AFGHANISTAN:
LETTERA CIRCOLARE PERVENUTA DA UN ESPONENTE CGIL
Care/i compagne/i,
come tutte/i, anch'io esprimo il
mio cordoglio nei confronti dei militari italiani rimasti vittime
dell'attentato talebano di Kabul, così come nei confronti delle vittime civili
di oggi e nei giorni scorsi in seguito ai sanguinari bombardamenti della NATO.
Occorre, però, anche in questa occasione, non esimersi, noi militanti e quadri
della CGIL, dal cogliere quanto accade nella linea politica della nostra
Confederazione.
Già da tempo avevo sottolineato
come la tragica realtà della guerra in Afghanistan non fosse più tra le
preoccupazioni né tanto meno tra gli oggetti di mobilitazione del nostro
sindacato.
Opportunamente il documento del
14° Congresso del febbraio 2002, nonostante fosse ancora vivissimo lo shock
per il massacro delle Torri gemelle, recitava: ”La Cgil si è opposta e si
oppone al permanere e all’estendersi di ogni conflitto e dunque alla
partecipazione italiana ad azioni di guerra”, mettendo almeno provvisoriamente
fine, anche grazie alla insistente e tenace azione della sinistra sindacale,
alla dolorosa fase della "contingente necessità".
Ma da allora ad oggi molta acqua
è passata sotto i ponti. La "missione" in Afghanistan si è rivelata sempre più
per quello che è sempre stata: un'azione di guerra, nel quadro della guerra
preventiva voluta da Bush e dai suoi accoliti. Migliaia sono i civili morti,
equamente colpiti dagli attentati talebani e dai bombardamenti Nato.
Nonostante ciò, però, la
segreteria nazionale della CGIL, di fronte al tragico evento di questa
mattina, si limita a chiedere una "riflessione collettiva", in modo ben
diverso anche da quanto dichiarato sei anni fa in una situazione analoga,
all'indomani dell'attentato di Nassiriya, quando il documento della segreteria
si concludeva proclamando: "no al terrorismo, no alla violenza, no alla guerra
preventiva, immediata assunzione di responsabilità della comunità
internazionale e immediato ritiro delle truppe".
Credo che anche questo dato, come
purtroppo confermato dalle scelte politiche sul fronte più prettamente
sindacale, ci parlino di una Confederazione che sceglie, deliberatamente, di
restare "in mezzo al guado".
Credo perciò che la sinistra
sindacale (o almeno di ciò che ne resta dopo lo sgretolamento di questi ultimi
mesi) non possa affatto attestarsi ad accreditare a sinistra la linea di
Epifani ma debba tornare a rivendicare una netta svolta, in direzione di una
autonoma, lunga, difficile ma inevitabile azione di conflitto contro la
politica governativa e padronale.
Cari saluti.
Fabrizio Burattini
cell. +39.348.8101712