IL NOSTRO QUARTIERE, LA SUA ANIMA SOFFERENTE

ovvero

I VIRUS CHE INQUINANO LE RELAZIONI UMANE

"Zoccola": così un automobilista apostrofava una ragazza che aveva tardato qualche secondo a spostare la sua macchina da un temporaneo intasamento stradale. "Solo gli stronzi parcheggiano così":  parole aggressive su un foglietto anonimo lasciato sul parabrezza di una piccola automobile che sporgeva di soli 30 cm sul largo ingresso di una strada privata.  Sono poi tante le lunghe liti che sedimentano in tribunale per l'uso di un pezzetto di terrazzo o cortile condominiale. Non serve sentire i telegiornali per capire quello che sta accadendo.  C'è qualcosa di stratificato e profondo che si sente nell'aria, negli uffici, nelle strade.

Un virus pericoloso è penetrato nelle cellule della nostra società, destabilizzando gli equilibri delle relazioni umane, sclerotizzando le membrane permeabili degli scambi osmotici tra le persone. L'avere cura di se stessi attraverso la cura e rispetto dell'altro è un valore molto antico, tramandato dall'antica Grecia ai giorni nostri. La rimozione di massa di questo valore ha prodotto nella storia tragedie e sofferenze. Si indebolisce sempre di più il sentimento di "pietas" che induce a rispettare il prossimo.

Certo, non nasce adesso  la tendenza di molti a fare delle proprie vite dei piccoli bunker per difendersi dagli altri, mirando a godersi "spensieratamente" i propri piccoli e grandi privilegi acquisiti. A volte, il gruppo, fatto di 3 o 4 persone e chiamato "comitato", si muove in quella direzione.

 Non nasce adesso l'aggressività e la paura nei confronti di chi ha tratti somatici diversi, di chi non la pensa come noi, di chi non gode di un tenore di vita simile al nostro, nei confronti di chi non è della nostra città, di chi non è del nostro quartiere, di chi non è del nostro condominio, di chi non abita sul nostro stesso pianerottolo, o persino di chi abita all'appartamento di fronte al nostro...

E' un virus che esisteva ma che adesso sta proliferando, si sta impossessando delle arterie principali, dei tessuti più piccoli della metropoli, colpendo anche quelle piccole isole fatte di sorriso e solidarietà.

 La violenza o la paura si percepisce nelle parole, nel modo in cui guardiamo le persone che incrociamo per strada, nei modi usati per rivolgerci all'altro.

A mio avviso, da qui, dai territori e dalle relazioni, potrebbe avere senso una sorta di "terapia", per poter ricostruire i tessuti, mobilitare tutte le risorse sane, individuali e collettive, nella speranza di debellare il virus e permettere una più luminosa via d'uscita per noi e per le nuove generazioni.

Domenico Ciardulli

PUBBLICATO SU: Liberazione del 30 maggio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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