Migranti

I CENTRI DI ACCOGLIENZA SECONDO CHI CI VIVE

 

Siamo un gruppo di richiedenti asilo che vive a Roma nei Centri di Accoglienza comunali:questa lettera vuole essere un appello a tutti perché si capisca la triste situazione dei richiedenti asilo in Italia.

Siamo arrivati nel vostro Paese per caso o per fortuna e abbiamo lasciato tutto.

Non abbiamo casa e qui non ci sentiamo a casa. Non siamo liberi per strada senza sapere dove andare, senza saper parlare, senza soldi, senza luoghi e amici. E non ci sentiamo liberi quando torniamo in quella che una casa non è, un letto in un centro d’ accoglienza con spesso alla porta chi ti ripete che quella non è casa tua.

Lo sappiamo bene.

Il Centro è la metafora della precarietà, è un vivere senza credere al domani. Sei dentro e non sai per quanto tempo, sei dentro e non decidi niente: quando ti svegli, a che ora esci, quando e cosa mangi, quando torni, quando vai a dormire.

Il tempo non è mai il tuo e non ce la fai a pensare al futuro. C’è razzismo ovunque, tra operatori italiani e ospiti, tra operatori stranieri e stranieri ospiti, tra noi ospiti. Entri come uno sconosciuto e resti uno sconosciuto per chi ti deve “tollerare” nel tempo di permanenza. In un Centro non abiti mai veramente, permani a tempo determinato. E’ chiaro che sei un problema. Tra te e il mondo c’è il regolamento. Le persone che dormono in un centro di accoglienza devono restare fuori tutto il giorno. Fuori perché? E’ il regolamento. Alle 8 fuori, d’estate e d’inverno. A Grottarossa alle 9. A San Saba fuori entro le 10.

L’accoglienza in Italia è uno strano affare, ti tolgono tutto per farti aspettare di avere qualcosa.

Sono arrivato a Crotone e non potevo fare niente senza chiedere, ero chiuso e mi dicevano cosa fare ogni minuto. Sono arrivato a Lampedusa e ho aspettato senza capire. Arrivati a Roma con un foglio in mano non capivamo cosa c’era scritto.

Aspettavamo e giravamo. Adesso le commissioni territoriali sono più veloci a darti una risposta per l’asilo ma la sostanza è la stessa: arrivi a Roma con nient’altro che un foglio in mano e non sai che ci stai a fare, a chi rivolgerti, chi si prende cura dei rifugiati. Poi incontri qualcuno per caso a Termini che ti porta a una mensa o a casa sua e conosci un’associazione qua e una là che lavorano con i rifugiati. Non sai mai bene a chi chiedere cosa, chi hai davanti e perché.

Venivano le lacrime di rabbia per non capire le prime volte, adesso so che in Italia non esiste perché. Le cose importanti vanno a caso. Rompiamo il silenzio. Il silenzio della paura, del disagio, dell’incomprensione. Quello che ci ferisce più di tutto è la disinformazione. Scriviamo per comunicare la verità. Niente da ridere se a parlare sono sconosciuti, né appaltatori né gestori dei centri né operatori né comitati di rappresentanti delle comunità di richiedenti asilo. Vogliamo rompere questa rete di divieti e paure e attese insensate e discriminazioni che ci fanno ammalare. Vogliamo credere in un futuro da realizzare con le nostre forze. Non vogliamo stagnare nelle aree parcheggio per poveri che devono restare poveri. Rispondete. Veniteci a trovare, troviamo sempre qualcosa da offrire agli ospiti. A chi si ferma e ascolta, a chi vuole la verità, a chi non ha paura di cambiare, a chi cerca la libertà prima della pace.

 

                                                                                                                                         Gruppo RichiedentiAsiloRoma

(grupporar@yahoo.it)

 

FONTE : SETTIMANALE "VITA" DEL 14 MARZO 2008

 

 

 

 

 

 

 

Hit Counter