Da "LA REPUBBLICA" di venerdì 4 gennaio 2008
 

LA CULTURA D`IMPRESA E LE MORTI SUL LAVORO

LUCIANO GALLINO

 La tragedia della ThyssenKrupp di Torino, sconvolgente per dimensioni e atrocità, insieme con l`impegno delle istituzioni per evitare che eventi simili si ripetano espresso anche dal presidente Prodi al funerale d`una delle vittime - ha rilanciato la discussione circa le cause degli incidenti sul lavoro. Tanto per memoria, secondo un`indagine dell`Eurispes presentata alla Camera dei Deputati nel maggio scorso, essihanno provocato tra il 2003 e il 2006 ben 5.552 morti, che sono 2.000 in più dei militari morti in Iraq nello stesso periodo.  Quanto al 2007, si stima che soltanto nell`industria e nei servizi i morti siano stati 1050. Per non parlare delle decine di migliaia di lavoratori che ogni anno subiscono invalidità permanenti.

L`elenco delle cause degli incidenti sul lavoro è lungo.

Gli ispettori che operano realmente sul campo sono pochi, né dispongono di risorse adeguate per rendere più frequenti e incisivi i controlli. Il coordinamento tra i vari enti cui essi fanno capo -Inail, Asl, Vigili del fuoco, ministeri - è insufficiente. Sui luoghi di lavoro tanto la formazione alla sicurezza, quanto il rispetto quotidiano delle relative norme, sono spesso manchevoli, sia tra i quadri e i dirigenti che tra gli stessi lavoratori: una lacuna accentuata dal numero eccessivo di addetti con contratti di breve durata (anche se questo non era il caso della ThyssenKrupp). La frammentazione della produzione in lunghe catene di appalti e subappalti rende più difficili i controlli e ostacola la ricerca delle responsabilità.

Chiunque abbia esperienza di fabbriche e cantieri può allungare l`elenco.

Ma per quanto esso si prolunghi, v`è un fattore che non compare mai tra le cause più comunemente citate degli incidenti sul lavoro. Si tratta della attuale cultura di impresa, la versione oggi dominante di quella che gli anglosassoni chiamano corporate culture.

Una cultura definibile come l`insieme dei fattori tecnici e umani; dei parametri economici e temporali; dei tipi di conseguenza di un`azione;

dei metodi di calcolo delle priorità e del rischio che i dirigenti d`ogni livello sistematicamente utilizzano, sono addestrati a utilizzare, e sono formalmente tenuti a utilizzare dall`impresa, in tutte le decisioni che prendono nella gestione quotidiana dei siti produttivi. E una cultura raf- finata e complessa, che si impara con anni di studio nelle facoltà di economia e di ingegneria, per essere poi sviluppata e consolidata in altri anni di esperienza in azienda.

Negli ultimi vent`anni tale cultura ha conosciuto, sia negli atenei che nelle imprese, innovazioni rilevanti. Beninteso, da sempre la cultura di impresa è orientata al profitto - senza di essa semplicemente non esisterebbero le imprese.

Quel ch`è cambiato, in meglio per gli azionisti e i manager, in peggio per i lavoratori, sono i modi e i mezzi con cui il profitto viene perseguito.

In sintesi, entro la matrice decisionale in cui si incrociano le azioni da intraprendere e le loro conseguenze, i parametri puramente economici sono oggi diventati prioritari rispetto aquellitecnici, l`orizzonte temporale da considerare si misura ora in mesi piuttosto che in anni, e il peso assegnato comparativamente alle conseguenze d`una decisione sul fattore umano è diminuito. Da tale cultura discendono - tra l`altro - la ricerca ossessiva del lavoro flessibile, in termini sia di occupazione che di prestazione, l`intensificazione dei ritmi di lavoro in tutti i settori produttivi, nonché i bassi salari medi, da porre accanto ai compensi astronomici che i top manager complessivamente percepiscono.

Discendono anche, in buona misura, gli incidenti sul lavoro.

La nuova corporate culture si fonda su valutazioni del rischio molto approfondite.

In primo luogo, è ovvio, del rischio economico. I prodotti finanziari, che anche i dirigenti tecnici debbono conoscere, incorporano valutazioni del rischio spinte a un decimo d`un punto percentuale.

Ma calcoli analoghi vengono effettuati anche per i più diversi elementi degli impianti e dei prodotti materiali. Un dirigente è anzitutto tenuto a sapere quante probabilità vi sono che un apparecchio o un componente di questo, fabbricato nel suo stabilimento, si rompa entro un certo periodo di tempo o tot cicli di uso, e quali danni può arrecare a chi lo usa. Tuttavia lo stesso dirigente non può non sapere sempre in termini probabilistici - dove e quando, in determinate condizioni d`uso, una parte del macchinario cui sovrintende si romperà, o esploderà, o prenderà fuoco, recando eventualmente danni alle persone.

Nel caso non bastassero le sue competenze, un dirigente trae informazioni su quel che può probabilmente succedere dalle compagnie di assicurazione con cui l`impresa ha sottoscritto delle polizze. Una polizza assicurativa è, per certi aspetti, un derivato della scienza delle probabilità.

L`entità del premio è commisurata alla probabilità e gravità dell`incidente: tanto più probabile e grave l`evento, tanto più elevato il premio.

E questo il motivo per cui gli ispettori delle assicurazioni sono particolarmente ferrati nell`indagare sui rischi. Per tornare al caso della ThyssenKrupp di Torino, risulta dalla stampa che la compagnia assicuratrice avesse comunicato di voler elevare la franchigia (ossia la quota di danni che una compagnia non pagaall`assicurato) da30 milioni (secondo altre fonti 50) a 100 milioni di euro, a fronte dei difetti, stato di usura, malfunzionamento degli impianti. Salvo che questi non fossero posti sollecitamente a norma, con una spesa, è stato pure scritto, di soli 800.000 curo. Difronte allaloro matrice di decisione, i dirigenti della multinazionale, fossero a Torino, o altrove in Italia, o in Germania, devono aver pensato che la probabilità che un incidente si verificasse nei mesi residui di vita della fabbrica era abbastanza bassa da non valere la spesa.

Perciò in quei maledetti impianti torinesi l`adeguamento alle norme non è stato deciso, o almeno non è stato eseguito in tempo. Di mezzo si può presumere vi siano state negligenze dei dirigenti, ovvero azioni o inazioni colpose o dolose, che la magistratura sta accertando e, al caso, sicuramente colpirà. Tuttavia, al di là della vicenda ThyssenKrupp, gli incidenti sul lavoro non sono destinati a diminuire di molto se tra le loro cause non verrà inclusa, traendone poi le implicazioni, anche una cultura di impresala quale postula come generale criterio guida che una bassaprobabilità di incidente non giustifica interventi per ridurla a zero, anche se l`evento può recare danni alle persone. In altre parole, occorre ammettere che la patologia non sta solamente nella negligenza o irresponsabilità di questo o quel dirigente. Bisogna rendersi conto che la patologia risiede pure in quella che è invece considerata la normalità, una cultura economica ed organizzativa che conduce i dirigenti a ritenere che un incidente il quale può verificarsi, si fa per dire, con l`uno per cento di probabilità, non giustifica la spesa necessaria per impedirlo. Pur quando esso promette di portare con sé, ove si verifichi, lutti e dolori.

 

 

 

 

 

 

 

 

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