IL
Decreto
Flussi 2008 è stato pubblicato il 10 dicembre nella Gazzetta Ufficiale n.
288.
I dati di carattere generale
Innanzitutto è doveroso evidenziare la scelta del Governo di mettere a
disposizione soltanto 150.000 quote. Questo taglio di 20.00 rispetto al
decreto flussi del 2007 sembra essere una concessione anticipata a quanti
reclamavano una moratoria sulla programmazione dei flussi migratori per gli
anni 2009 e 2010.
Altro dato molto importante da segnalare è che una buna parte di queste quote non sarà concretamente utilizzabile o meglio, sarà molto difficilmente utilizzabile proprio da parte di coloro che provengono dai paesi a più alta pressione migratoria. E’ il gioco perverso del meccanismo delle quote riservate. Com’è noto l’art 3 del Testo Unico sull’immigrazione prevede la possibilità per il governo, in sede di emanazione del Decreto flussi, di riservare poche o tante quote tra quelle messe a disposizione a cittadini provenienti da paesi con cui l’Italia ha stipulato accordi di cooperazione in materia di immigrazione. Si tratta, lo ricordiamo, di quegli accordi che permettono espulsioni più facili grazie alla cooperazione in materia di espulsione da parte di alcuni paesi che quindi avrebbero, teoricamente, una prelazione sulle quote per favorire l’immigrazione dei propri cittadini.
Le quote riservate sono limitazioni
Dal punto di vista pratico invece, quanto meno negli ultimi anni, il
meccanismo delle quote riservate ha prodotto l’effetto esattamente inverso, un
effetto imbuto. Facciamo una considerazione pratica,
persino banale, se, com’è accaduto con quest’ultimo Decreto flussi, vengono
riservate complessivamente 44.600 quote ai cittadini provenienti dai paesi che
hanno stipulato accordi con l’Italia, suddivise in sotto quote per ciascuna
nazionalità, è chiaro che, rispetto alle 150.000 quote messe a disposizione,
saranno solo 44.600 le persone che potranno entrare pur essendo provenienti da
paesi che esprimono il 90% della pressione migratoria in questo paese. Il 30%
delle quote viene messo a disposizione del 90% della reale pressione
migratoria. Questo produce l’effetto esattamente opposto rispetto al concetto
di quote privilegiate o riservate.
Le quote sono poi così suddivise: 4.500 posti per i cittadini albanesi, 1.000
ai cittadini algerini, 3.000 al Bangladesh, 8.000 ai cittadini egiziani, 5.000
ai cittadini filippini, 1.000 ai cittadini ghanesi , 4.500 ai cittadini
marocchini, 6.500 ai cittadini moldavi, 1.500 ai cittadini nigeriani, 1.000 ai
cittadini pakistani, 1.000 ai cittadini senegalesi, 100 ai cittadini somali,
(per inciso è tuttora da dimostrare come si può verificare la cittadinanza
somala visto che il paese dal punto di vista legale non esiste più e i
documenti non sono più riconosciuti), 3.500 cittadini dello Sri Lanka, 4.000
cittadini tunisini.
E’ chiaro che per le 6.500 quote riservate ai cittadini moldavi avremo una
distribuzione a livello regionale e quindi provinciale di poche manciate di
quote per ogni provincia nonostante sia ben noto che, soprattuto per il lavoro
domestico, cittadini e cittadine moldave sono molto richieste e quindi le
domande presentate dai datori di lavoro italiani prevalentemente, o di
stranieri, sono moltissime, a fronte appunto di pochissimi posti.
Paradossalmente un cittadino ucraino o argentino, proveniente quindi da paesi
che non hanno stipulato accordi di cooperazione in materia d’immigrazione
avranno la possibilità di partecipare all’assegnazione di 105.400 quote, pur
rappresentando gli altri paesi, che non hanno stipulato accordi in materia
d’immigrazione, una pressione migratoria complessiva di gran lunga inferiore a
quella invece rappresentata dai paesi che hanno stipulato accordi di
cooperazione in materia d’immigrazione. In altre parole, a tutti gli altri
paesi del mondo che esercitano all’incirca il 10 o il 20 % della pressione
migratoria verso l’Italia si vedono riservare le quote maggioritarie, ovvero
più di 100.000.
Priorità al lavoro domestico
Dalle premesse del Decreto di programmazione dei flussi migratori leggiamo che
viene presa in considerazione l’attuale congiuntura economica e l’esigenza di
dare riscontro in via prioritaria ai bisogni delle famiglie consentendo in
prevalenza gli ingressi per lavoro domestico e di assistenza alla persona. A
questo riguardo dobbiamo far presente che in realtà questo Decreto flussi, a
differenza dei precedenti, non è stato preceduto dalle consultazioni
prescritte dalla legge, all’articolo 3 del Testo Unico sull’immigrazione che
prevedono appunto l’ audizione delle organizzazioni di rappresentanza del
mondo del lavoro e quindi delle associazioni e rappresentanze delle imprese e
delle associazioni e organizzazioni sindacali. Certo, è un dato di fatto noto
che vi è una crisi anche nel mercato di lavoro in questi ultimi mesi, ma che
questa crisi si rifletta su determinati settori piuttosto che su altri ancora
non è un dato che risulta, quanto meno nell’ambito delle consultazioni
riscontrato da parte delle organizzazioni di rappresentanza nel mondo di
lavoro.
D’altra parte, se è pur vero che c’è una crisi del lavoro, non è detto che
questa crisi automaticamente rifletta alla ripresa della disponibilità dei
lavoratori italiani a ricoprire le occupazione tradizionalmente ricoperte da
lavoratori stranieri. Questo non vale solo per il lavoro domestico ma
verosimilmente anche per vari settori, pensiamo per esempio all’edilizia,
ormai contrassegnata da un’ occupazione pressoché totalitaria di lavoratori
immigrati. Considerato comunque, - dicono sempre le premesse del Decreto
flussi - , che l’elevato numero di richieste d’assunzione inviate agli
sportelli unici per l’immigrazione rimaste non soddisfatte dopo l’esaurimento
delle quote relative al 2007 esprime un fabbisogno socialmente rilevante con
particolare riferimento al settore dell’assistenza domiciliare, si è ritenuto
di dover soddisfare proprio questo settore. Le quote quindi vengono destinate
in via prioritaria al soddisfacimento delle domande di autorizzazione
all’assunzione per lavoro domestico. Ed infatti, mentre all’art 2 le 44.600
quote assegnate ai cittadini provenienti dai paesi che hanno stipulato accordi
di cooperazione con l’Italia potranno essere utilizzate sia per lavoro
domestico sia per il lavoro in altri settori produttivi, senza ulteriori
distinzioni, per quanto riguarda le altre 105.600 quote destinate ai cittadini
provenienti dagli altri paesi, potranno essere utilizzate solo per motivi di
lavoro domestico o di assistenza alla persona.
E’ evidente che la combinazione delle quote riservate per
nazionalità alla previsione di ingressi riservati a qualsiasi
settore per le nazionalità riservate ed al solo lavoro
domestico per il resto del mondo, distorce l’intenzione di concedere un
canale preferenziale ai lavoratori domestici.
Le cosiddette badanti spesso provenienti dalla Moldova o dalle Filippine
dovranno infatti fare i conti con i lavoratori di altri settori e gareggiare
comunque per pochissimi migliaia di posti.
Lo scorrimento della graduatoria
Com’è noto per il Decreto flussi di quest’anno non sarà necessario presentare
domande, o meglio, non sarà possibile presentare nuove domande. La possibilità
di utilizzare il Decreto flussi per il 2008 sarà riservata unicamente a coloro
che avevano già presentato domanda in base al Decreto flussi per l’anno 2007 e
che non avevano trovato risposta alla loro domanda. Si andranno quindi a
scorrere le graduatorie stilate in base all’ordine cronologico, per ciascuna
categoria o nazionalità, già predisposte presso gli sportelli unici e le
direzioni provinciali del lavoro provincia per provincia.
Questo sistema eviterà per quest’anno il famoso click-day, ovvero la gara a
chi arriva prima per l’assegnazione delle quote.
I datori di lavoro stranieri
Con questo Decreto flussi per l’anno 2008 è stato introdotto un ulteriore
criterio di selezione di cui si da contezza nelle premesse del Decreto. Si
precisa infatti, nel testo del decreto, che si è ritenuto di dover introdurre,
per l’attuazione di questo provvedimento, nuovi criteri di selezione rispetto
alle richieste di assunzione inviate da persone fisiche di nazionalità non
comunitaria in qualità di datori di lavoro, accogliendo le istanze solo dalle
persone fisiche che dimostrano maggiore radicamento sul territorio nazionale e
che in tal modo possono offrire le opportune garanzie di stabilità del
rapporto di lavoro. Quindi, il cittadino straniero regolarmente soggiornante
che ha già presentato nel 2007 la domanda di autorizzazione all’assunzione può
confermare la validità della domanda solo se, e questo secondo il decreto del
governo, è in possesso della cosiddetta carta di soggiorno o del permesso di
soggiorno Ce dii lungo periodo oppure, se può dimostrare, alla data di
pubblicazione del Decreto, di aver inoltrato la domanda per ottenerlo. Chi è
in possesso di un normale permesso di soggiorno, in qualità di persona fisica,
non potrebbe, secondo questo Decreto, far valere la propria domanda, quindi
confermare la volontà di assumere dall’estero un lavoratore straniero. Questo
criterio selettivo pone parecchie perplessità per un motivo strettamente
legale: il Testo Unico sull’immigrazione, all’art 22, comma 2, prevede
espressamente che il datore di lavoro straniero regolarmente soggiornante
possa, al pari del datore di lavoro italiano,
presentare una domanda per l’autorizzazione all’assunzione. Questo è un
diritto previsto dalla legge ed il Decreto flussi, che da punto di vista
giuridico e amministrativo può solo stabilire delle quote riservate o dei
criteri quantitativi o delle selezioni per tipologie di lavoratori, non può
certo modificare la legge o andare peggio violarla come ci sembra sia avvenuto
il questo caso, omettendo di consentire la presentazione della domanda di
autorizzazione all’assunzione a soggetti che la legge prevede possano
presentarla. Il datore di lavoro straniero o italiano sono sullo stesso piano,
nel caso dello straniero ovviamente gli si richiede che abbia un regolare
permesso di soggiorno ma senza distinguere tra il “normale” permesso di
soggiorno ed il titolo di soggiorno di carattere più stabile o tendenzialmente
più stabile
Il Decreto flussi non dovrebbe avere la possibilità di violare la legge
trattandosi di una fonte giuridica di grado sotto-ordinato o addirittura di un
provvedimento amministrativo. C’è da immaginare che molti datori di lavoro
stranieri regolarmente soggiornanti, ma che non hanno ottenuto o non hanno
ancora richiesto la carta di soggiorno o il permesso Ce per soggiornanti di
lungo periodo avranno la possibilità di impugnare il provvedimento
amministrativo che rifiuterà l’assegnazione della quota per mancanza del
titolo stabile di soggiorno.
Dobbiamo anche sottolineare come vi sia una intrinseca disparità nell’ambito di questo stessa discriminazione. Infatti il decreto prevede la dimostrazione di questi requisiti per le persone fisiche. Le persone giuridiche invece, per esempio una società a responsabilità limitata legalmente costituita da un cittadino straniero extracomunitario in possesso di un normale permesso di soggiorno, non dovranno procedere ad alcuna conferma e neppure dimostrare il possesso del Pds Ce di lungo periodo.
La conferma dei requisiti deve avvenire entro il 3 gennaio attraverso la pagina web predisposta dal Ministero dell’Interno (vedi la scheda pratica [ >> ]. I campi per la compilazione non offrono la possibilità di conferma anche a chi è titolare del solo permesso di soggiorno quindi. Chi volesse comunque confermare la domanda per poi, successivamente, impugnare il diniego, potrà comunque inoltrare tramite raccomandata un’ espressa dichiarazione di conferma e poi tentare le sorti di un contenzioso giudiziario in sede amministrativa.
Le critiche che possiamo muovere a questo decreto non sono
però solo di carattere giuridico. In primis le 150.000 quote messe a
disposizione sono enormemente inferiori rispetto al fabbisogno e rispetto alle
domande pendenti riguardando, per la quasi totalità, persone che di fatto sono
già qui e stanno già lavorando sia pure in condizioni irregolari proprio per
quei datori di lavoro che hanno presentato la domanda d’assunzione.
I tempi di attesa
Una considerazione che poi non può non essere fatta è quella relativa alla
tempistica. Sappiamo che, ad oggi, il Decreto flussi 2007 è stato
concretamente smaltito in misura forse pari o forse inferiori al 30% delle
pratiche. Per il Decreto flussi 2008 si prevede quindi un tempo che guarda già
al 2010. Nel frattempo, come è ovvio, il lavoratori interessati che sono quasi
tutti già qui continueranno a lavorare in condizioni irregolari e quei datori
di lavoro che ancora nel 2007 avevano chiesto di essere autorizzati
all’assunzione non è certo siano disposti ad attendere tempi così lunghi per
perfezionare i rapporti di lavoro per i quali avevano chiesto
l’autorizzazione.
Soprattuto, per tutto questo tempo, i lavoratori interessati saranno
sottoposti alla lotteria degli immigrati, cioè alla estrazione degli
sfortunati che vengono colpiti dal provvedimento di espulsione che, com’è
noto, ha un carattere ostativo, impedisce il perfezionamento di qualsiasi
procedura regolare di ingresso dall’estero. Ecco che questo sistema si
presenta, non solo farraginoso, ma profondamente ingiusto perché condanna le
persone che avrebbero un’attuale opportunità di lavoro regolare, ovvero
un’opportunità di pagare le tasse, le ritenute fiscali e i contributi al
nostro sistema, a continuare a lavorare in condizioni di clandestinità e
soprattuto a rischiare ogni giorno l’espulsione. Tutto questo grazie al fatto
che il governo ha individuato una procedura per gestire le quote omeopatiche
con un sistema inadeguato.
Non ha senso gestire una procedura del genere con quote così limitate dovendo
mettere in conto un ulteriore ed enorme scarto di domande e quindi
l’impossibilità di regolarizzare la condizione di queste persone grazie ad una
procedura così farraginosa e a tempi di attesa così lunghi.