LA PASQUA DI ANNA,
72 ANNI, SUICIDA IN UNA
CASA DI RIPOSO
Una triste storia che i giornali non raccontano
A volte succede, per ragioni di
opportunità politica o giornalistica, che non tutti i suicidi vengano
raccontati.
Vorrei perciò scrivere di Anna, 72 anni, sordomuta, che sabato scorso, vigilia
di Pasqua, ha deciso di togliersi la vita buttandosi dal balcone della sua
camera, al secondo piano di una casa di riposo comunale di Roma.
Da qualche tempo era particolarmente depressa. La sua storia passata, che
tentava di raccontare pur con le sue difficoltà di comunicazione, era
caratterizzata da sfratti, emarginazione e aiuti "a singhiozzo" dalle
istituzioni. L'ultimo aiuto di qualche anno fa, quello offerto dall'Assessorato
alle Politiche Sociali, è stato di ospitarla in quella residenza per anziani e
di affiancarla saltuariamente da un'assistente sociale interinale, esperta del
linguaggio dei segni. Un servizio utile, per quanto precario, che ha dato ad
Anna molto giovamento. Purtroppo quel sostegno si è interrotto da circa un anno.
L'assessorato non ha forse ritenuto opportuno garantire la continuità del
servizio attraverso la stipula di un altro contratto. Non è mia intenzione
addossare alcuna responsabilità di questo evento triste, forse ineluttabile.
Dico solo, per un'eventuale riflessione dei nuovi assessori che si insedieranno
in Campidoglio, che quando in una casa di riposo per anziani vengono ammesse,
come sta accadendo, persone particolarmente svantaggiate provenienti dalla
caritas, dalla strada, dai campi rom o da istituti speciali, si compie
un'operazione di ghettizzazione dei vari tipi di disagio in un unico calderone.
Si rinuncia cioè, contro ogni logica dettata dallo stesso piano regolatore
sociale del comune di Roma, alla programmazione di soluzioni diversificate e
personalizzate, in altri termini, più umane. Sarebbe altrettanto necessario
nelle comunità residenziali a media e alta densità abitativa far funzionare bene
le equipe multidisciplinari tra Asl e Comune e impiegare stabilmente qualifiche
specialistiche adeguate (assistenti sociali, educatori, geriatri, terapisti)
rafforzando concretamente la difficile integrazione tra servizi sociali e
servizi sanitari.
Più che di un'"Italia nuova" proposta da Veltroni ci sarebbe forse bisogno di
politici locali un po' più competenti e meno "distratti". E invece di affidare
ogni genere di servizi pubblici ai privati con appalti spezzatino, occorrerebbe
il buon senso di valutare anche l'opportunità di internalizzare alcuni servizi
importanti e delicati, interpretando così in maniera più coerente l'art. 22
della legge sull'Ordinamento delle Autonomie locali. Roma 25 marzo 2008
www.ciardullidomenico.it
Domenico Ciardulli
Educatore professionale coordinatore
Management del Servizio Sociale
Università di Roma Tre
INTERVENTO PUBBLICATO SU:
"Liberazione" (25/03/08) "Avvenire" e "Il Tempo" (26/03/08) Corriere della Sera (27/03/08) La Repubblica (30/3/2008)
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IL
COMMENTO DEL DIRETTORE DI "AVVENIRE"