Soltanto la verità potrà fermare il tremore
delle mie mani,restituirmi una quiete capace di tenere lontano i ricordi. Voglio
conoscere la verità.
Non mi interessa la punizione dei colpevoli.
Non mi piacciono le prigioni, non è in prigione che i colpevoli
comprendono la natura dei propri errori, per me giustizia è la consapevolezza
degli
uomini di che cosa è accaduto.
Licia Pinelli
( VIDEO)
Trent'anni fa a Ponte Garibaldi
"Spranghe e catene nel 68 - nel 77 la P38", urlavamo da sotto le sciarpe.
Con i guanti per non puzzar di benzina mostravamo minacciosi le mani a forma di
pistole. Così era quel caldo pomeriggio di primavera. Pensai di nascondere la
mia Gilera 98 al Pantheon. Lì incontrai per puro caso mio mio fratello.
Scambiammo mezzo: lui portò via il Gilera e mi lasciò il boxer verde ("senza
targa, non si sa mai..."). Lungo via di Torre Argentina incontrai Maurizio, un
compagno del cinema Appio "sta 'n campana, fa cardo....". Per mia grandissima
fortuna, mi avvicinai a lui: evitai per un soffio un lacrimogeno sparato ad alzo
zero, da un poliziotto nascosto all'angolo di corso Vittorio, dentro la
rosticceria "il delfino".
Furioso com'ero, ripresi il candelotto e glielo ritirai, ormai fumante.
Con gli occhi pieni di lacrime e iniettati di sangue tentammo il giro largo,dietro via della Palombella, Sant'Eustacchio (con i "Caramba" a difesa del Senato), sant'andrea della Valle. Poi di corsa - evitando Campo de' Fiori - per evitare altri celerini, ci ficcammo dentro da Roscioli a comperare e mangiare due panini, quasi come fossimo estranei a tutto quel baillamme. Ma quella sosta si rivelò poi negativa: alla sede del PCI di via dei Giubbonari fecero i vaghi. Non gli piaceva quel disordine..."volete capire che c'ammazzano?". No, non vollero capire.
Dovevamo raggiungere i compagni a piazza Sidney Sonnino. E
così facemmo, allargando la traiettoria su piazza del Fico, deviando per via
delle Zoccolette, speravamo di volare su Ponte Sisto. Ci chiamò un barista
(ancora notissimo, lasciamo stare il nome).
Ci diede riparo e chiuse la saracinesca. Quella sosta ci salvò. Arrivammo a
Trastevere quando ormai i compagni erano accerchiati, chiusi su ponte Garibaldi
da un centinaio di poliziotti, schierati su entrambe i lati del lungotevere.
Avevo perso lo sciarpone, avevamo pensato bene di nascondere i guanti e Maurizio
aveva lasciato il casco al bar. Dalla scuola ebraica osservavamo i poliziotti,
anche vestiti da civili (o addirittura camuffati da studenti, com magliette a
strisce e caschi in testa) puntare le armi verso il ponte.
Una trentina di lacrimogeni e 5-6 molotov erano volate da
una parte all'altra. Uno, due, dieci colpi d'arma da fuoco "sparano!".
"Addosso, perdio!" mi urlò in faccia Maurizio. E ci salvammo. Non così Giorgiana
Masi. Per Lei un pensiero e le parole di Walter Veltroni: "Giorgiana era una di
noi, i ragazzi degli anni '70. Convinti da un ideale di poter cambiare il
mondo".
Sono passati trent'anni Giorgiana. Forse proprio quella maledetta pallottola che
pose fine alla tua giovane vita, mi portò a gesti che oggi non rifarei.
Se è vero che esiste un'anima, uno spirito, deve essere il tuo; quello che mi
scuote la schiena ogni volta che passo sul Ponte, ogni volta che mi fermo a quel
semaforo. Ogni volta che penso a quell'incontro che non ci fu mai e quel bacio
che non ci demmo.
informauro
Ultima modifica di informauro : 14-05-2007 alle 09:38.
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