IL BUON USO DEL POTERE NELL'ERA DEL RISCHIO...

Il titolo di questa riflessione prende spunto dall'ultimo libro di Salvatore Natoli "Il buon uso del mondo nell'età del rischio". Natoli scrive che l'ideale sarebbe che tutti gli uomini potessero fare le cose per cui si divertono. "E Ci sono quelli che ci riescono, ma a volte ciò significa rinuncia ad apparenti risultati di profitto". Dice Natoli : "servirebbe una politica sociale centrata sulle cosiddette opportunità, dove il lavoro non sia più inteso come "anima laborans", cioè di salario per vivere meglio dove resta la dimensione servile, ma divenga possibilità soprattutto per i più giovani di esprimere la propria personalità".

Intanto è fondamentale sentire la professione come una chiamata da parte degli altri perchè qualsiasi lavoro noi facciamo andiamo incontro all'esigenza di un altro. Nella tradizione cristiana in parte c'era. Non significa che io come individuo non possa trovare un lavoro a me più adeguato. Competitore o aggressore dell'altro se non si vive il lavoro, qualunque lavoro, come servizio.

Se si ragiona sempre in termini di bisogni si è sempre in una dimensione di antagonismo mai come relazione. Trovare la gioia nell'opera perchè quando si moltiplica la dimensione della fatica e si trova compensazione nel consumo si diventa schiavi.

Consumatore selettore che non decide il suo bene. Solo con l'ascesi, sottraendosi al meccanismo, si gode di più il mondo e i suoi oggetti. Il gusto dei beni immateriali, dove il godimento suppone la formazione e la distanza. Distacco, quindi, per valutare ciò che vale.

Le buone intuizioni filosofiche di Natoli sottendono alla ottimistica possibilità di cambiamento sociale attraverso l'individuo e il soggettivismo. E' questa una lettura interpretativa che parte dagli anni 60, ai tempi di Don Milani, del dibattito sull'eutanasia, dei diritti civili individuali, per arrivare ai giorni nostri con l'emblema iconico di Berlusconi.

Ma oggi anche nel Censis, celebre istituto di ricerca socio-economica, barcolla la convinzione che il futuro del mondo sia ancora orientato dal soggettivismo e ci si pone il problema di trovare nuove chiavi di lettura dei fenomeni sociali oggetto di studio. Secondo De Rita, uno dei massimi esponenti del Censis, l'era del soggettivismo, della libertà di essere se stessi, potrebbe finire presto.

Qui si interseca il buono o cattivo uso del Potere che ormai oggi riesce a condizionare ogni rivolta delle soggettività.

Il ciclo della rivoluzione del mondo nata negli oceani ritorna sui continenti, in India, in Cina nei paesi dell'est. Si tratta di passaggi storici del prossimo futuro delicati e ad alto rischio di conflitti. In questa contingenza planetaria abbiamo il dramma di un potere nostrano impresentabile. Ciò emerge da recenti inchieste sulla nuova P3, sulle cricche, su Verdini, sul misterioso consulente di Finmeccanica, una potente holding che influisce sulle scelte politico industriali di un intero paese e riesce a determinare effetti di dimensioni ultranazionali. Pare stesse progettando una proiezione finanziaria e industriale nel continente asiatico per la conquista di nuovi mercati. Poteri dal volto sporco, deus ex machina, che invece di adoperarsi per il bene comune si allontanano sempre più dal destino e dall'umanità di una società in crisi. Poteri che si mimetizzano proprio come quei tanti milioni di euro sporchi trasferiti nelle banche elvetiche.

E' possibile che abbia ragione il sociologo De Rita sulla fine del soggettivismo. I processi di trasformazione sociale ormai sfuggono alla portata individuale e noi, nella nostra soggettività, dovremo riuscire a sintonizzarci con la dimensione collettiva per non essere completamente in balìa di eventi imprevedibili. La crisi è, infatti, crisi epocale e anche i poteri tradizionali, più o meno occulti sono destinati ad entrare in crisi nel tentativo disperato di autoconservarsi. 

Domenico Ciardulli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hit Counter