E' MORTO QUESTA MATTINA ADNANE,

IL GIOVANE MAROCCHINO  CHE SI E' DATO FUOCO IN UNA PIAZZA DI PALERMO

 

Questa mattina, sabato 19 febbraio 2011, è deceduto Nourredine Adnane, 27 anni, venditore ambulante di origine marocchina che si era dato fuoco venerdì 11 febbraio a Palermo dopo l’ennesimo controllo dei Vigili Urbani con relativo sequestro della merce.

 

Da Repubblica di Palermo del 12 febbraio 2011:

“Li ha implorati in ginocchio di lasciarlo lavorare in pace, di non sequestrargli la merce che stava vendendo ai bordi della strada: capellini, occhiali da sole, sciarpe e cinture. Ma la pattuglia della polizia municipale non ha voluto sentire ragioni. Così di fronte a quegli uomini in divisa che ancora una volta si mostravano inflessibili, Nourredine Adnane, 27 anni, ha perso la testa: si è cosparso il corpo di benzina, ha preso un accendino e si è dato fuoco. In un attimo il suo corpo è stato avvolto dalle fiamme..."

Le sue condizioni sono apparse subito disperate: ricoverato al reparto grandi ustionati dell’ospedale civico di Palermo, con bruciature di terzo grado sull'80% del corpo.

Adnane Faceva l'ambulante in via Ernesto Basile, a due passi dalla cittadella universitaria di Palermo dove tutti gli studenti lo conoscono con il soprannome di Franco.”

Il padre Miloudi, di 52 anni, è disperato. Piange in silenzio, senza dire una parola. Anche lui fa il venditore ambulante, insieme all'altro figlio Mustafà, di 23 anni.  "E' stato lui a farci venire in Italia - racconta il fratello Mustafà, con gli occhi pieni di lacrime -. Era arrivato come clandestino nel 2002 dalla Spagna, ma dopo un anno aveva già regolarizzato la sua posizione e ottenuto la licenza. Così siamo arrivati a Palermo anche io, mio padre e un altro fratello, mentre in Marocco sono rimasti mia madre con gli altri cinque figli più piccoli". Anche la moglie di Nourredine, Hadja di 21 anni, e la figlia di tre, Attica, vivono in Marocco.

Non era la prima volta che "Franco", venditore ambulante extracomunitario ma con regolare licenza, subiva i controlli della Polizia Municipale. L'ultimo di tre verbali di contestazione risale a martedì scorso: i vigili urbani gli avevano intimato di"allontanarsi di 500 metri", perché non poteva sostare a lungo nello stesso punto. Venerdì scorso l'ennesimo sopralluogo, con il sequestro della merce. "Si trattava di un controllo di routine - ha detto un funzionario della polizia municipale arrivato in ospedale con due agenti - che svolgiamo di frequente. Quel tipo di licenza, come prevede una legge regionale e il regolamento del Comune, non permette infatti di stazionare per più di un'ora nello stesso luogo".

 

Ma gli esponenti della comunità marocchina, che affollano la sala d'aspetto dell'ospedale con in mano il Corano, denunciano quella che definiscono una vera e propria "persecuzione" nei confronti del loro connazionale: "Era già stato controllato altre cinque volte nella settimana - ha detto Zaher Darwish, responsabile immigrazione della Cgil di Palermo -. C'é un clima intimidatorio insopportabile nei confronti degli immigrati. Alcuni di loro ci hanno riferito che i vigili ammanettano gli ambulanti, li caricano in macchina e fanno un giro dell'isolato, poi requisiscono la merce senza neanche fare il verbale". Accuse respinte dalla Polizia Municipale, che tuttavia - come spiega il funzionario che però non rivela la sua identità - "sta collaborando con l'autorità giudiziaria per fare chiarezza sulla vicenda" (Fonte Ansa).

Questa mattina, 19 febbraio 2011, sotto la tenda sterile di una corsia d'ospedale, Nourredine "Franco" ha perso anche la sua ultima battaglia contro la morte, dopo avere lottato inutilmente per riuscire a guadagnare 30 euro al giorno da mandare in Marocco alla moglie e alla figlia.

 

Ci stringiamo al corpo straziato di Adnane e abbracciamo i suoi familiari sperando di far sentire loro il nostro sentimento di affetto e solidarietà e il nostro grido di condanna contro ogni forma di intolleranza e xenofobia.

 

Crediamo anche che la diffusione capillare di questa notizia su ogni mezzo a nostra disposizione possa contribuire a tenere vivo il desiderio corale di verità e giustizia su questa morte. Lo si deve non solo alla famiglia di Adnane ma all'intera Italia da tempi antichi denominata "Culla del diritto".

 

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