Castellaneta. Vibo Valentia. Careggi. Si allunga l'elenco dei morti nelle strutture pubbliche. Il ministro Livia Turco corre ai ripari. Via i baroni e chi sbaglia. Colloquio con Livia Turco
La sanità va bonificata dalla devastazione in cui l'hanno gettata anni di
abbandono e di razzia: Livia Turco ha passato un anno a dichiarare,
dichiarare, dichiarare; incalzata dalle mille vicende tragiche e criminali che
hanno costellato le cronache sanitarie. E oggi, all'indomani dell'ennesima
tragedia senza senso - i morti di Castellaneta - sa che non può più dire
"vigileremo", che non può più limitarsi a mandare i Nas. O rispondere, a chi
le chiede conto della débâcle, che la gestione degli ospedali è di competenza
delle regioni: sarà anche così, ma l'opinione pubblica non ne può più di un
sistema sanitario in cui non si capisce mai di chi siano le colpe.
"Ogni mattina mi chiedo quale emergenza mi aspetti. E ogni giorno misuro gli
effetti dell'abbandono, di una politica vergognosa che si è occupata della
sanità solo per le sue cordate e le attribuzioni di potere". Castellaneta è la
nuova punta dell'iceberg, e il ministro è pronta a far saltare il banco.
Perché se c'è stata Castellaneta, e prima ancora Vibo Valentia, Careggi, di
disastro in disastro, è perché il sistema è allo sbando. E va cambiato,
subito.
Lei è un animale politico e usa la parola "ammodernare"; precisa che non si
tratta di una riforma, che la legge Bindi, quella in vigore, va benissimo...
Ma in quelle 50 paginette che tiene in mano, e che il 18 maggio presenterà al
presidente Romano Prodi e agli attori in scena, c'è una rivoluzione
copernicana, che 'L'espresso' è in grado di anticipare: strumenti per
prevenire gli errori basati sulla trasparenza, fuori la politica dalla
gestione degli ospedali, concorsi a prova di inciucio per i primari,
valutazione dei medici e degli amministratori, medici di medicina generale in
servizio 24 ore su 24 sette giorni la settimana. "Questa è la nostra carne
viva", dice un po' imbarazzata mostrando la bozza del disegno di legge: "C'è
bisogno di un governo forte del sistema, e di un nuovo progetto. E abbiamo
bisogno di offrirlo ai medici, agli amministratori, a tutte le parti migliori
del sistema che devono potersi sentire parte di una squadra. È di questo
ministero il compito di trovare questo orizzonte, di dare una nuova dignità
forte a tutti gli operatori del Ssn. Mi sono stufata di essere soltanto un
erogatore di fondi. E mi sono stufata del fatto che al centro della politica
sanitaria ci sia il pareggio di bilancio. Deve esserci la qualità".
Parlare di qualità all'indomani di Castellaneta suona politichese.
Niente di più concreto?
"Non è tollerabile che dove il cittadino va per guarire, egli di
fatto possa essere vittima di incidenti. Venerdì 11 presenterò al consiglio
dei ministri un disegno di legge che dota tutte le Asl di una struttura
dedicata alla prevenzione del rischio clinico con poteri di intervento per
individuare gli errori, capire quali sono le cause, prevedere iniziative e
bonifica degli ambienti. Questo deve essere fatto e in molte parti del Paese è
fatto. Serve la massima trasparenza per prevenirne il ripetersi degli
incidenti. E dovrà essere possibile prendere subito delle misure contro i
colpevoli. Ma bisogna anche creare un rapporto di fiducia tra i medici che non
devono sentirsi sempre sul banco degli imputati e i cittadini che devono
sentirsi delegati. Per comporre i conflitti le regioni devono istituire delle
Camere di conciliazione, imparziali. Qui i cittadini che si ritengono
danneggiati dal Ssn troveranno assistenza gratuita di esperti che faranno gli
accertamenti necessari caso per caso e proporranno delle composizioni dei
dissidi".
Un patteggiamento?
"Non si deve finire sempre in tribunale. Perché l'iter giudiziario,
non solo snerva i cittadini, ma allarma i medici e rende così più difficile la
trasparenza del percorso che ha portato all'errore e, quindi, la possibilità
di evitare che esso si ripeta".
Lei dice che a governare il Ssn nazionale è stata solo la logica dei
bilanci. Dobbiamo pensare che il ripetersi, ormai giornaliero, dei casi di
malasanità sia da attribuire alla gestione economicistica delle aziende
sanitarie?