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Traffico droga dalla Colombia a Roma:
23 arresti. Opinionisti sportivi tra i clienti

ROMA (11 novembre) - La cocaina proveniva direttamente dalla Colombia. Poi da Primavalle la droga veniva venduta nell'intera area ovest della capitale. I clienti erano anche noti imprenditori romani, opinionisti sportivi e funzionari ministeriali. Per chiedere la "merce" (anche hashish) si usavano metafore calcistiche. E così bastava telefonare e chiedere due magliette di Totti (che indossa il numero 10) per fare un'ordinazione di 20 grammi di droga. 

L'organizzazione criminale smantellata dai carabinieri del Nas di Roma tra la capitale e Viterbo era costituita interamente da romani che da circa 8 anni gestiva lo spaccio di sostanze stupefacenti avvalendosi di un'organizzazione in cui avevano un ruolo attivo anche alcuni gestori di tabaccherie e pompe di benzina.

Nella vasta operazione denominata Spy Cam sono stati impiegati duecentocinquanta militari, 150 dei Nas e 100 dei comandi provinciali, con l'ausilio di cinque unità cinofile. In totale sono 23 le ordinanze di custodia cautelare, 38 i denunciati.

Coordinata dal pubblico ministero, Giancarlo Capaldo, l'operazione si è conclusa dopo circa due anni di attività alle prime luci dell'alba di questa mattina con l'arresto del capo dell'organizzazione, Franco Calderoni detto "l'assicuratore", 66 anni con numerosi precedenti penali. Il suo quartiere generale era uno stabile di via dell'Assunzione a Primavalle dove viveva il figliastro di Calderoni, Bruno Evangelista, 31 anni, che assieme al fratello Stefano, 35 anni, controllava l'attività degli spacciatori. Tutta l'area di via dell'Assunzione era costantemente pattugliata da vedette pronte a segnalare l'arrivo delle forze dell'ordine.

La droga giungeva a Roma dalla Colombia, grazie all'appoggio di alcuni parenti della compagna di Calderoni, all'interno di taniche per trasportare l'olio. L'organizzazione poteva contare sulla collaborazione anche di una decina di tabaccai e gestori di pompe di benzina che di fatto operavano come intermediari nei pagamenti effettuati dai clienti. Secondo gli inquirenti il giro di affari dell'organizzazione si aggirava intorno ai 100 mila euro settimanali. Tra i membri dell'organizzazione anche alcuni imprenditori che da semplici consumatori avevano deciso di investire anche nell'attività di spaccio come ad esempio Giuseppe Camerucci che assicurava per l'organizzazione lo spaccio nella zona di Viterbo.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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