Da Il Manifesto 20 febbraio 2008
Caro candidato sindaco
Francesco Rutelli, ancora una volta torniamo a scrivere in seguito a una
scampata tragedia. Pensavamo che dopo aver lasciato il ghetto di Vicolo
Savini a Roma, dove vivevamo in mille persone dentro baracche fatiscenti,
non avessimo più incontrato il terrore delle fiamme. Ancora una volta lo
scenario a cui abbiamo assistito è quello di un container in fiamme, di
persone in fuga, di famiglie in cerca di nuova ospitalità. Siamo 120
famiglie che sono stanche di vivere nelle condizioni attuali, ospiti di un
centro di accoglienza che qualcuno chiama «villaggio della solidarietà» e
che nella realtà significa una fila impersonale di container posizionati nel
nulla a 30 km di distanza da Roma. Non era questo quello a cui pensavamo
quando ci siamo spostati da Vicolo Savini, il più grande campo rom d'Europa
(...) Sono più di 40 anni che viviamo a Roma, i nostri figli frequentano le
scuole della città, molti di noi sono cittadini italiani, mentre altri
ancora vivono con il rischio della scadenza del permesso di soggiorno.
Abbiamo legami affettivi con molti gagè, viviamo di espedienti, di piccoli
lavori, ma rischiamo di scivolare quotidianamente verso i rischi
dell'illegalità. Nel campo in cui ci troviamo non c'è acqua potabile, non
c'è collegamento pubblico con la città, il freddo impazza d'inverno e
d'estate le nostre case di alluminio diventano inospitali. Negli incontri
precedenti allo spostamento da Vicolo Savini, che pure ci vide favorevoli,
il Comune ci parlò di speranza, di uscita dal ghetto. Ora, dal 14 settembre
2005, data dello spostamento, ad oggi, non abbiamo fatto un passo avanti
verso il futuro. C'è da dire, inoltre, che il sistema di assistenza del
campo, costa milioni di euro, così come lo spostamento per la
scolarizzazione. Denaro pubblico che potrebbe essere utilizzato per un
sistema di accoglienza stabile, per case, servizi, non soltanto per noi rom,
ma anche per cittadini italiani che come noi vivono la precarietà abitativa.
In questi mesi si è sentito parlare spesso di sicurezza, di emergenza rom.
Siamo sicuri che con il giusto investimento di questo denaro pubblico, con
un programma di uscita dei rom «storici» dai campi per inserimenti
abitativi, con una politica capace di sanare chi di noi è ancora
assurdamente irregolare dopo decenni di presenza in Italia, con un nuovo
piano di inclusione delle comunità rom, saremo in grado di prenderci cura in
maniera diversa della nostra comunità; saremo in grado di dare futuro e
sicurezza ai nostri figli e alle nostre famiglie (...)
Caro candidato sindaco, pensiamo che nel tuo programma di governo della
città, devi dare indicazioni chiare su come farci uscire dall'inferno dei
campi rom. Il tuo programma non può non considerare quanti di noi stanotte
hanno rischiato la vita tra le fiamme; non può non parlare dei nostri
diritti come dei nostri doveri; nel tuo programma un capitolo dovrà essere
dedicato ad un tema che la città rischia di affrontare con la peggiore
cultura xenofoba. Per impedire ciò, è necessario un piano che preveda la
chiusura dei campi rom a partire dal campo di via Pontina. Chiudere il campo
per realizzare gradualmente inserimenti abitativi, in case popolari, in
luoghi abbandonati da recuperare, in luoghi anche distanti dalla città,
purchè dignitosi. E' necessario insomma incontrarci per discutere del nostro
futuro. Ti chiediamo quindi vedere nella tua agenda un giorno in cui
dedicarti alla nostra causa, un giorno in cui ascoltare e discutere con noi
i nostri problemi. Ci piacerebbe vederti nel campo di Pontina, nel luogo in
cui qualcuno vorrebbe relegare il futuro del nostro popolo. Ma siamo anche
disposti ad incontrarti con una delegazione scelta tra le famiglie della
comunità.
* I capifamiglia delle comunità rom