Università degli Studi "La Sapienza"

Facoltà di Scienze Politiche - Dipartimento Teoria dello Stato

Master in "Tutela Internazionale Diritti Umani"

Direttore Prof.ssa Maria Rita Saulle

 

 

 

 

 

Il livello di sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro in Italia rispetto alle Direttive Comunitarie

 

 

 

 

 

 

Dott. Domenico Ciardulli

 

 

Tutor

Prof. Raffaele Cadin

 

 

 

 

 

 

Anno accademico 2004/2005

 

 

Indice

Introduzione

PARTE PRIMA

Infortuni e sicurezza sul lavoro: un problema mondiale

1.1 Dati OIL sugli infortuni negli ambienti di lavoro

1.2 La sicurezza sul lavoro nell’Unione Europea

1.3 Dati infortunistici che riguardano l’Italia

1.4 Le speculazioni economiche sugli infortuni

1.5 La tragedia determinata dall’esposizione all’amianto

 

PARTE SECONDA

La competenza degli organismi istituzionali

2.1 Organismi internazionali preposti alla tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro

2.2 Organismi nazionali

2.3 Organismi regionali

2.4 Organismi comunali

PARTE TERZA

Aspetti giuridici e normativi

3.1 La Normativa Internazionale: Dichiarazione Universale, Patti ONU e Convenzioni OIL

3.2 Europa e Direttive Comunitarie

3.2 a Direttive "Prodotto"

3.2 b Direttive "sociali"

3.3 La funzione degli enti pubblici di controllo

3.4 Sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee

3.5 Il Decreto legislativo 626/1994 e il testo unico

3.6 La Commissione parlamentare d’inchiesta

 

 

Conclusioni

bibliografia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Introduzione

 

 

E’ interessante segnalare come, già solo alla luce della legislazione internazionale e comunitaria dettata in materia di protezione dei diritti umani, i lavoratori dovrebbero ricevere rilevante e significativa protezione.

Si citano a tal fine la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (New York 10 dicembre 1948), i Patti ONU sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali (16 dicembre 1966), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 4 novembre 1950), la Carta sociale europea (Torino 18 ottobre 1961), la Carta comunitaria dei diritti fondamentali dei lavoratori (Strasburgo, 9 dicembre 1989), Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Nizza, 7 dicembre 2000).

Purtroppo il numero crescente di incidenti mortali e di malattie professionali che si verificano nei luoghi di lavoro dimostrano che la protezione sancita dalle leggi è ancora un obiettivo lontano.

La conferma viene dalla stessa Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) che nello scorso settembre 2005 ha presentato un suo rapporto tra il Congresso mondiale sulla sicurezza e la salute sul lavoro.

Secondo lo stesso rapporto, le cifre ufficiali sarebbero largamente sottovalutate a causa della scarsa raccolta dei dati in diversi paesi.

Anche se il numero delle malattie e dei decessi segnano una leggera diminuzione nei paesi industrializzati, il rapporto dell’ILO segnala che gli incidenti, in particolare quelli mortali, sembrano aumentare.

E’ il caso di alcuni paesi asiatici nei quali il fenomeno è legato allo sviluppo rapido e alla forte pressione della globalizzazione in materia di concorrenza.

Raffrontando inoltre la situazione italiana con quella dei Paesi del resto d'Europa, emerge come il nostro Paese detenga il primato dei casi mortali, mentre la frequenza degli infortuni sul lavoro risulta lievemente inferiore rispetto alla media europea.

Secondo L'Inail, la divergenza è da attribuirsi in parte ad una normativa che considera mortali gli eventi che si sono verificati a distanza di tempo dall'infortunio e in parte alla consistente quota di lavoro nero nel nostro paese,  valuta in 4 milioni di uomini/anno, di cui 300 mila occupati in agricoltura.

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE PRIMA

Infortuni e sicurezza sul lavoro: un problema mondiale

 

Dati OIL sugli infortuni negli ambienti di lavoro

Qualche autore ha scritto che i morti sul lavoro sono sette volte le vittime dello Tsunami, settanta volte quelle della guerra in Iraq.

Sono tante le persone che in tutto il pianeta l'anno scorso hanno perso la vita per incidenti sul lavoro e per malattie professionali, secondo l'ultimo rapporto dell'Organizzazione mondiale del lavoro, Oil, presentato a Roma.

In occasione della giornata mondiale della sicurezza sul lavoro, promossa da istituzioni e sindacati, l'Oil ha diffuso insieme all'Inail i dati sugli infortuni registrati nel 2004, indicando una crescita preoccupante delle morti bianche, che passano da circa due milioni del 2003 ad oltre due milioni e duecento mila dell'anno scorso, in media sei mila ogni giorno.

Di queste, 350 mila sono dovute ad incidenti e tutti gli altri, oltre 1,7 milioni, a malattie professionali: circolatorie, respiratorie e cancerogene nella maggior parte dei casi.

L'elemento più inquietante, in ogni modo, resta la crescita esponenziale delle morti negli ultimi anni. I rapporti del 2001 indicavano un totale di un milione e trecentomila decessi, novecento mila in meno rispetto al 2004.

Il dato non è riferito solo ai paesi in via di sviluppo, ma anche a quelli industrializzati. La dimensione internazionale del fenomeno ci riguarda anche perché le nostre imprese che spostano la produzione nei paesi del sud del mondo devono essere sensibilizzate sui rischi di dumping sociale, devono essere esortate ad una responsabilità che preveda innanzitutto la tutela della salute dei lavoratori. Anche le ricerche dell'Oil, però, tendono a spiegare la maggiore incidenza di infortuni e malattie come una naturale conseguenza della rapidità con cui avvengono i processi di industrializzazione, specialmente nelle economie in forte crescita produttiva, come quella cinese. Ciò che non viene messo in discussione dei cosiddetti "paesi in via di sviluppo", è proprio il tipo di sviluppo, quello basato sui principi neoliberisti della competitività che basa il successo di un sistema sul risparmio del costo del lavoro ma che, confermano i dati, risulta fallire sia dal punto di vista sociale che da quello economico.

Non investire in misure di sicurezza farà risparmiare le singole imprese forse, ma il costo che la collettività sopporta per gli incidenti ammonta a 1.251 miliardi di dollari ogni anno, pari al 4 % del Pil mondiale, che paghiamo soprattutto in termini di giornate di lavoro.

Gli incidenti e le malattie collegati al lavoro continuano a costituire un problema serio, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo :
– ogni anno i lavoratori subiscono 250 milioni di incidenti ;
– gli incidenti sul lavoro provocano almeno 335 000 infortuni fatali ;
– si verificano 160 milioni di casi di malattie professionali o collegabili al lavoro ;

– considerando malattie e incidenti insieme, la stima globale delle morti collegate al lavoro, probabilmente molto inferiore al dato reale, ammonta a 1,1 milione l’anno.

La consapevolezza e l’impegno internazionale attorno all’importanza del problema rimangono sorprendentemente modesti. L’azione, specialmente nei paesi in via di sviluppo e in fase di transizione, è intralciata dall’insufficienza di conoscenze e di informazioni. Le decisioni di investimento continuano spesso ad essere prese trascurando ogni considerazione in merito alla sicurezza, alla salute e all’ambiente.
L’azione dell’OIL in materia di sicurezza e salute nel lavoro segue un duplice approccio :

da una parte creazione di alleanze e partnariati, con il lancio di attività pilota che possano essere utilizzate da governi, parti sociali, ONG e gruppi di difesa dei diritti umani nelle campagne di sostegno ;


– dall’altra, azioni a livello nazionale attraverso l’assistenza tecnica diretta, focalizzata in particolare sulle occupazioni pericolose.
Vi sono compresi lo sviluppo di strumenti di gestione e servizi di monitoraggio e informazione studiati per prevenire gli incidenti e le malattie professionali e per proteggere la salute e il benessere dei lavoratori e dell’ambiente.

 

La Sicurezza sul lavoro nell’Unione Europea

La Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro 2001 pone l’accento sui costi umani e finanziari degli incidenti connessi al lavoro. Dietro lo slogan «Il successo non è un …INCIDENTE», la campagna sottolinea la necessità, sotto il profilo economico e umano, di ridurre i tassi di infortunio sul lavoro incoraggiando un numero crescente di aziende a migliorare le pratiche in materia di sicurezza e salute. La presente scheda informativa presenta alcune statistiche, pubblicate di recente dall’Eurostat, che rivelano che gli infortuni connessi al lavoro rimangono a livelli ostinatamente elevati. 

 

Nel 1998 si sono verificati 4,7 milioni di infortuni che hanno comportato assenze dal lavoro di più di tre giorni. Si tratta di un calo del tasso di incidenza dello 0,4 %, ovverosia 4 089 infortuni per 100 000 persone. Le stime iniziali per il 1999 indicavano tuttavia un incremento di tale percentuale e un suo avvicinamento ai livelli del 1996 (4 229). Ciò costituirebbe comunque un miglioramento sostanziale rispetto al tasso del 1994 (4 539). Il numero complessivo di infortuni, compresi quelli che non hanno provocato assenze dal lavoro, è stato pari a 7,4 milioni, ovverosia 6 380 per 100 000 persone. 

L’incidenza dei decessi connessi ad infortuni sul lavoro è diminuita del 3 %, vale a dire 5,0 per 100 000 persone. Complessivamente, 5 476 persone hanno trovato la morte sul posto di lavoro. Altri 3 100 infortuni mortali sono avvenuti lungo il tragitto casa-lavoro. Del totale di quasi 8 600 decessi connessi al lavoro, il 59 % è stato provocato da incidenti stradali o durante il trasporto.

 

La situazione infortunistica che riguarda l’Italia

L'Italia e' 16esima nella classifica specifica della sicurezza sul lavoro (protezione dagli incidenti e malattie sul lavoro).

In un rapporto dell'Oil dal titolo "Economic Security for a better World" vengono elaborate alcune graduatorie.

L'organizzazione con sede a Ginevra si è basata su di un indice di sicurezza economica, che serve a fotografare, in base a una serie di parametri, le condizioni di lavoro di ciascun paese.

L'Oil ha esaminato anche la qualità del mondo del lavoro, e quindi le tutele antilicenziamento, la sicurezza, il livello e la continuità salariale. 

Svezia, Finlandia e Norvegia sono, a questo mondo, i paesi nei quali il lavoro ha le migliori tutele.

L'Italia, in queste Olimpiadi dei diritti, si piazza al ventesimo posto, molto al di sotto del nono posto conquistato ad Atene e preceduta da tutte le nazioni europee più sviluppate (Francia, Germania, Spagna); seguita, però, dagli Stati Uniti (al 25esimo posto).

In Italia essere immigrati e lavorare nel settore delle costruzioni rappresentano due fattori statisticamente di rischio, che complessivamente quadruplicano il pericolo di subire infortuni sul lavoro.

Infatti, nel nostro paese il settore delle costruzioni rappresenta l’8 – 9% dell’attività lavorativa nazionale, che però – sotto il profilo dell’incidenza degli infortuni – esprime un’incidenza doppia rispetto al suo peso occupazionale, attestandosi per questo aspetto intorno al 15%.

Stesso discorso si può fare per i lavoratori extracomunitari, che incidono per il 4,2% sulla popolazione residente e per il 10,9% sulle denunce degli infortuni; ovvero, sono uno ogni 25 residenti e sono coinvolti in uno ogni nove incidenti denunciati. Ciò significa che per loro il rischio infortunistico è più che raddoppiato, e se pensiamo che la maggior parte degli infortuni riguarda lavoratori in nero e non in regola con il permesso di soggiorno e proprio per questo non viene denunciata, risulta immediatamente evidente come queste stime non possano che essere riviste al rialzo.

Nel 2003 in Italia è stato registrato un calo degli infortuni sul lavoro dell’1,5% (-15.000), in linea con l’andamento registrato nell’Unione Europea, i cui dati sono però riferiti al 2001, però non possiamo che rilevare il fatto che su 4 morti in Europa, una avviene in Italia, dove ogni giorno sono morte quasi quattro persone. Il settore costruzioni conferma rispetto agli altri il più alto tasso di gravità degli infortuni.

Per i cittadini immigrati in Italia l’andamento degli infortuni è in controtendenza rispetto al dato della diminuzione complessiva. Per questo occorrerebbe un’attenzione particolare al lavoro immigrato.

In Italia il problema dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro cominciò ad imporsi all’attenzione degli studiosi e degli uomini politici dopo il 1870, ossia quando nel Paese si verificò un incremento dell’attività in vari settori produttivi, incremento cui fece riscontro un aggravamento del fenomeno infortunistico. Una tutela contro gli infortuni sul lavoro fu prevista per la prima volta, infatti, nel 1898, quando il legislatore italiano, con la legge n. 80 del 17 marzo, sancì l’obbligo assicurativo per gli infortuni degli operai sul lavoro. Essa si basava sul principio per il quale, tenuto conto del carattere ineluttabile dell’infortunio sul lavoro, si poneva il risarcimento del danno derivante da quest’ultimo a carico dell’imprenditore, ossia di colui che, in definitiva, traeva vantaggio dall’esercizio dell’industria. Si trattava di una vera e propria assicurazione, ancorchè obbligatoria, per la responsabilità civile del datore di lavoro, che poteva essere stipulata con qualsiasi assicuratore e in virtù della quale il lavoratore infortunato non doveva più provare, per avere diritto alle prestazioni, che l’infortunio fosse derivato da colpa del datore di lavoro. La disciplina fu ulteriormente ampliata dal decreto luogotenenziale del 23 agosto 1917, n. 1450, che estese la tutela anche ai lavoratori dell’agricoltura e, definitivamente, con il R.D. 13 maggio 1929, n. 428, che introdusse l’assicurazione contro le malattie professionali.
Il R.D. 23 marzo 1933, n. 264 affidò poi la tutela degli infortuni sul lavoro in esclusiva ad un Ente pubblico: l’Inail.

Solo nel 1935, però, si ebbe l’unificazione delle disposizioni concernenti le due forme assicurative, contro gli infortuni sul lavoro e contro le malattie professionali. Tale unicità del sistema assicurativo si è mantenuta nel Testo Unico del 1965.

Il Testo Unico sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con DPR. 30 giugno 1965 n. 1124, ha costituito e costituisce tuttora una delle principali fonti legislative in materia di tutela contro i rischi del lavoro. Esso costituisce una codificazione vera e propria nel settore infortunistico, nella quale sono state riunite norme primarie e norme regolamentari. Il medesimo Testo ha, inoltre, realizzato un ampliamento del campo di applicazione della tutela, sia dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo, un miglioramento delle prestazioni in rendita ed un potenziamento delle attività di rieducazione e riqualificazione professionale degli invalidi al lavoro. Per quanto riguarda il suo contenuto, esso nel Titolo I disciplina l’assicurazione obbligatoria nel settore industriale (attività protette, oggetto dell’assicurazione, persone assicurate e via dicendo); nel Titolo II disciplina l’assicurazione obbligatoria nel settore agricolo; nel Titolo III i c.d. regimi speciali ed infine nel Titolo IV contiene speciali disposizioni per particolari categorie di soggetti.

Tale Testo Unico, tuttavia, pur costituendo una tappa fondamentale nel processo di ammodernamento della tutela infortunistica, non ha naturalmente esaurito nè bloccato l’evoluzione legislativa in materia, la quale, invece è proseguita a ritmo intenso fino all’emanazione del più recente D.Lgs. 38/2000, che ha determinato una svolta nella materia.
Il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 rappresenta, infatti, l’ultimo importante provvedimento di riforma della speciale assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Le novità, invero, spaziano un po’ dovunque.

 

La speculazione sugli infortuni

In Italia si viaggia alla media di 4 incidenti mortali sul lavoro al giorno.

Il CdA dell’Inail (l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) ha approvato all’unanimità l’utilizzo di 1,6 miliardi di euro avanzati dalle gestioni degli ultimi anni e depositati in un fondo infruttifero presso la tesoreria dello Stato: 300 milioni alla cittadella della polizia di Napoli, 500 milioni alla cittadella della scienza di Milano e altri 1000 all’istituzione di 3 campus universitari da inaugurare il 6 settembre alle spalle dei 3 atenei di Roma. Perché non sono stati destinati alla prevenzione, o ai familiari delle vittime sul lavoro o agli infortunati? Gli spazi di manovra non mancherebbero: potevano aumentare le ispezioni nei cantieri, mica è scritto che debbano farle solo gli ispettori del lavoro. In passato l’Inail faceva anche studi di approfondimento sulle malattie professionali, potevano riprenderli. La 38/2000 ha introdotto dei criteri molto restrittivi, era un sistema sperimentale che però in 5 anni non è mai stato verificato. E adesso le imprese chiedono la riduzione dei premi se hanno precedentemente investito in sicurezza.

La tragedia determinata dall’esposizione all’amianto

Dal 1970 in Italia le vittime dell’amianto sono state circa 1300.

Il processo è in corso ed è stato richiesto un risarcimento di 60 milioni di euro.

Tre avvisi di garanzia per disastro doloso, reato punito con il carcere fino a dodici anni, sono stati invitati dalla procura di Torino ai Proprietari della multinazionale svizzera Eternit per la morte di quasi 1.300 persone dovuta ad esposizione all'amianto.

La procura di Torino ha contestato ai fratelli Thomas e Stefan Schmidheiny, membri di una delle più note e ricche famiglie elvetiche e al barone belga Louis de Cartier de Marchienne i decessi avvenuti negli stabilimenti italiani di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia), Bagnoli (Napoli).

Oltre al disastro doloso, il procuratore aggiunto ha contestato ai tre indagati anche il reato di omicidio colposo e quello di omissione di cautele contro gli infortuni.

Il procedimento era partito nel 2003 per fare luce sul decesso di

Alcune di decine di italiani che dopo avere lavorato in Svizzera erano morti per mesotelioma e asbestosi, malattie legate all'esposizione all'amianto.

In seguito i pubblici ministeri torinesi hanno allargato i controlli a quanto è avvenuto negli stabilimenti italiani della multinazionale, raccogliendo, alla fine, le "storie sanitarie" di quasi 1.300 persone morte a partire dal 1970. La tesi degli inquirenti, in quello che - per numero delle parti lese - è sicuramente il più grande procedimento mai avviato dalla magistratura torinese, è che i vertici della Eternit debbano essere considerati responsabili. Molti processi, negli ultimi anni, sono stati avviati per punire i rappresentanti italiani della multinazionale, ma finora la famiglia Schmidheiny non era stata chiamata in causa in nessuna occasione.

L'ipotesi del disastro doloso è stata formulata perchè - secondo gli inquirenti - si è creato una situazione di "pericolo per la pubblica incolumità" anche al di fuori degli stabilimenti.

L'amianto veniva impiegato per la lavorazione di strade, tetti, opere murarie, spesso servendosi di materiale di scarto (il cosiddetto "polverino") che le aziende regalavano agli imprenditori, ma senza avvertire la popolazione dei rischi.

Per la procura di Torino l'elevato numero di decessi dimostra che il disastro è avvenuto.

Ed è scattata l'aggravante che prevede, in caso di condanna, una pena massima di 12 anni.

 

 

 

 

 

 

PARTE SECONDA

La competenza degli organismi istituzionali

Organismi internazionali preposti alla tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro

Il Centro informativo internazionale per la sicurezza e la salute nel lavoro (CIS) è un servizio internazionale di raccolta e diffusione di informazioni sulla prevenzione degli incidenti e delle malattie professionali.
Il Centro opera in collaborazione con oltre 120 istituzioni in tutto il mondo, dispone di una banca dati bibliografica (CISDOC) e l’informazione offerta – disponibile in vari formati – comprende rapporti, articoli, leggi, dati statistici, materiali di formazione, norme e standard di sicurezza tecnici e chimici.

Il CIS pubblica l’Enciclopedia di igiene e sicurezza sul lavoro dell’ILO.
L’Enciclopedia, che comprende oltre 1 000 voci, è giunta alla 4a edizione (1998) e costituisce la fonte più autorevole a livello mondiale su tutti gli aspetti della sicurezza e della salute nel lavoro.

ICOH

E' un'organizzazione internazionale che promuove il progresso, la conoscenza e lo sviluppo della salute e della sicurezza del lavoro in tutti i suoi aspetti.  

 

 

Organismi comunitari

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro è stata istituita dall’Unione europea onde sopperire alla necessità di informazioni in materia di sicurezza e salute sul lavoro.

Con sede a Bilbao, Spagna, l’Agenzia mira al miglioramento delle condizioni di lavoro stimolando il flusso di informazioni tecniche, scientifiche ed economiche tra quanti si occupano di problemi relativi alla sicurezza e la salute sul lavoro.  

    Scopo del Network è raccogliere e diffondere in tutta Europa informazioni al fine di promuovere miglioramenti dell'ambiente di lavoro.

EUROFOUND
Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e lavoro
E’ un organismo dell'UE a struttura tripartita, il cui obiettivo è:
- fornire orientamenti e pareri autorevoli ai responsabili delle politiche sociali;
- valutare e analizzare le condizioni di vita e di lavoro;
- riferire sugli sviluppi e le tendenze, specie quando comportano cambiamenti;
- contribuire al miglioramento della qualità della vita.
La Fondazione ha sede a Dublino, in Irlanda

 

Organismi nazionali

In ogni Stato Membro dell'Unione Europea c'è un Focal Point nazionale.

L'ISPESL ricopre questo ruolo per l’Italia, organizza e coordina il Network Nazionale di tutte le sorgenti informative in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

L'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro (ISPESL) è un organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale e dipendente dal Ministero della Salute.

Sinteticamente le attività principali sono:

Ricerca, studio, sperimentazione dei criteri e delle metodologie per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

Individuazione dei criteri di sicurezza e dei relativi metodi di rilevazione ai fini dell'omologazione delle macchine, apparecchi, strumenti e mezzi personali di protezione.

Prevenzione dei lavoratori contro i rischi di incidenti rilevanti.

Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro.

Assistenza alle imprese.

INAIL

L'istituto gestisce l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro.

Offre molte informazioni sulla sicurezza e la prevenzione degli incidenti sul lavoro.  

 

Organismi regionali

S.PRE.S.A.L

In ambito regionale all’interno delle Aziende Sanitarie Locali sono stati istituiti i S.Pre.S.A.L, (servizio di prevenzione salute negli ambienti di lavoro) deputato alla difesa e promozione della salute dei lavoratori .

I settori di intervento riguardano l'attività di prevenzione e la vigilanza sui luoghi di lavoro.

La Prevenzione si svolge attraverso le seguenti attività:

Raccolta ed elaborazione le informazioni necessarie per accertare i rischi lavorativi e stato di salute dei lavoratori;

Rilascio delle autorizzazioni previste da specifiche norme di legge in materia;

Accertamento delle cause e le responsabilità nei casi di infortunio e di malattia professionale;

Promozione dell’educazione alla salute dei soggetti esposti a rischi lavorativi;

Fornisce informazioni e assistenza alle imprese e ai lavoratori sull’attuazione delle normative di legge e su problemi tecnico-sanitari;

Esecuzione accertamenti sanitari su apprendisti e lavoratori minorenni;

Coordinamento e controllo degli accertamenti sanitari eseguiti dai medici competenti delle aziende;

Effettuazioni indagini sui fattori di inquinamento di natura fisica e chimica nei luoghi di lavoro;

Progettazione e realizzazione iniziative di aggiornamento e di formazione.

Organismi comunali

In alcune città, come ad esempio Napoli e Roma, sono stati istituiti enti comunali avente carattere ispettivo e di monitoraggio sussidiario rispetto alle competenze del Ministero del Lavoro e delle Regioni.

Un esempio viene da Roma che ha istituito l'Osservatorio Comunale sull'Occupazione e le Condizioni del Lavoro a Roma.

Esso nasce come strumento con cui il Comune di Roma intende promuovere una cultura dei diritti nel mondo del lavoro, attraverso azioni integrate di natura ispettiva, di ricerca e di animazione.
Si tratta di un impegno istituzionale del Comune di Roma diretto al rafforzamento di un'idea di lavoro che vede al centro i diritti.
L'attuale disarticolazione e complessità del mercato del lavoro, la quantità di lavoratori poco o per nulla garantiti, la questione della sicurezza sul lavoro, la scarsità di informazioni su fasce di disagio socio-lavorativo, richiedono strumenti di azione innovativi e fra loro interdipendenti.
L'efficacia degli interventi ispettivi è strettamente correlata all'efficacia preventiva di campagne informative e alla conoscenza puntuale del mercato del lavoro.

L'Osservatorio è stato concepito proprio con la previsione di interventi multidisciplinari.

L'attività dell'Osservatorio si articola su quattro linee di intervento:

Analisi delle caratteristiche del mercato del lavoro romano

Informazione sui diritti dei lavoratori

Lotta al lavoro nero e campagne per l'emersione dell'economia sommersa (Legge 383 del 18 ottobre 2001)

Indagine e controllo sulle violazioni della normativa del lavoro

PARTE TERZA

Aspetti giuridici e normativi

 

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu considerata il primo passo nella formulazione di una "carta internazionale dei diritti umani" il cui valore fosse sia giuridico che morale.

L’aspetto dei diritti alla sicurezza dei lavoratori può essere riscontrato nei seguenti articoli della Dichiarazione:

Art. 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Art. 23

Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

Art. 24

Ogni individuo ha diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie peridodiche retribuite.

Art. 25

Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia …

 

Patto sui diritti economici sociali e culturali

Il patto, adottato dall’Assemblea generale il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 3 gennaio 1976, obbliga gli Stati che lo abbia ratificato a riconoscere un’ampia gamma di diritti umani.

Sul tema del lavoro, in particolare, si evidenziano i seguenti articoli:

Art. 7

Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali garantiscano in particolare:

a)…

b) la sicurezza e l’igiene del lavoro

Art. 12

1. Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire.

2. Le misure che gli Stati parti del presente Patto dovranno prendere per assicurare la piena attuazione di tale diritto comprenderanno quelle necessarie ai seguenti fini:

a)…..

b) Il miglioramento di tutti gli aspetti dell’igiene ambientale e industriale;

c) la profilassi, la cura e il controllo delle malattie epidemiche, endemiche, professionali e d’altro genere;

Le Convenzioni dell’OIL

Sin dal 1919, l’OIL e i suoi organismi hanno prodotto un sistema di norme internazionali (standard) su tutte le materie collegate al lavoro
Gli standard dell’OIL, che prendono il nome di Convenzioni (quasi sempre accompagnate dalle relative Raccomandazioni), sono trattati internazionali concepiti per avere un impatto concreto sulle condizioni e le regole del lavoro in ogni paese del mondo.

Al dicembre 2000 erano state adottate dall’OIL 183 Convenzioni e 190 Raccomandazioni internazionali, su una vasta gamma di argomenti : condizioni di lavoro, sicurezza sociale, prevenzione degli infortuni collegati al lavoro, abolizione del lavoro forzato, libertà di associazione e contrattazione collettiva, parità di trattamento e di opportunità, promozione dell’occupazione e formazione professionale, protezione della maternità, protezione dei migranti e di altre categorie di lavoratori tra cui i marittimi, il personale paramedico e i lavoratori delle piantagioni.

Attraverso la ratifica e l’adozione di provvedimenti attuativi a livello nazionale i singoli paesi che aderiscono all’OIL accettano gli obiettivi delle Convenzioni e riconoscono di esserne vincolati.
Inoltre, le Convenzioni dell’OIL fanno da riferimento anche per le leggi nazionali di molti paesi che non le hanno ratificate.

Gli standard dell’OIL svolgono quindi un ruolo molto importante ed esteso nell’evoluzione delle diverse legislazioni nazionali.

Il Dipartimento Norme internazionali del lavoro e diritti umani segue a Ginevra tutte le attività dell’OIL relative alla promozione e all’applicazione delle Convenzioni e delle norme internazionali del lavoro.

Ecco le principali Convenzioni OIL sul tema della Sicurezza:

Convenzione sull’ispezione del lavoro nell’industria e nel commercio (Nota : data di entrata in vigore : 07/04/1950)
Convenzione : C81 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 30 Data d’adozione : 11/07/1947
Questa convenzione fa parte delle convenzioni prioritarie.

Convenzione sulla protezione dei lavoratori contro le radiazioni ionizzanti (Nota : data di entrata in vigore : 17/06/1962)


Convenzione : C115 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 44 Data d’adozione : 22/06/1960

 

Articolo 5

Deve essere compiuto ogni sforzo per ridurre al più basso livello possibile l’esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti, così come deve essere evitata, da tutte le parti interessate, ogni esposizione inutile.

Convenzione sulla protezione dalle macchine (Nota : data di entrata in vigore : 21/04/1965)
Convenzione : C119 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 47 Data d’adozione : 25/06/1963

Articolo 11

1. Nessun lavoratore deve utilizzare una macchina i cui dispositivi di protezione non siano al loro giusto posto. Non potrà essere chiesto ad alcun lavoratore di utilizzare una macchina i cui dispositivi di protezione non siano al loro giusto posto.

Convenzione sull’igiene nelle aziende commerciali e negli uffici (Nota : data di entrata in vigore : 29/03/1966)
Convenzione : C120 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 48 Data d’adozione : 08/07/1964

Articolo 17

I lavoratori devono essere protetti con provvedimenti idonei e praticabili contro le sostanze ed i procedimenti lavorativi fastidiosi, insalubri o tossici, o, per qualsiasi motivo, pericolosi. Quando la natura del lavoro lo richiede, l’autorità competente deve prescrivere l’impiego di apposito equipaggiamento di protezione individuale.

Convenzione concernente l’ispezione del lavoro in agricoltura (Nota : data di entrata in vigore : 12/01/1972)
Convenzione : C129 Luogo : Ginevra

Sessione della Conferenza : 53 Data d’adozione : 25/06/1969

Articolo 18

1. Gli ispettori del lavoro in agricoltura saranno autorizzati ad adottare misure destinate ad eliminare eventuali difetti constatati in impianti, sistemi o metodi di lavoro di aziende agricole, ivi compreso l’utilizzo di sostanze pericolose, e che ritengano costituire una minaccia per la salute o la sicurezza

Convenzione concernente la prevenzione degli infortuni sul lavoro dei marittimi (Nota : data di entrata in vigore : 17/02/1973)
Convenzione : C134 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 55 Data d’adozione : 30/10/1970

Convenzione concernente la tutela della salute e le cure mediche dei marittimi (Nota : data di entrata in vigore : 11/01/1991)

Convenzione : C164 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 74 Data d’adozione : 08/10/1987

Articolo 3

Ogni Membro deve, tramite la legislazione nazionale, prevedere che gli armatori abbiano la responsabilità di vigilare affinché le navi siano tenute in condizioni sanitarie ed igieniche adeguate.

 

Articolo 4

Ogni Membro deve vigilare affinché siano adottate misure che assicurino ai marittimi a bordo la protezione della salute nonché cure mediche.

Convenzione concernente l’igiene e la sicurezza nella costruzione (Nota : data di entrata in vigore : 11/01/1991)
Convenzione : C167 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 75 Data d’adozione : 20/06/1988

Convenzione concernente la sicurezza nell’utilizzazione dei prodotti chimici sul lavoro (Nota : data di entrata in vigore : 04/11/1993)
Convenzione : C170 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 77 Data d’adozione : 25/06/1990

Convenzione relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi professionali dovuti all’inquinamento dell’aria, ai rumori e alle vibrazioni sui luoghi di lavoro (Nota : data di entrata in vigore : 11/07/1979)
Convenzione : C148 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 63 Data d’adozione : 20/06/1977

Convenzione relativa alla sicurezza e all’igiene del lavoro nelle operazioni portuali (Nota : data di entrata in vigore : 05/12/1981)
Convenzione : C152 Luogo : Ginevra
Sessione della Conferenza : 65 Data d’adozione : 25/06/1979

 

Europa e direttive comunitarie

A livello comunitario sono state emanate una serie di direttive riguardanti il tema salute e sicurezza:

Direttiva UE 1989/391, Direttiva UE 1989/654, Direttiva UE 89/655, Direttiva UE 1989/656, Direttiva UE 1990/269, Direttiva UE 1990/270, Direttiva UE 1990/394, Direttiva UE 1990/679, Direttiva UE 1993/88, Direttiva UE 1995/63, Direttiva UE 1997/42, Direttiva UE 1998/24, Direttiva UE 1999/38 e Direttiva UE 99/92.

Negli ultimi vent’anni l’Unione Europea si è prodigata nell’assicurare in tutti i paesi dell’unione uno standard prevenzionistico di alto livello e per abbattere le frontiere tra i vari paesi membri, per consentire la libera circolazione delle merci e dei prodotti. In questo senso ha svolto una notevole opera legislativa emanando numerose direttive.

Tra queste si vuole qui ricordarne due di grande importanza per l’argomento trattato: la Direttiva quadro 83/189/CEE, relativa ai prodotti industriali, e la direttiva quadro 89/391CEE relativa agli obiettivi sociali.

Direttive «Prodotto»

La Direttiva quadro 83/189/CEE, emanata nello spirito del «nuovo approccio», di fatto congelò l’attività normativa degli enti nazionali e regolamentare degli stati dell’unione. In pratica impedì la formazione di nuove norme e di nuove regole tecniche indicando come unica strada percorribile la formazione di un nuovo corpo normativo «comune» attraverso l’integrazione normativa e regolamentare.

Con la Risoluzione del 7 maggio 1985, fu esplicitata la filosofia dell’Unione Europea in materia di sicurezza dei «lavoratori» e dei «cittadini utenti». In sintesi:

1.    Le norme di sicurezza si articolano su un livello generale (direttive) e su specifiche attuative (norme tecniche);

2.    I requisiti generali di sicurezza dettano le caratteristiche cui obbligatoriamente devono rispondere i prodotti immessi sul mercato;

3.    Le specifiche tecniche esplicitano in forma non cogente le caratteristiche necessarie affinché i prodotti godano della presunzione di conformità ai requisiti di cui sopra.

4.    Le amministrazioni sono obbligate a riconoscere ai prodotti fabbricati secondo le norme armonizzate (o a titolo provvisorio le norme nazionali) una presunta conformità ai requisiti essenziali di sicurezza (RES), fissati dalla direttiva.

Affinché la rispondenza ai requisiti essenziali richiesti sia garantita, le singole direttive richiedono che il produttore si sottoponga a varie procedure che si concludono con l’apposizione del marchio CE.

All’apposizione del marchio si accompagnano, a seconda della procedura:

·               i certificati o marchi di conformità rilasciati da organismi indipendenti (ovvero da organismi abilitati);

·               i risultati di prove effettuate da terzi indipendenti;

·               la dichiarazione di conformità rilasciata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella comunità;

· altri attestati da definire eventualmente nella direttiva.

Direttive «sociali»

La direttiva quadro 89/391CEE elenca gli obiettivi sociali contenuti nel Trattato di Roma del 1957 (art. 118 A), in sintesi (vedi tabella 6):

1.       Raggiungimento di un’armonizzazione dei livelli di protezione dei lavoratori in ambito comunitario;

2.       Definizione delle prescrizioni minime per promuovere il miglioramento dell’ambiente di lavoro e per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori. E’ fatta salva la facoltà degli stati di imporre sul loro territorio livelli di protezione maggiori, ove lo ritengano opportuno.

Le nuove norme prevedono una procedura prevenzionistica di tipo «attivo» che vede le aziende protagoniste anche nell’attività di sicurezza, considerata parametro fondamentale del processo produttivo.

L’intero quadro normativo è basato su una costante correlazione tra attività lavorative e relative misure di sicurezza, tra innovazione tecnologica e rispettivi interventi per la tutela della sicurezza e la salute degli operatori.

Tale correlazione è attuata attraverso l’esame della tecnologia di processo, delle tecniche operative applicate e la contemporanea verifica dell’attuazione delle misure di prevenzione.

Queste ultime devono essere scelte secondo criteri di idoneità e priorità e sono proposte secondo uno schema articolato di interventi successivi e consequenziali.

In sostanza si opera in due fasi: la prima di definizione delle misure di sicurezza e la seconda di adempimento delle stesse.

In questo processo diventa di fondamentale importanza l’attuazione delle seguenti operazioni:

1.    Valutazione del rischio – cioè analisi del ciclo lavorativo finalizzato all’individuazione dei potenziali rischi operativi, alla loro definizione e misura;

2.    Interventi di prevenzione – cioè indicazioni e criteri d’intervento per l’eliminazione, o per lo meno la riduzione, dei rischi attraverso la programmazione d’interventi di prevenzione integrata, del tipo organizzativo e procedurale.

3.    Interventi di protezione – cioè la programmazione degli stessi che deve privilegiare le misure di prevenzione «collettive» a quelle «individuali».

 

 

La funzione degli enti pubblici di controllo

Cerchiamo di prevedere, a questo punto, quale sarà il ruolo delle autorità statali di controllo e prevenzione nel prossimo futuro.

Tramontata l’era dell’omologazione di alcuni prodotti e impianti industriali e civili, l’ISPESL, oltre alle attività di ricerca e consulenza in cui è molto attivo, avrà, per delega del Ministero dell’Industria, il compito di effettuare il controllo del mercato. In sintesi sarà chiamato ad accertare se:

1.    Per mancata rispondenza ai RES;

2.    Per applicazione non corretta delle norme;

3.    Per eventuali lacune nelle norme di riferimento,

sussistano i motivi affinché il Ministero dell’Industria applichi le "clausole di salvaguardia", ritirando provvisoriamente dal mercato il prodotto incriminato.

A loro volta gli enti di sorveglianza, oggi ancora i PMP delle A. USL domani probabilmente le A.R.P.A. (Agenzie Regionali di Protezione Ambientale), assolveranno al compito, complesso e di grande impegno professionale, di verificare il mantenimento degli elevati standard di sicurezza negli ambienti di lavoro e assicurarsi del rispetto, da parte dei fabbricanti dei macchinari inseriti negli stessi ambienti, delle direttive di prodotto.

Le non conformità nel primo caso saranno segnalate alla magistratura competente; nel secondo caso saranno denunciate al Ministero dell’Industria che farà scattare gli accertamenti del caso.

Di questo quadro si può già avere una parziale conferma negli accordi siglati tra Ministero dell’Industria e ISPESL, per quanto concerne il controllo del mercato, relativamente alla famiglia di prodotti rientrante nella direttiva «macchine». Riguardo all’attività di prevenzione da parte delle A.U.S.L. si potranno avere differenze tra alcune famiglie di prodotti.

In sintesi:

1.    Per alcune famiglie di prodotti (ad esempio gli ascensori e i montacarichi, come si deduce dallo schema di regolamento per l’attuazione della Direttiva 95/16/CE "ascensori"), la verifica periodica dovrà essere eseguita dagli ingegneri delle A.U.S.L. o, in difetto, da parte di un organismo notificato;

2.    Per altre famiglie di prodotti (ad esempio gli apparecchi a pressione), la verifica periodica dovrà essere eseguita, a cura del datore di lavoro, tramite personale competente a norma delle leggi o prassi nazionali (Direttiva 95/63/CEE, non ancora recepita dall’ordinamento italiano).

È nostro parere che il legislatore italiano, conformemente all’indirizzo assunto nel recepimento di alcune direttive, per talune categorie di apparecchiature (macchine e impianti pericolosi) manterrà alle A.U.S.L. il compito di effettuare le verifiche periodiche. Per le categorie meno pericolose pur obbligando il datore di lavoro ad effettuare i controlli di primo o nuovo impianto, periodici e straordinari, ne acconsentirà l’esecuzione a "persona competente".

Sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee

    

L’Italia ha subito diverse condanne dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee riguardo alla mancata o incompleta trasposizione di direttive comunitarie sulla sicurezza dei lavoratori che sono vincolanti per gli Stati membri.

Di seguito, si descrive l’esito di due ricorsi significativi contro la Repubblica Italiana iniziando da quello più recente del 2003.

Sull’argomento in più si ritiene di citare, per le conclusioni che se ne possono trarre, quanto accaduto in un processo avviato davanti alla VI Sezione della Corte di Giustizia Europea su ricorso della Commissione delle Comunità europee al termine del quale la stessa ha emanato il 10 aprile 2003 una sentenza con la quale ha "condannato" l’Italia  per non aver trasposto correttamente nella normativa nazionale e più precisamente nel D. Lgs. n. 626/94 sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro dei requisiti minimi di sicurezza relativi all’uso di attrezzature di lavoro contenuti nella  Direttiva del Consiglio n. 89/655/CEE che rappresenta una delle Direttive recepite con il citato decreto legislativo n. 626/94.

     Le carenze lamentate dalla Corte di Giustizia europea, che interessano l’uso delle attrezzature ma che investono anche caratteristiche e scelte progettuali e costruttive, riguardano in particolare:

-   la mancata previsione di un dispositivo sonoro e/o visivo di allarme "convenuto" e ben riconoscibile da azionare prima dell’avviamento di una macchina allorquando l’operatore dal suo posto di comando principale non fosse in grado di accertarsi dell’assenza di persone nelle zone pericolose della stessa;

-   la messa o rimessa in moto di un'attrezzatura che deve poter essere effettuata soltanto mediante un'azione volontaria su di un organo di comando concepito a tal fine (la legislazione italiana si limita a prescrivere che "i comandi siano collocati in modo da evitare avviamenti accidentali");

-   la presenza di un dispositivo di comando che permetta l'arresto generale dell’attrezzatura in condizioni di sicurezza;

-   la posizione dei sistemi di protezione tale da non provocare rischi supplementari, da non essere facilmente elusi o resi inefficaci, da essere situati ad una sufficiente distanza da zone pericolose e da non limitare più del necessario l’osservazione del ciclo di lavoro.  

     Orbene è significativo osservare nel leggere gli atti del processo come l’avvocato della Repubblica Italiana, a difesa del comportamento dello Stato italiano, per assicurare che le prescrizioni per la cui assenza era stata formulata l’accusa erano in effetti già state previste nell’ordinamento delle vigenti leggi italiane e per dimostrare che la normativa nazionale già raggiunge l’obiettivo di sicurezza perseguito dalle direttive comunitarie, ha citato, ritenendole in pratica pienamente vigenti, le prescrizioni del D.P.R. n. 547/55 e più precisamente quelle contenute negli artt. 43, 44, 48, 49, 69, 71, 77, 80, 133, 157, 165, 209. 220 e 374 posti sotto accusa, oltre alle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 626/94 e quelle di cui all’art. 2087 del codice civile.

Il difensore dello Stato non ha ritenuto minimamente, pur riguardando le prescrizioni poste all’attenzione della Corte di Giustizia anche la sfera del progettista e del costruttore, di fare alcun riferimento ai requisiti essenziali di sicurezza fissati dal legislatore italiano per le macchine con il D.P.R. n. 459/96 e con le norme tecniche armonizzate ad esso collegate.

La Corte di Giustizia europea ha comunque ritenuto di condannarci all’adeguamento per cui, se non altro per ottemperare alle sue prescrizioni, sembra proprio che sia giunto il momento di fare il punto sulla situazione e di stabilire quindi in maniera chiara e precisa quei mancati collegamenti riscontrati fra il D. Lgs. n. 626/94, il D.P.R. n. 459/96 ed il D.P.R. n. 547/55 ed in via più generale di redigere quel famoso Testo Unico sulla sicurezza che si attende ormai da una decina di anni, cosa in effetti per niente semplice considerata la cospicua mole di direttive comunitarie da recepire.

Una precedente sentenza di condanna contro l’Italia è del 15 novembre 2001 (Quinta Sezione)

"Inadempimento di uno Stato - Incompleta trasposizione della direttiva 89/391/CEE - Sicurezza e salute dei lavoratori"

Nella causa C-49/00, la Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. Traversa e dalla sig.ra N. Yerrell, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente,

contro Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuta, avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che,

- non avendo prescritto che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza esistenti sul luogo di lavoro;

- avendo consentito al datore di lavoro di decidere se fare o meno ricorso a servizi esterni di protezione e di prevenzione quando le competenze interne all'azienda sono insufficienti, e

- non avendo definito le capacità e attitudini di cui devono essere in possesso le persone responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali per la salute e la sicurezza dei lavoratori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), dichiara e statuisce:  

1) - Non avendo prescritto che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza esistenti sul luogo di lavoro;  

- avendo consentito al datore di lavoro di decidere se fare o meno ricorso a servizi esterni di protezione e di prevenzione quando le competenze interne all'impresa sono insufficienti, e  

- non avendo definito le capacità e le attitudini di cui devono essere in possesso le persone responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali per la salute e la sicurezza dei lavoratori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.   La Repubblica italiana è condannata alle spese.

 

Il Decreto legislativo 626/94 e il Testo unico sulla Sicurezza

A distanza di quasi un decennio dall'emanazione del D.Lgs. 626/94, appare più che opportuna una modifica e una riorganizzazione dell'intera materia della salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi lavoro".
Lo stesso Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia, presentato nell'ottobre del 2001, aveva messo in rilievo carenze dell'attuale panorama normativo in materia di sicurezza, quali la mancanza di buone prassi e di criteri prevenzionistici specifici per le PMI e per l'agricoltura e l'inesistenza di normative specifiche e peculiari a tutela di tutte le forme di lavoro alternative al tradizionale impiego a tempo pieno, indeterminato e svolto in azienda oltre a un eccesso di regolamentazione legislativa causato dal recepimento, negli ultimi dieci anni, di numerose direttive comunitarie in materia.

Le leggi che hanno attuato le direttive europee si sono sommate a disposizioni normative vecchie di decenni, dando vita ad una difficile compresenza. Inoltre, tali leggi si sono rivelate spesso ispirate ad approcci diversi tra loro e, pertanto, incapaci di ridurre, sul piano pratico, il fenomeno infortunistico e delle tecnopatie."

E' in questo quadro generale che si inserisce il contenuto dell'Art. 3 della Legge 29 luglio 2003, n. 229 il quale conferisce al Governo la delega ad adottare, entro un anno dall’entrata in vigore della legge (quindi, entro il 9 settembre 2004), "uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori".

Tra i principi che dovevano guidare l'azione del Governo c'erano la semplificazione della materia nel rispetto delle normative europee in vigore; una particolare attenzione alle imprese artigiane e alle piccole imprese anche agricole, forestali e zootecniche; il riordino delle norme tecniche di sicurezza delle macchine e degli istituti concernenti l’omologazione, la certificazione e la autocertificazione; la riformulazione dell’apparato sanzionatorio; la promozione dell'informazione e della formazione preventiva e periodica dei lavoratori sui rischi connessi all’attività dell'impresa; l'assicurazione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro in tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il datore di lavoro o con il committente; l'adeguamento del sistema prevenzionistico e del relativo campo di applicazione alle nuove forme di lavoro e tipologie contrattuali; la diffusione di buone prassi; la razionalizzazione delle competenze istituzionali al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi e competenze; la conferma del principio dell'esclusione di qualsiasi onere finanziario per il lavoratore in relazione all’adozione delle misure relative alla sicurezza.

In sostanza dunque, il Testo Unico dovrebbe avere come finalità primaria "l'innalzamento della qualità e della sicurezza del lavoro, anche attraverso la definizione di una strategia prevenzionistica incentrata su obiettivi sostanziali e non soltanto su regole formali, valorizzando adeguatamente il dialogo sociale sul territorio e la bilateralità, quale fattore di controllo sociale, e inducendo le imprese, anche con norme premiali e incentivanti, a perseguire condotte socialmente responsabili.

Ma la bozza di Testo Unico, che diverrà decreto solo dopo essere stata approvata dal Consiglio dei Ministri, ha suscitato perplessità, soprattutto da parte delle organizzazioni sindacali.

Infatti fonti parlamentari prevedono un probabile ritiro della bozza.

 

 

La Commissione parlamentare d’inchiesta

A livello politico il Senato della Repubblica con deliberazione 23 marzo 2005 ha istituito una Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche». (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 71 del 26 marzo 2005).

I lavori della suddetta Commissione, in base all’art. 6 della Deliberazione di istituzione, avrebbero dovuto concludersi entro sei mesi (settembre 2005) ma la conclusione è slittata a data successiva.

Si Riportano di seguito i primi tre articoli della deliberazione del Senato che riassumono le competenze della Commissione:

Art. 1 E' istituita, ai sensi dell'art. 82 della Costituzione e dell'art. 162 del Regolamento del Senato, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, di seguito denominata «Commissione».

Art. 2 La Commissione e' composta da venti senatori, nominati dal Presidente del Senato in proporzione al numero dei componenti i Gruppi parlamentari.

Art. 3 La Commissione accerta: 

a) la dimensione del fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo al numero delle cosiddette «morti bianche», alle malattie, alle invalidita' e all'assistenza alle famiglie delle vittime, individuando altresi' le aree in cui il fenomeno e' maggiormente diffuso; 

b) l'entita' della presenza dei minori con particolare riguardo al minori provenienti dall'estero e alla loro protezione ed esposizione a rischio; 

c) le cause degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alla loro entita' nell'ambito del lavoro nero o sommerso e al doppio lavoro; 

d) il livello di applicazione delle leggi antinfortunistiche e l'efficacia della legislazione vigente per la prevenzione degli infortuni, anche con riferimento alla incidenza sui medesimi del lavoro flessibile o precario; 

e) idoneita' dei controlli da parte degli uffici addetti alla applicazione delle norme antinfortunistiche; 

f) quali nuovi strumenti legislativi e amministrativi siano da proporre al fine della prevenzione e della repressione degli infortuni sul lavoro; 

g) l'incidenza nel fenomeno della presenza di imprese controllate direttamente o indirettamente dalla criminalita' organizzata.

 

 

 

 

Conclusioni


Quanto sopra illustrato evidenzia come sia ancora lungo il cammino da fare nel nostro paese sul tema della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori negli ambienti di lavoro.

Le persistenti violazioni dei diritti nel mondo del lavoro dovrebbero ragionevolmente indurre tutti gli Stati e mettere in discussione la direzione di marcia delle politiche perseguite finora in tale ambito, ed a contrastare il primato dell’"impresa" e della produttività, quale sorta di "Pensiero unico" che soprattutto in questi ultimi anni, anche in Europa, ma soprattutto in Italia - e non solo da parte di questo governo - sono diventate l’ideologia - quasi una religione – dominante.

 

 

Bibliografia

Testi consultati:

- Saulle M. R., Lezioni di organizzazione internazionale, vol. II Le Organizzazioni Internazionali e Diritti Umani, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2003

- Zanghì C., La protezione Internazionale dei Diritti dell’Uomo

- Costa G, Caduni E. Le condizioni di lavoro e la salute in Europa

- Alhaique D, Arduini L. Costa G.

Atlante degli infortuni sul lavoro in Italia

Siti consultati:

www.ilo.org

www.Inail.it

www.ispesl.it

www.intrage.it

http://curia.eu.int

http://www.rassegna.it/2004/lavoro