«Ci vogliono sostituire con le cooperative» -

 Adriana Pollice

NAPOLI - Il gazebo dei Cobas staziona da giovedì davanti alla sede della direzione scolastica regionale della Campania, al Ponte della Maddalena. Alle spalle i container della Cosco e della Msc in attesa di prendere il mare dal porto commerciale di Napoli, accanto la statua di San Gennaro e di fronte un altro dei 52 patroni della città: «Non ci ricordiamo mai come si chiama, da ieri è diventato San Precario, ci affidiamo a lui», scherzano gli insegnanti dopo la prima notte trascorsa in presidio. Sul tavolo biscotti e vino rosso, di fianco la tenda da campeggio con il cartello «precariato uguale reato dello stato». Di sera erano rimasti in pochi ma ieri mattina erano più di trecento tra professori, maestri e personale tecnico amministrativo Ata. Traffico bloccato e blitz sul tetto dell'edificio, un bruttissimo cubo beige stile periferia punitiva, per issare una bandiera di protesta. E poi la banda che suona mentre arriva una delegazione da Salerno, cori contro il ministro Gelmini, ritratta con un sorriso estatico nei panni di Beata Ignoranza. «Abbiamo votato Berlusconi e ci vergogniamo di averlo fatto, scrivetelo, mi chiamo Iodice Umberto»: è uno dei bidelli del convitto Vittorio Emanuele di piazza Dante, fanno parte di una graduatoria speciale istituita nei primi anni ottanta ma sono riusciti ad avere il posto solo nel 2004, ora sono di nuovo fuori. Fino all'anno scorso erano in cinque a badare a sei classi, pulire le aule e i corridoi, sorvegliare entrata, uscita e intervallo, dopo i tagli ne resteranno due: «Significa - spiegano - aule sporche e nessuna sicurezza per i ragazzi. Già prima, quando qualche collega si ammalava, per non chiamare un sostituto arrivavano segretari e preside per l'entrata e l'uscita, tanto per fare numero, figuriamoci ora. Ci vogliono sostituire con le cooperative ma le ditte da contratto non possono sorvegliare i ragazzi e poi costano più di noi, che prendiamo 960 euro al mese, lavoriamo anche di pomeriggio, non abbiamo diritto alla mensa o al ticket e se ci mandano nelle scuole delle isole del Golfo ci dobbiamo anche pagare gli spostamenti». I tagli in Campania operati dal ministro Gelmini tra il 2008 e il 2010 sono stati di 8.500 unità a cui si aggiungeranno per quest'anno altri 3.800 disoccupati tra i docenti e 2.000 di personale Ata. Teresa Sestile è un'insegnante precaria della materna da 25 anni: «L'anno scorso sono andata a lavorare ad Alessandria, le condizioni della scuola sono allucinanti al sud come al nord. Ci hanno costretto a insegnare in classi da 25 alunni, se manca un collega non ci sono i soldi per le supplenze e allora si devono unificare le classi, cioè 50 bambini in aule piccolissime, ma quale didattica si può fare così? per risparmiare sulle sostituzioni mandano gli insegnanti di sostegno, lasciando i ragazzi con handicap da soli. Mi è anche capitato di dover fare io il sostegno però, quando si è trattato di assumere, non ero idonea e sono rimasta senza cattedra, pur avendo vinto il concorso più di dieci anni fa».

Valentina Dell'Aversana insegna alle medie da quindici anni: «Non ci sono i soldi per gli stipendi però si incrementano i progetti speciali, con i fondi europei Pon e Pof, così gli insegnanti vicini ai presidi e agli assessori hanno il salario premiale mentre la didattica viene smantellata dai tagli. La regione Campania si è appena allineata: giovedì ha stabilito in accordo con il Miur che, dei 20 milioni in due anni stanziati per pagare parte degli stipendi degli insegnanti, la metà verrà impiegata in progetti». Secondo Vincenzo Terracciano, 25 anni da precario delle superiori con il concorso vinto nel 1990, la fiducia si è spenta con la legge 133 del 2008 ideata da

Tremonti: «Otto miliardi di tagli in tre anni, da allora ho perso la speranza di avere il mio posto fisso dove poter finalmente insegnante. Vaghiamo da una scuola a un'altra». Tagli anche nel personale amministrativo: istituti che avevano tre impiegati dovranno ridurre a due e l'anno venturo scendere a uno. «La manovra del ministro dell'economia, scaglionata in tre anni, serviva a dividere il fronte dei lavoratori - spiega Massimo Montella, dei Cobas - ma, al punto in cui siamo, stiamo ritrovando l'unità. I precari, un terzo del corpo docente, tra festività e tredicesima non pagate, fanno risparmiare alla scuola circa 9mila euro a testa, tra gli Ata la percentuale di precari sale a metà, è come un caporalato di stato». Tra consulenze su punteggi e graduatorie, il presidio si organizza per proseguire la lotta in vista dell'incontro di lunedì prossimo con il provveditore, Pietro Esposito. Nessuno si aspetta buone notizie dal governo.

Manifesto – 4.9.10

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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