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(ECO) Rutelli spiazza Veltroni, che ha arruolato i Toti nel Pd

Roma, 8 feb (Velino) - Il Giornale di questa mattina titolava sulla “Guerra del mattone a Roma” tra Veltroni e Rutelli, proseguendo su un filone che ha visto protagonista – soprattutto negli ultimi giorni – Il Messaggero. La prima cornice, cui ha dato ampio spazio soprattutto il quotidiano del gruppo Caltagirone, è una polemica a tratti anche molto violenta su alcune varianti al piano regolatore che favoriscono vistosamente gli interessi di un grosso gruppo di costruttori in competizione con Caltagirone, quello dei fratelli Toti, e sulle quali la giunta capitolina sta accelerando passando anche sopra i voti contrari dei municipi. La seconda cornice è la serie di dichiarazioni del candidato in pectore, che prende le distanze proprio dallo stesso leader del Pd che lo aveva incoronato alla successione dicendo che “Roma ha bisogno di un sindaco a tempo pieno”, promettendo “radicali novità” e sospendendo di fatto tutta l’operazione riservandosi di sciogliere gli indugi sulla candidatura “tra dieci giorni”.
Date le due cornici, la lettura del quadro risulta un po’ ostica: perché è noto come e quanto la Lamaro-Toti sia stata legata a doppio filo a Rutelli. Ben inteso: si tratta di un’azienda seria che non nasce certo con la giunta guidata dall’ex leader della Margherita. Ma la gran parte degli appalti che ne hanno fatto impennare il fatturato durante l’era veltroniana – dall’affare della nuova fiera della capitale a quello dei centri commerciali della Porta di Roma, solo per fare due esempi – nascono quando al Campidoglio sedeva Rutelli. Una prima spiegazione sta nel fatto che la “continuità” nella gestione di quella che è stata chiamata da molta stampa “la nuova cementificazione” della capitale è stata assicurata da chi ha seduto ininterrottamente per dieci anni all’assessorato competente, sia sotto Rutelli che sotto Veltroni: Claudio Minelli, al momento assessore al Patrimonio e ai progetti speciali. Poi emerge netta l’impressione invece che il sindaco uscente abbia arruolato a pieno titolo i fratelli Toti – da poco entrati col cinque per cento di Rcs nel Patto di sindacato che controlla il Corriere della Sera – nel Partito democratico. E che la cosa a Rutelli non deve essere andata giù benissimo, al punto da farlo rendere disponibile al ruolo di scudiero del “competitor” danneggiato dalle ultime varianti, appunto il gruppo Caltagirone.
Che i costruttori romani siano ormai lontanissimi parenti dei palazzinari di un tempo e non abbiano più nulla a che fare coi tratti un po’ ruspanti alla “C’eravamo tanto amati” è un fatto su cui non si riflette mai abbastanza. Con tutte le relative conseguenze sugli equilibri politico-economici a livello nazionale. Non è certo la calda estate 2005, quella – tra gli altri - dei Coppola e dei Ricucci, il segno della differenza. Ma – solo per fare un esempio - il fatto che per la prima volta il numero uno dell’Ance, l’Associazione dei costruttori tradizionalmente guidata da un’imprenditore settentrionale, è un romano: Paolo Buzzetti è succeduto l’anno scorso al milanese Claudio de Albertis. E poi bisogna ricordare che se i fratelli Toti hanno messo un piede, molto elegantemente calzato, nel salotto di via Solferino già frequentato da banchieri vicini al Pd, Francesco Gaetano Caltagirone oltre a essere l’editore del primo quotidiano della capitale è allo stesso tempo suocero di Pierferdinando Casini e vicepresidente del Monte dei Paschi di Siena. Che, come è noto, non è certo la cassaforte del centrodestra.
Le tre “varianti della discordia” che hanno fatto esplodere il caso sulle pagine del Messaggero sono quindi solo l’ultimo passaggio di un lungo percorso, in cui la candidatura Rutelli ha il forte sapore di un ritorno al passato. La “variante Eur”, quella sulle torri dell’Eur, vale almeno 200 milioni di euro; la modifica alla Magliana, dove verrà costruito addirittura un grattacielo, è stimata intorno alla stessa cifra. Mentre si scende della metà, a poco più di cento milioni di euro, per la “variante Bufalotta”, che sembra invece la vera goccia che ha fatto traboccare il vaso in casa Caltagirone, tenuta fuori dall'ultimo banchetto. Viene cambiata la destinazione d’uso per oltre un milione di metri cubi, facendo sparire negozi e servizi e aggiungendo abitazioni: la bandiera delle “centralità urbane” agitata in Campidoglio per la qualificazione delle periferie viene così ammainata per far spazio a un vero e proprio progetto dormitorio. Ma forse inalberarsi sulla questione di principio del rispetto del piano regolatore approvato cinque anni fa dopo un quarantennio di attesa, suona perfino ridicolo: basta avere anche solo una parziale idea di come si sia continuato a costruire a Roma. A parte che le varianti approvate sono già oltre sessanta, è davvero difficile imbattersi in cubature rispettate: “La regola – dice al VELINO un ex assessore del Veltroni/1– è che non ci sono regole. Il piano regolatore, qui, è pura finzione”.

(Massimo Bongiorno) 8 feb 15:36     http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=491239

 

 

 

 

 

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