SI PUO' UCCIDERE E MORIRE PER UN LICENZIAMENTO ?

 La perdita del lavoro è una delle più gravi fonti di stress. Essa è un fattore così importante da minare alle fondamenta la nostra salute mentale. Non sono affermazioni gratuite ma dichiarazioni rilasciate, all'indomani della strage di Massarosa, ad un quotidiano romano da un eminente psichiatra e coordinatore scientifico dell'Università Cattolica di Roma.

Dice inoltre lo psichiatra occupazionale: "Un licenziamento influisce su più livelli simultaneamente. In modo diretto perché compromette la situazione economica di un individuo e in modo indiretto perché va a minare il ruolo sociale che una persona si è costruito con il proprio lavoro".

Ma quanto può essere più devastante essere licenziati all'età di 51 anni dopo averne vissuti 13 a vendere e reclamizzare prodotti  della Gifas Electric tra il Trentino e il Friuli? Molti analisti e cronisti già tendono a dare una spiegazione di preesistente malattia mentale all'origine della decisione di Paolo Iacconi di uccidere i suoi ex datori di lavoro e di tentare di dare fuoco all'azienda per poi togliersi la vita. Alcuni quotidiani si soffermano sullo stato di depressione, precedente al licenziamento, che avrebbe diminuito il suo rendimento lavorativo (capacità di vendere prodotti) tanto da indurre l'azienda a sciogliere il rapporto di lavoro. Forse esiste un bisogno automatico e sistematico di categorizzare e stigmatizzare come morbosi eventi che fanno paura ma soprattutto esiste un grande bisogno di esorcizzare le colpe e le responsabilità di chi, struttura privata o pubblica, non ha saputo prendere in carico il dramma di un uomo profondamente ferito nell'anima, privato del lavoro e del reddito e lasciato solo.

Ci torna in mente un'altra tragedia consumatasi in Liguria nel novembre 2007. Paolo Manca di 45 anni si è impiccato nel garage sotto casa. Il suo corpo è stato rinvenuto esanime dal figlio diciottenne. Paolo, dopo tante peripezie per trovare un lavoro, si era adattato volentieri a fare l'operatore ecologico con un contratto a tempo determinato. Ma il mancato rinnovo del suo contratto a causa del cambio di appalto lo aveva psicologicamente distrutto. Proprio per capire quale sia la linea di confine tra gesti omicidi e suicidi e pre-esistente fragilità psichica è importante rievocare le parole dette su Paolo Manca dal sindaco del comune di Santo Stefano: "ci ha lasciati una persona buona, gentile, educata, dotata di un grande senso civico".

Di Paolo Iacconi, autore della strage alla Gifas Electric, un suo collega dice ai giornalisti: "Per dieci anni era stato un lavoratore irreprensibile, un ragazzo perbene. Poi gli ultimi tre è accaduto qualcosa, non faceva più niente....".

Queste storie cominciano ad essere tante. Nel 2008 altri due delitti, seguiti ad un licenziamento, nel lodigiano e nel bresciano. Emergono destini incrociati di persone ultraquarantenni alle quali viene tolta la dignità del lavoro, oppure, semplicemente, non viene perdonata l'umana debolezza di un calo nella capacità di fare fatturato e profitti.

Eppure si parla da anni della responsabilità sociale delle aziende come valore aggiunto a tutela dei lavoratori e del contesto ambientale dove si opera. Inoltre, ci sono voluti quasi venti anni di dibattiti per arrivare al Testo Unico (D. n. 81/08) sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che attribuisce ai datori di lavoro la responsabilità di tutelare la salute psicofisica dei propri dipendenti. Da altrettanti anni si studia e si tenta di legiferare in tema di mobbing per mantenere sano e vivibile il microclima relazionale delle aziende e prevenire tragedie su tragedie.

L'Unione europea ha stimato che una cattiva gestione della salute mentale può costare da due a quattro punti del Prodotto Interno Lordo di un paese.  E questo completa il quadro.

Domenico Ciardulli

24 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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