Cinisi, in migliaia nel nome di Peppino
30 anni fa l'uccisione di Peppino. Con il
fratello Giovanni e i compagni movimenti da tutta Italia, dai no Tav ai no
Dal Molin. Ma le finestre di Cinisi rimangono ancora una volta serrate
Cinzia Della Valle Claudio Porcas Cinisi (Palermo)
Il manifesto 10 maggio 2008
«Chi vive a Cinisi alzi la mano», solo una risponde
all'invito lanciato dagli oratori che partecipano nel municipio del paese al
dibattito sull'informazione libera e di frontiera. Nella sala cala il
silenzio, qualcuno scuote la testa, i volti si anneriscono, altri allargano
le braccia ma con fiducia. Qualche ora dopo la delusione scomparirà. In
seimila si ritrovano al corteo in ricordo di Peppino Impastato, a trent'anni
dall'omicidio, coperto per troppo tempo dai depistaggi dell'antistato e
della mafia. È stato Salvo Vitale, compagno di battaglie e amico di Peppino,
a lanciare la frase sibillina per sondare il terreno e vedere se in questi
trent'anni tra gli abitanti di Cinisi fosse comparsa la voglia di ricordare.
«È evidente che Cinisi è ancora arroccata nella sua totale indifferenza -
dice con amarezza Vitale - Il ricordo di Peppino è vissuto in paese come
un'invasione di campo da parte di vecchi comunisti rompiscatole e giovani
rumorosi. Pochi sono i cinisensi che entrano nella casa aperta dalla mamma
Felicia per leggere gli scritti, le poesie, i ricordi di Peppino». Gli fa
eco Faro Di Maggio, che con Peppino conduceva Onda Pazza, la trasmissione
più corrosiva di Radio Aut: «Non solo la gente non è cambiata, ma i padri
condizionano anche i figli».
Erano comunque tanti i giovani al forum di ieri sulla libera informazione e
poi al corteo che ha ripercorso il tragitto fatto da Peppino la sera in cui,
tra l'8 e il 9 maggio del '78, fu ucciso. Un fiume umano lungo un paio di
km, composto da persone provenienti da tutta Italia. Fernando Scarlata,
bresciano, dal 2004 partecipa ogni 9 maggio al corteo per Peppino. «Mi sento
molto vicino alle sue idee, ma anche a quelle degli amici di Cinisi che lo
ricordano con la stessa energia da trent'anni - spiega - Il primo anno ero
stupito che gli abitanti di Cinisi non partecipassero alle celebrazioni. Poi
però ci ho fatto l'abitudine». Non la pensa così Salvatore Palazzolo, il
sindaco di Cinisi. «Il nostro paese ha ormai fatto una scelta chiara: ha
scelto Peppino Impastato e ha ripudiato Tano Badalamenti e i mafiosi come
lui». E attacca il Centro di documentazione Impastato di Umberto Santino,
che «continua a fare retorica e propaganda contro Cinisi. Non si sono
accorti che i tempi sono cambiati e la gente pure».
Fino a pochi mesi fa però Gaspare Di Maggio, figlio del boss ormai
novantenne Procopio, reggeva la cosca di Cinisi per conto di Salvatore e
Sandro Lo Piccolo. Dopo la cattura dei due boss, Di Maggio è stato
arrestato. Un altro colpo alle cosche l'ha inferto, lo scorso febbraio, la
Corte d'Assise di Palermo, che ha confermato la confisca dei beni a Tano
Badalamenti. Tra i fondi rustici e la case sequestrate, per un valore di
circa 100 milioni di euro, c'è anche l'appartamento che dista cento passi
dalla casa degli Impastato. Giovanni Impastato, felice per la riuscita della
manifestazione, chiede al Comune di rendere pubblico l'accesso al casolare,
dove è stato assassinato Peppino, per trasformarlo in un luogo di memoria.
Quell'area è di un privato e da alcuni anni è recintata, in pessime
condizioni. Il commissario dello Stato che ha amministrato Cinisi prima
dell'attuale giunta ha deciso di porre un vincolo sul casolare ritenendolo
bene culturale, ma il Comune non ha ancora proceduto all'esproprio della
struttura. «Speriamo che presto si possa risolvere questa situazione, perché
ci rattrista sapere che dove è morto mio fratello pascolano le mucche»,
aggiunge amaro Giovanni.
Nel corteo, colorato e molto rumoroso, c'erano rappresentanti dei
collettivi, esponenti dei comitati No Tav e No Dal Molin, volontari di
Libera, dell'Arci, amministratori, e soprattutto gli amici di Peppino. Su
tutti aleggiava il ricordo di Felicia Bartolotta, la madre di Peppino, che
con determinazione e passione lottò per avere giustizia in nome del figlio e
la ottenne. Non c'era invece Walter Veltroni, che lo scorso luglio durante
la sua visita a Cinisi aveva assicurato la sua presenza per il trentennale.
«No, non l'ho sentito - dice Giovanni - e mi dispiace che non sia qui, credo
che abbia ritenuto opportuno non partecipare perché rispetto all'anno scorso
qualcosa è cambiato». Entrati in paese, i manifestanti hanno intonato Bella
Ciao, con Salvo Vitale e Paolo Arena che hanno alzato il pugno al cielo
gridando «Peppino è vivo e lotta insieme a noi». Sono stati proprio gli
amici di Peppino a ricordare come nel giorno del funerale, trent'anni fa,
c'erano solo mille persone, oggi invece «siamo in migliaia, purtroppo manca
ancora la gente di Cinisi».