I COMITATI DI QUARTIERE E LE PARROCCHIE.  1a TAPPA: PALMAROLA E OTTAVIA.

UNA PROPOSTA AI CONSIGLIERI DEL MUNICIPIO XIX

Non è raro e neppure strano che alcuni gruppi di cittadini si aggreghino in ambito parrocchiale per attivare un comitato di quartiere e portare avanti istanze varie come viabilità, nettezza urbana, marciapiedi, illuminazione, verde pubblico e via dicendo.

Se guardiamo Palmarola il primo "abbozzo" di comitato è nato spontaneamente molti anni fa nella parrocchia di San Tommaso a via Boffito, vicino alla GS.  Il prete locale dava gli spazi dell'oratorio per feste e riunioni affidandosi alla collaborazione di un maresciallo in pensione. Assieme a qualche negoziante e qualche impiegato pubblico, il maresciallo costruiva l'agenda delle rivendicazioni da fare ai vari politici del municipio. L'autorganizzazione ha realizzato anche un piccolo campo bocce attraverso la disponibilità di proprietari privati.

Non era facile individuare la linea di demarcazione tra l'essere parrocchiani e l'essere membri di un comitato di quartiere. La parrocchia, infatti, era allo stesso tempo luogo di preghiera e luogo di riunioni e i contributi in danaro per usufruire degli spazi dell'oratorio passavano da un membro del comitato che era anche un parrocchiano.

Questa situazione, durata per molto tempo, ha avuto una sua soluzione di continuità con l'apertura del centro polivalente di largo Codogno che ha in qualche modo "deconfessionalizzato" le attività socio-culturali e di quartiere spostandole su un piano più civico e meno religioso.

A questo punto è anche subentrata una componente politica diessina che, per una sorta di autopremiazione dovuta all'apertura del centro polivalente,  ha affiancato "l'anima religiosa" apartitica del preesistente comitato con un vivaio di giovani emergenti. Questi ultimi, attraverso l'aiuto del municipio a guida DS, fatto di patrocini e piccoli finanziamenti, hanno potuto poi lanciare e far eleggere un loro candidato alle ultime elezioni. Lo stesso candidato, quale componente dell'associazione culturale, raccoglieva iscrizioni e dava informazioni sui corsi vari attivati nel centro.

Per completezza di informazione occorre aggiungere che negli anni della giunta Visconti si era formato e si è fatto poi molto sentire nel territorio un altro comitato  di quartiere, tuttora esistente, che si firmava "Comitato Ottavia Palmarola". Si tratta di un gruppo di persone tecnicamente più organizzate rispetto al gruppo storico "parrocchiale", che aveva una sede legale presso un'abitazione privata, un organo direttivo e uno statuto. Uno dei metodi usati per farsi ascoltare dalle istituzioni era lo strumento della lettera aperta affissa con locandine A3 e A4 in maniera capillare, in tutti i posti pubblici più frequentati, banche, poste, scuole, bar, negozi e parrocchie. Sono state anche organizzate alcune assemblee pubbliche ben riuscite.

Ma nella specifica zona di Ottavia, dagli anni 96 in poi, aveva avuto momenti molto positivi un comitato di quartiere, composto prevalentemente da genitori, che assieme ad altri gruppi di Roma Nord aveva monitorato scuole dell'infanzia e asili nido, aveva presentato nel 2001 proposte ed esposti sul funzionamento della tratta FR3 Roma-Viterbo, così come ha contributo a far aprire un processo per l'intossicazione di 181 alunni nelle mense delle scuole materne ed elementari Besso e Bertolotti e, con interviste e trasmissioni tv, ha costretto nel 2004 il servizio giardini e il Municipio a ristrutturare ed attrezzare l'area verde di via Tarsia.

Nel 2005, sotto la spinta dell'imminente costruzione di 35 villette su un'area verde della Lucchina, che il Comune di Roma aveva precedentemente espropriato e destinato ad "area pubblica per cani", un gruppo di residenti intorno al Centro commerciale "Gulliver", in prevalenza residenti cinofili, tentava di animare la reazione degli abitanti della zona Lucchina per salvaguardare l'area verde. Il gruppo redigeva un proprio statuto, sceglieva la sua base logistica presso la parrocchia di Santa Maddalena di Canossa, contando sul fatto che l'obiettivo ambientalista riscuotesse sulla carta un consenso generale, compreso quello del parroco. Il neo comitato di quartiere, non potendo contare su grosse resistenze di piazza e mobilitazioni di disobbedienza civile, ad eccezione di qualche salsicciata serale nello spazio verde,  giocava le sue carte sul piano degli incontri politici e sul piano delle diffide e del ricorso al TAR. Purtroppo, nel 2007, il comitato subiva una vera e propria "debacle" politica ed anche economica, per via degli onorari agli avvocati. Il costruttore iniziava, con un ritardo di alcuni mesi, la costruzione delle sue villette e della scuola materna, prevista da un accordo di programma quantomeno singolare. Da allora il gruppo dirigente del comitato Ottavia ha organizzato un paio di assemblee sulla viabilità nel teatro parrocchiale, si è messo in rete con altri comitati del municipio ed ha continuato ad usufruire della generosità di suor Santina e di padre Giuseppe per il luogo delle riunioni periodiche in una stanza della parrocchia.

Nel concludere questa prima tappa di esplorazione ed analisi delle risorse civiche nel territorio del municipio XIX, vorrei fare una proposta al Presidente Milioni e a tutti i consiglieri. Sappiamo tutti che la partecipazione vera si nutre di spazi fisici e di luoghi di incontro e socializzazione. La Casa del Municipio è certamente un primo passo importante, del quale va dato riconoscimento alla nuova Giunta municipale. Ma ogni quartiere del municipio dovrebbe poter avere luoghi pubblici di riferimento e di incontro, disponibili e aperti a tutti, senza vincoli di agibilità elitaria o di conoscenze o di frequentazione politica e religiosa.  Le scuole comunali, gli spazi abbandonati anche privati, potrebbero essere oggetto di una mediazione istituzionale per l'utilizzazione piena da parte della comunità.  Ad esempio, Ottavia ha un edificio ristrutturato a pochi passi dalla stazione che è la scuola materna Besso, ha due centri anziani, ha l'asilo di via Gallo e di via Ravera, oltre quell'edificio scolastico abbandonato di via Casal del Marmo 212.

Non è mancanza di rispetto al parroco, che sappiamo essere generoso e non negherebbe mai una sala. Semmai sta a noi saper interpretare il rispetto verso la parrocchia evitando di mettere impropriamente le tende in via permanente in un luogo che solitamente si nutre di silenzio e di spiritualità. Esso, per sua natura, non può essere aperto settimanalmente ai grandi numeri e alla potenziale dialettica e conflittualità tra partecipanti. Nè potrebbe essere utilizzato uno spazio parrocchiale con lo scopo, consapevole o inconsapevole, di facilitare l'adesione al comitato di quartiere.

 Ecco perchè ritengo che sia importante la scelta di una sede fisica, pubblica e non confessionale, per la seduta del consiglio municipale a Ottavia. Sarebbe un importante segnale politico, il segno di una volontà istituzionale di allargare il più possibile la sfera degli interlocutori dei quartieri, evitando la vecchia prassi di rapporti privilegiati con ristrette oligarchie di notabili, autoinvestitisi con lo strumento delle tessere "passive". Spero si voglia, in questo modo, valorizzare, da una parte, il patrimonio pubblico e l'autonomia delle istituzioni e, dall'altra, il protagonismo civico diffuso, al fine di far esprimere nuove risorse intellettuali, tecniche, di pensiero a quei numerosi cittadini che hanno competenze ma che non hanno mai avuto voce, essendo stati oscurati in questi anni dai vari personaggi di partito e dai loro raccoglitori di voto zonali (i cosiddetti "Gatti", sia dichiarati che travestiti).

Domenico Ciardulli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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