ORMAI SI PUO' MORIRE A 9 MESI CON UN PROIETTILE IN TESTA

Una cronista televisiva ha domandato ad alcuni connazionali cinesi che abitano a Torpignattara se conoscessero le vittime della rapina. La risposta è stata disarmante e respingente: "io no capire io no parlare bene italiano.. no no.."

Una bambina uccisa con un colpo in testa durante una rapina è un segnale pesante di minaccia per tutti coloro che hanno intenzione di fare resistenza o di opporsi al racket delle estorsioni. Non si tratta di quartieri "patologici" o di frange isolate di balordi. E' l'intero tessuto sociale urbano che si sta frantumando, sfaldando e si sta trasformando in un nuovo "medioevo" del terzo millennio.

La criminalità organizzata e il suo sottobosco delinquenziale avanzano e prosperano nelle città per tre motivi: uno riguarda il disagio sociale, la povertà dilagante che spinge sempre più persone alla scelta disperata di farsi reclutare da certi giri periferici di "manovalanza" e di "lavori sporchi". Giri collegati, attraverso invisibili e impenetrabili livelli gerarchici, alle grandi organizzazioni camorristiche e mafiose e alla loro industria della droga, del riciclaggio di danaro sporco, del racket commerciale e immobiliare.

Un secondo fattore che fa attecchire la microcriminalità è il terreno fertile dell'illegalità diffusa, della tendenza capillare ad ogni livello, sia istituzionale che individuale a non rispettare le regole, al "lassismo" e al "faidate". Non si tenta nemmeno di fare "cordone sanitario" contro abusivismi che profanano il verde pubblico, non si boicottano esercizi commerciali in odore di mafia e di riciclaggio, si tende a declinare ogni attribuzione di responsabilità civica e a rifiutare il ruolo di cittadinanza attiva. Un ruolo che è fondamentale per ogni democrazia che si rispetti.

Una terza e forse più importante motivazione consiste nella progressiva atomizzazione delle comunità e dei quartieri favorita da una politica inadeguata, incapace e fraudolenta, da amministratori che, non solo non riescono o non vogliono tutelare la legalità, ma non si fanno catalizzatori di reti comunitarie solidali tra i cittadini. Al contrario, la politica locale continua a puntare, con i propri atti e deliberazioni, sul clientelismo, sulla propaganda e sul controllo di ogni iniziativa di aggregazione civica che viene solitamente vista come potenziale ostacolo all'esercizio discrezionale del proprio potere. 

Per descrivere meglio l'evoluzione delle nostre comunità urbane vogliamo prendere in prestito le seguenti parole di Claudio Magris pubblicate oggi sul Corriere della Sera nell'ambito di un articolo sui tempi che cambiano: "...Oggi quella omogeneizzazione si è capovolta nel suo contrario, in un pulviscolo di diversità contraddittorie, in una miriade di microcosmi sempre più piccoli e particolari, che si suddividono in unità a loro volta sempre più piccole e particolari, riluttanti a riconoscersi parte di una totalità che le comprende e reclamanti ognuna la propria diversità- nazionale, culturale, etnica, politica, giuridica. Alla geometria del Moderno è subentrato un Medioevo globale, frazionato, atomistico..."

Sta venendo meno sempre di più quel collante tra persone, tra famiglie, tra gruppi che ha sempre rappresentato soprattutto nei quartieri periferici delle città un efficace anticorpo contro la crescente e invadente microcriminalità. In questo deserto di socialità e socializzazione, le singole persone e le singole famiglie sono sempre più in balia della paura e si sentono soli rispetto a possibili aggressioni improvvise per strada o nelle proprie case. Per cambiare le cose nella città di Roma, abitata da diversi milioni di persone, basteranno gli annunciati 130 poliziotti in più?. No, la risposta è ovvia! E' importante il controllo del territorio da parte delle Istituzioni come è fondamentale riappropriarsi di tutti quegli spazi degradati e abbandonati per renderli luoghi fruibili di aggregazione, cultura e socializzazione. Servono scelte di politiche sociali innovative che contrastino le sacche di xenofobia, l'individualismo e l'illegalità diffusa. I cosiddetti Piani Regolatori Sociali dei municipi, ad esempio, non possono continuare ad essere uno sterile documento concordato con padroni e padroncini del Terzo Settore da approvare al più presto perchè obbligatorio per legge. La mappa dei bisogni di un territorio, la sua lettura e interpretazione va condivisa estesamente con i cittadini di quel territorio, con gli utenti dei servizi, con gli operatori che sono a contatto quotidiano con il disagio sociale.

Cittadini più uniti e solidali, più attenti al proprio vicinato, meno segregati nei propri interessi corporativi e particolaristici sono  elemento determinante per un'inversione di rotta e per non precipitare in maniera irreversibile nel "Medioevo globale" .

Domenico Ciardulli, Educatore Professionale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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