QUALE  PIANO SOCIALE PER ROMA?

ALEMANNO: "SERVE CUORE E CERVELLO"

Al recente convegno sul Piano Sociale di Roma, svolto presso il CNR, l'assessore alle politiche sociali, Sveva Belviso, ha detto parole sacrosante: "Il precedente Piano Regolatore Sociale approvato dalla Giunta Veltroni nel 2002, poi passato nel consiglio comunale nel 2004, era fatto bene ma è stato attuato solo per il 3 - 4%. Sono state decisioni calate dall'alto che hanno provocato resistenze dovute alla non condivisione. Il nostro desiderio di questi prossimi 5 mesi di lavoro- ha aggiunto Belviso- sarà la condivisione e non ci deve essere parcellizzazione". E ancora: "E' all'opera un 'Nucleo direzionale' che ha il compito di conservare ciò che c'era di buono nel vecchio Piano sociale. Esso è affiancato da una 'Commissione Piano' che ha fatto una fotografia su povertà, disagio, minori, anziani, famiglie". Belviso ha anche parlato di un nuovo strumento di Governance dove sia chiaro "chi fa cosa" e dove all'aumento di efficienza si affianchi un maggiore controllo sulla qualità dei servizi: "Riformare l'assistenza domiciliare" "riformare il trasporto" "riformare i servizi di assistenza e accoglienza, "avviare processi che producono autonomia". Insomma l'assessore conta di portare un Piano effettivamente partecipato in Giunta a maggio 2011, per farlo poi approvare dal Consiglio comunale in poche sessioni.

A rafforzare questa dichiarazione d'intenti si sono aggiunte nel Convegno le parole del Sindaco Alemanno: "Per giungere alla sussidiarietà ci vuole molta partecipazione. Può essere più faticoso e pesante  ma è decisivo per dare un'impostazione corretta. Non è accettabile chiudere gli occhi ... per interessi economici si offrono servizi in soprannumero che non rispondono ai bisogni reali. La società civile è frastornata da elementi contraddittori. Non si vada più alla cieca. Occorre cuore e cervello. Cuore per dare risposte più forti. Non è ammissibile che rimangano fasce deboli scoperte. Occorre anche cervello per essere efficienti, produttivi e per abbinare professionalità. Certo, abbiamo perso tempo in Consiglio con le linee guida. Adesso litighiamo pure tra forze politiche ma decidiamo. Tutti quanti indistintamente sollecitiamo l'assunzione di responsabilità verso i cittadini".

Ferdinando Aiuti, Presidente della Commissione consiliare sulle Politiche Sanitarie,  e Antonio Guidi, delegato del Sindaco alle Politiche per la Disabilità, hanno messo l'accento sulla separazione tra "sociale" e "sanitario" nonostante le leggi e le tante lotte degli anni passati per arrivare ad una reale integrazione. Aiuti nel suo intervento ha detto: "in questi anni ho constatato questa barriera tra sociale e sanitario, non solo tra istituzioni ma anche tra le funzioni. Ad esempio, vengono chiusi ospedali, come il San Giacomo, e il sindaco lo viene a sapere dai giornali".

 Antonio Guidi nel suo intervento ha rinforzato il concetto: "Per ignoranza, dopo anni di lotte, si è operato negli anni successivi per separare il sociale dal sanitario...Viviamo in un mondo che crede di partecipare perchè vede la televisione" Riguardo alla partecipazione dei cittadini nella lettura dei bisogni, Guidi ha aggiunto:  "Oggi non applicare in maniera ferma il principio della sussidiarietà orizzontale significa escludere, significa contraddirsi e tagliare fuori fasce sociali della popolazione. Dobbiamo vivere con un pò di 'core' questo piano sociale per ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita delle persone".

Le enunciazioni di principio esposte nel Convegno sono pienamente condivisibili. Domanda: Come fare, adesso, per evitare che si ripeta l'errore  della precedente Giunta Veltroni? Come fare, cioè, ad evitare che il Piano Sociale venga calato di nuovo dall'alto senza grande cura per la co-partecipazione e per la co-progettazione con i cittadini, le famiglie e gli operatori ( assistenti domiciliari, educatori professionali, pedagogisti) sugli obiettivi e sulla valutazione dei risultati?

Davvero si può pensare che un tavolo di Piano partecipato possa consistere in 3 riunioni dove partecipino solo l'assistente sociale, i tecnici del municipio o del dipartimento e i dirigenti delle cooperative sociali interessate alle gare d'appalto?

Una lettura dei bisogni dovrebbe partire in primis dalle famiglie, dai comitati di quartiere e dai cittadini di tutte le fasce d'età compresi gli studenti. Un ruolo importante è rivestito da chi sta a contato diretto con il disagio, gli operatori domiciliari e coloro che lavorano nelle case famiglia, nei centri diurni e nelle residenze protette.

Ma come si può definire partecipato un Piano che non pubblicizza adeguatamente la partecipazione? Come si possono coinvolgere le scuole, le parrocchie, e gli operatori se le locandine di convocazione dei tavoli non arrivano nelle scuole, nelle parrocchie e sui posti di lavoro? Come si può far partecipare un educatore professionale o un assistente domiciliare di una cooperativa sociale se, oltre a non esserci nessun dibattito interno, non è lontanamente concepita neanche la concessione dei relativi permessi da parte dei datori di lavoro?

Sono dubbi che ci portiamo appresso da anni, da quando l'entrata in vigore della legge quadro di riforma dei servizi sociali (328/200) ha fatto sperare in una positiva revisione e disciplina delle figure professionali (art. 12), nella fine del loro sfruttamento lavorativo e nei controlli sugli accreditamenti, nell'integrazione socio sanitaria e nei processi partecipati. Fino a quando le parole degli amministratori non si tradurranno in fatti concreti rimarranno legittimi dubbi sull'effettiva volontà politica degli amministratori e dei partiti di favorire la crescita dell'"empowerment", della partecipazione e dell'autonomia dei cittadini.

Infatti, in questi anni, è proprio sulla partecipazione che abbiamo verificato quanto le scelte urbanistiche e sociali della città abbiano trascurato le indicazioni europee e tradito il dettato delle leggi nazionali (L. 142/90 art. 6 e 7) e della Regione Lazio (L.R. 38/96 art. 6).

Augurandoci tutti che, stavolta, le dichiarazioni d'intenti del sindaco Alemanno e dell'assessore Belviso si possano effettivamente tradurre nell'esercizio pratico di un nuovo modello di coinvolgimento dei cittadini, ripropongo una mia presentazione in power point sul precedente piano regolatore sociale del Comune di Roma durante l'Assemblea cittadina "Un Programma per Roma".

Domenico Ciardulli   Educatore professionale 

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