivedere un po' il discorso di quello che ho
dichiarato io di Sgalla». De Gennaro risponde all'accusa, confermando quanto
aveva già affermato in precedenza: «Per quanto riguarda la circostanza
dell'avviso al dottor Sgalla di recarsi presso la scuola oggetto di
intervento, voglio precisare che egli dipende non dal capo della polizia
bensì dal capo del dipartimento di pubblica sicurezza. Non avevo alcun
motivo di dire "chiama la stampa"».
De Gennaro durante l'interrogatorio ci tiene a fare una premessa: Colucci è
uno dei più importanti dirigenti della Polizia italiana, uno dei vertici
amministrativi. Per questo motivo, spiega, negli ultimi sei anni i due si
sono sentiti e frequentati assiduamente. Poi entrambi sono convocati a
Genova, come testimoni nel processo Diaz: «Nel corso di una breve e fugace
conversazione sul dibattimento in questione ci siamo scambiati alcune
impressioni su ciò che eravamo chiamati a riferire, nell'ottica di una
ricostruzione dei fatti che, nel nostro auspicio, doveva avere come fine la
verità». Poco dopo ricorda «di aver fatto con lui (Colucci, ndr) alcuni
commenti circa la sua deposizione», ma nega di averlo ringraziato nel modo
esplicito riportato da Colucci in una delle sue tante telefonate: «Posso
avere espresso un generale compiacimento a commento dell'avanzamento verso
una ricostruzione dei fatti improntata alla verità». Incontri ci sono stati,
telefonate no; i riferimenti a De Gennaro arrivano sempre da Colucci. Per De
Gennaro, però, l'ex questore di Genova «esprime sue valutazioni personali o
stati d'animo».