LA FINANZIARIA MINACCIA LA LIBERTA'
DEGLI UTENTI DEL WEB. ECCO COME
A partire da domani associazioni, comitati di
quartiere, enti no profit, singoli cittadini potrebbero essere costretti a
pagare un "obolo" alle associazioni degli editori per continuare a svolgere le
loro attivita’.
In base all’articolo 32 del capo IX del decreto
legge 262 del 3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato gia’ in
vigore il 3 ottobre scorso.
Il decreto modifica la legge sul diritto d’autore
all’articolo 65, stabilendo che "i soggetti che realizzano, con qualsiasi
mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali,
devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti
articoli sono tratti.
La misura di tale compenso e le modalità di
riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al
periodo precedente e le associazioni di categoria interessate. Sono escluse
dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche".
La forma stessa del decreto indica una lesione al
diritto di informazione e alla libertà di comunicazione in difformità al
dettato costituzionale (art. 21).
Un'associazione ecologista che vuole
denunciare un'aggressione all'ambiente e alla salute dei cittadini archiviando
articoli di stampa. Un'organizzazione non governativa che raccoglie sul web
articoli sulle guerre. Un’associazione di tutela dei malati che vuole mettere
a disposizione di tutti una rassegna stampa sulla ricerca scientifica relativa
ad una specifica patologia. Un gruppo pacifista che vuole denunciare,
attraverso corrispondenze giornalistiche, violazioni dei diritti umani.
Si profila la nuova tassa per tutti questi
soggetti?
La finanziaria è forse servita anche a tutelare le lobby dell’editoria
modificando per l’ennesima volta le norme diritto d’autore in senso
peggiorativo, limitando il diritto dei cittadini alla realizzazione di
rassegne stampa, e penalizzando le forme di uso libero e gratuito
dell’informazione giornalistica a fini culturali.
In sintesi chiunque voglia fare una rassegna stampa online, deve pagare un
obolo agli editori.
Anche se l'attività è senza fini di lucro,
umanitaria o ha una valenza socio-culturale, si devono versare comunque dei
soldi.
Soldi che per giunta verranno intascati dagli
editori, e di certo non dai giornalisti che hanno scritto quegli articoli,
pagati una tantum per la cessione dei loro diritti d’autore alle testate per
cui lavorano.
Per capire l'efferatezza di questo paradosso basta esaminare la precedente
formulazione dell’articolo 65, che condizionava le rassegne stampa alla sola
citazione della fonte: "gli articoli di attualità di carattere economico,
politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure
radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello
stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al
pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la
riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purchè si
indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se
riportato".
Questa vecchia formulazione secondo alcuni dava troppa libertà ai cittadini
senza dare un centesimo alle aziende editoriali che vogliono lucrare perfino
sulle attività non-profit.
I cittadini sostengono già di tasca propria le
imprese editoriali con i finanziamenti a pioggia della legge sull’editoria che
premiano gli editori e gli stampatori di riviste associati a improbabili
partiti e movimenti creati proprio allo scopo di fare profitti e lucrarci
sopra, come ha documentato la recente inchiesta di "Report" .
E' veramente una situazione preoccupante e ognuno
di noi, in qualunque posizione si trovi, dovrebbe prendere una posizione forte
in merito, decidendo se schierarsi a difesa di un ingiusto profitto o dalla
parte del diritto alla libera circolazione delle informazioni.