L'Ocse denuncia le carenze della scuola italiana
Roma 6 settembre 2010
I paesi industrializzati spendono in media il 5,7 % del Pil nell'istruzione. E l'Italia? Sempre meno. Solo il 4,5%. È quanto afferma l'Ocse nell'ultima indagine sull'istruzione pubblica.  In Italia, dopo le ultime riforme, la situazione di gravità in cui versa la scuola pubblica nostrana è evidente da tempo a tutti: corpo docente, società civile ed alcune istituzioni. Da mesi infatti vanno avanti le proteste, che si sono acuite negli ultimi giorni, a ridosso dell'inizio dell'anno scolastico. Gli insegnanti precari rimasti senza incarico fanno lo sciopero della fame, prosegue la protesta davanti a Montecitorio, con un presidio che manterrà la postazione almeno fino all'inizio dell'attività parlamentare. E' stata convocata una nuova assemblea aperta per organizzare uno sciopero nazionale. Nel frattempo la riapertura delle scuole intensifica le preoccupazioni dei presidi e degli insegnanti per la mancanza di attrezzature didattiche, soprattutto nelle scuole materne ed elementari. È notizia recente, di fatti, l'appello del presidente del I municipio di Roma agli imprenditori locali invitandoli a  "donare" banchi, sedie, lavagne o armadi alla scuola pubblica e, in cambio del loro contributo, potranno apporre una targhetta sull'arredo con il nome del donatore o dell'azienda. Un po' come succedeva una volta con i banchi delle chiese. È questa la fotografia "scolorita" della scuola italiana odierna, che secondo le stime ufficiali dell'Ocse, nel suo insieme, vede investite solo il 9% delle risorse pubbliche, il livello più basso tra i paesi industrializzati  e l'80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell'Ocse. La spesa media annua complessiva per studente è di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media internazionale (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria e a scapito dell'università, dove la spesa media per studente, inclusa l'attività di ricerca, è di 8.600 dollari, contro i quasi 13mila Ocse. Inoltre in Italia le ore di istruzione previste sono ben 8.200, tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi poi sono maggiori rispetto alla media Ocse (18 alunni contro 22) e il rapporto studenti/insegnante è tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4). Gli insegnanti sono pagati meno della media, soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila (media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila (51mila Ocse), mentre un professore di liceo a fine carriere arriva a 44mila (55mila). Per quanto riguarda i laureati, sono pochi e pagati bene, a patto di essere uomini e preferibilmente "over 45", mentre per le donne la strada dopo l'università è decisamente più in salita, soprattutto nei guadagni. Il "total return", tra benefici per le casse pubbliche e vantaggi per le finanze personali, per un uomo che dopo il diploma consegue la laurea nella penisola, è di oltre 500mila dollari, uno dei più alti dell'Ocse. L'Italia si distingue anche per il maggior "gender gap" nei guadagni dei laureati: a livello annuo e per un lavoro a tempo pieno una donna percepisce una retribuzione pari al 54% (media Ocse 72%) della retribuzione di un uomo. E mentre accade tutto ciò il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, ha deciso di non ricevere i precari in agitazione finché non sarà completo il quadro delle nomine. E non ci sarà soltanto il tema precari sul tavolo dell'incontro, visto che non mancano i richiami dei sindacati, come quello della Cisl, sulle "troppe situazioni di insostenibilità didattica che i tagli di organico hanno determinato e determineranno ancora". Con il rischio di avere classi sovraffollate e orari "spezzatino" per molti docenti. La scuola pubblica è provata e non si arrende al lento declino che si prospetta negli anni a venire. Ma mentre l'Ocse denuncia questa situazione e le mobilitazioni si accendono da nord a sud del paese, il ministro  alla presentazione della Fondazione in onore di Mike Bongiorno, elude qualunque tipo di intervento sulla crisi e rilanciando invece sulla necessità di munire le classi italiane di televisori, per mostrare agli studenti il meglio della televisione nostrana. Ed allora  che dire dei tagli del personale e degli investimenti, della riduzione delle ore di insegnamento, del crescente precariato, del sovraffollamento delle classi e del tetto massimo di studenti stranieri nelle aule? Verrebbe da rispondere ironicamente… "Allegria!".