«La scuola si sfascia e la sinistra balbetta»

- Luca Fazio

MILANO - Bruno Losito, docente di pedagogia sperimentale all'Università degli Studi Roma 3, si occupa di «problemi della innovazione educativa e scolastica e della sua valutazione». Valutazione complessiva? Vedete voi...

Settembre, e siamo costretti ad inseguire le proteste dei precari, lo stato di agitazione permanente, le polemiche con l'insostenibile Gelmini. Perché non si riesce ad impostare un discorso più alto sulla scuola?

La situazione data non poteva che dare il via a questo balletto. Guardiamo i dati forniti dal ministro: se è vero che c'è un rapporto di 1 a 4 fra insegnanti precari e di ruolo significa che i precari oggi sono indispensabili per far funzionare la scuola. Da trent'anni nessuno ha mai tentato di ragionare seriamente sul reclutamento e la formazione degli insegnati per uscire da questa situazione.

Se è vero quello che dice Gelmini sui 200 mila precari impossibili da assorbire, significa che non c'è via d'uscita? 

Se ne esce cercando di capire dove servono maggiori risorse, puntando ad assorbire i precari in funzione dei problemi del nostro sistema scolastico. Utilizzandoli dove servono. Tutti parliamo della disparità tra nord e sud, della debolezza dei professionali rispetto ai licei, ecco due ambiti dove è possibile investire. Un esempio. La Regione Puglia, lo scorso anno, a sue spese, ha deciso di mantenere in servizio 1.500 precari utilizzandoli però in attività didattiche e di recupero mirate. Non per tappare generici buchi ma per recuperare debolezze accertate.

 Questa è la soluzione? No, ma dimostra che a livello locale si possono utilizzare risorse. E' chiaro che se la riforma delle superiori ha ridotto l'orario di permanenza a scuola di fatto ha diminuito il numero delle cattedre disponibili. Da qui gli esuberi. Il ministero fa paragoni con gli orari scolastici europei, ma non ha senso perché in Europa le lezioni sono di 18-20 ore la settimana ma i ragazzi poi rimangono a scuola fino alle cinque del pomeriggio e ci sono altre figure professionali che li seguono. Se continuiamo a basarci rigidamente sul monte ore non risolviamo il problema.

Il più grande licenziamento di massa in Italia, si dice. Eppure le reazioni della politica e del sindacato non sembrano all'altezza dell'emergenza.

Perché la scuola gode di una pessima immagine, non si dice altro che gli insegnanti lavorano male e poco, in più ci sono le indagini internazionali che sul nostro conto sono poco esaltanti.

Allora tagliamo, dice il ministro.   Non sono d'accordo con questa impostazione, tagliare certo non serve a risollevare la scuola.

Al di là del governo, non è anche un limite della sinistra se la scuola è in queste condizioni?

Quale idea brillante sulla scuola ha prodotto la nostra sinistra negli ultimi venti anni? Zero, a parte qualche iniziativa di Berlinguer. Balbettiamo, non basta dire che ci vogliono più soldi, bisogna dire come e perché li investiamo.

E il sindacato?   I sindacati sono arroccati in una posizione di retroguardia, difendendo l'indifendibile. In Puglia, per esempio, hanno consigliato ai precari di non accettare la proposta di reinserimento della Regione: meglio il sussidio di disoccupazione, dicevano... La Cgil deve fare uno sforzo di tipo propositivo, non può più limitarsi alla semplice difesa del posto di lavoro. A sinistra manca un progetto di medio e lungo termine.

Si parla di rigore meritocratico per seppellire l'eredità del '68, e l'idea piace. Non si rischia un ritorno al darwinismo sociale, come se già adesso la scuola non riproponesse una rigida suddivisione di classe?

Se guardiamo ai risultati delle indagini, è desolante. Le differenze di rendimento scolastico sono sempre legate alla condizione sociale e culturale. E' come dire che la scuola riproduce le differenze, un fallimento. E' sempre così dagli anni '70. Quanto alla meritocrazia, è fasulla se non si tiene conto di questa disparità all'ingresso. Prima bisogna intervenire laddove ci sono lacune, altrimenti la meritocrazia premia i privilegiati.

Si dice che gli insegnanti hanno perso ruolo e autorevolezza. Perché accade?   Perché sono diventati delle figure negative, ma del resto questa crisi di ruolo la pagano anche altre figure, penso agli adulti in generale. Invece, in questi anni di mancate riforme, la scuola si è retta grazie all'impegno degli insegnanti. Il problema è che a scuola c'è di tutto, chi è molto preparato e chi si limita a fare il minimo indispensabile. E' il sistema scuola che permette una disparità di preparazione.

Allora, prof sotto esame?   Impossibile valutare un singolo docente, bisogna valutare quanto una scuola investe per migliorare insegnamento e socialità, ma per fare questo servono soldi e continuità di prestazione professionale, non un esercito di precari.

 Insomma, no al rigorismo.   Dipende. Prendiamo le università: la proliferazione di certi corsi era uno scandalo, allora io mi chiedo perché mai il rigore, nel senso buono, deve diventare monopolio di questo governo impresentabile.

A proposito di valutazioni, luci e ombre dei test Invalsi.  Sono indispensabili, non per valutare i singoli ma per valutare cosa producono le singole scuole. Poi bisogna essere capaci di interpretare i risultati nel tempo. Ho solo alcune perplessità sulla qualità delle prove di italiano, ma il meccanismo è efficace e trasparente.

manifesto 4 settembre 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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