Intervento di Andrea Fioretti all'Assemblea sulla Sicurezza (Lunedì, 21 Gennaio 2008)
Scritto da Andrea Fioretti, FLMU-CUB Sirti (Roma)   
venerdì 25 gennaio 2008
Faccio parte della Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti aderente alla CUB e lavoro nel gruppo Sirti, appalti metalmeccanici nel settore delle installazioni telefoniche, elettriche e delle reti. Insieme ad altri delegati e lavoratori di differenti settori e sigle sindacali (la nostra è una struttura non alternativa, ma di supporto al nostro lavoro sindacale) faccio parte alla rete nazionale dell’assemblea dei lavoratori autoconvocati che si pone come uno dei punti principali di “piatttaforma”, insieme a precarietà e democrazia sindacale, proprio la questione della sicurezza sul lavoro. Perciò per noi è stato doveroso aderire e contribuire da subito a questa iniziativa sulla sicurezza e sul Testo Unico che deve essere approvato in via definitiva. Su questa questione della sicurezza e delle morti o infortuni da lavoro vorrei sottolineare due aspetti principali oggi. Uno è il fatto che qualsiasi Testo o Legge è la benvenuta se dà qualche strumento in più a noi lavoratori, ma risulterebbe inefficace se non supportata da una ripresa della conflittualità sul tema. Contro questa vera e propria strage continua, in nome del profitto delle imprese, c’è bisogno di mobilitazione e di scioperi conflittuali.

Su questo e su altri temi, come il recupero salariale, qualsiasi politica concertativa contribuirebbe a determinare conseguenze nefaste perché per le imprese la sicurezza è solo un costo. D’altronde, a mia memoria, non vi è mai stata una conquista importante che sia arrivata al movimento operaio “calando” dall’alto di qualche inziativa di un legislatore “illuminato”. Semmai sono state le lotte a imporre sul campo dei rapporti di forza che poi sono stati “normati” da alcune leggi che comunque sono sempre “transitorie”. Infatti, non appena i rapporti di forza cambiano in favore delle imprese, queste si riprendono tutto con gli interessi. E su questo ci sono gravi responsabilità e connivenze, non solo per via delle politiche concertative dei sindacati confederali, ma anche per il ruolo “supino” e compiacente di tutti i governi e di quella sinistra che, a parole, dice di essere in Parlamento per difendere gli interessi dei lavoratori salvo poi votare leggi sulla precarietà, decreti peggiorativi del welfare e delle pensioni, sgravi e favori alle aziende private, esternalizzazioni e privatizzazioni, ecc... Su questo noi lavoratori dobbiamo contare, innanzitutto, sulle nostre forze e costruirci percorsi che impongano autonomamente i nostri interessi.

Ed è forse una delle cose più difficili. Il secondo aspetto è, invece, legato di più agli aspetti specifici del Testo Unico sulla Sicurezza. Dobbiamo aspettare i decreti attuativi per avere una posizione più definita, ma diciamo da subito che finché anche gli strumenti di legge (il medico aziendale, il piano di valutazione del rischio, ...) sono nelle mani dell’autocontrollo dei padroni, per i lavoratori, c’è poco da fare e qualsiasi leggina che non ribalti questo fattore è inutile o complice della strage per il profitto in atto da anni... I rappresentanti dei lavoratori (RLS, RSU, ecc...) devono poter entrare nel merito di questi aspetti e dell’organizzazione del lavoro, perché siamo noi a pagarne direttamente le conseguenze con la vita. Non può essere l’azienda a “valutare” se le sue stesse misure sono sufficienti. L’unico loro scopo è il profitto e, se fosse solo per il padronato, saremmo tutti già condannati a morte o all’infortunio. Ma la legge della libertà di fare profitti sembra l’unica tutelata dalla politica anche di questo governo visto che persino le norme che esistono non sono attuate. Basta chiedere ai numerosi RLS o RSU qui presenti se è “semplice” ottenere di visionare queste maledette autocertificazioni aziendali sulle valutazioni dei rischi...nonostante ci sia dovuto! Su questo nessuno interviene a imporre una “legalità”...e quindi noi ci stiamo abituando che l’unica “legalità” è quella che riusciamo a imporre con le nostre forze in un momento, come questo, in cui non certo favorevole. Altre questioni legate al Testo Unico in via di approvazione sono sicuramente quello di dare anche strumenti di difesa e sostegno a coloro che coraggiosamente denunciano i propri datori di lavoro per inadempienze e per un’organizzazione del lavoro pericolosa.

Così come bisogna intervnire nel senso di aumentare gli Ispettori, riunificare le loro funzioni oggi spezzettate in compartimenti incomunicanti tra di loro e dare agli RLS un ruolo riconosciuto e “istituzionale” di coordinamento costante con questi Ispettori. Infine, voglio sottolineare come il tema della sicurezza non può essere separato da quello della precarietà del lavoro e della democrazia nei luoghi di lavoro. Anzi, sono tutti aspetti esattamente dello stesso tema. Sappiamo quanto, in regime di precarietà, sia difficile superare la paura della perdita del posto e del misero salario. Così come sappiamo che incentivare e detasssare gli straordinari alle imprese, come fa l’ultimo decreto governativo sul Welfare, aumenta le situazioni di rischio per gli operai come dinostra il tragico caso della ThyssenKrupp di Torino.

E’ evidente, quindi, che la precarietà e il protocollo sul welfare hanno molto a che fare col problema della sicurezza, non soltanto per la questione dei lavori usuranti, che il recente decreto liquida in modo inaccettabile, di fatto espungendola e regolandola con la concessione di una briciola, ma anche per la questione della defiscalizzazione degli straordinari che nel nostro settore, quello degli appalti metalmeccanici, è molto sentita, perché laddove la filiera del lavoro produce una distribuzione di contrattazione a livello di appalto, subappalto, fino al livello del lavoro nero o della ditta individuale ecc., la detassazione degli straordinari viene a incentivare il padrone a usare questa forma invece che una regolamentazione di nuovi ingressi al lavoro, stabilizzazione di contratti, di garanzie e di diritti con ricadute pesanti a livello di flessibilità, di salario e di sicurezza. Rimanendo al caso specifico di noi che lavoriamo in Sirti, a livello nazionale nell’ultimo anno e mezzo ci sono stati diversi morti, di cui 3 proprio qui nel Lazio in particolare nei cantieri sull’autostrada. Per noi la questione della sicurezza non essere tenuta separata da quelle della flessibilità, precarietà e condizioni salariali. In Sirti, è successo che in cambio del ritiro di alcuni esuberi dichiarati qualche anno fa, le segreterie confederali firmarono un accordo che flessibilizzava parte del salario legandolo a obiettivi di produzione determinati dall’azienda. Ciò significa che partendo da un salario già compresso e misero, per raggiungere livelli decenti, bisognava spremersi sempre di più sul lavoro per ottenere gli obiettivi minimi stabiliti dall’azienda, e non certo “concertati” a favore dei lavoratori, per recuperare quella parte di salario che in precedenza era garantita e che era stata flessibilizzata.

Questo ha prodotto, da una parte, un aumento della produttività a vantaggio del padrone, ma anche un aumento dei rischi e degli infortuni e insicurezza del lavoro fino a imporre a operai e tecnici di lavorare 11-12 ore di fila nei nostri cantieri con la conseguenza che - in assenza delle dotazioni di sicurezza minime necessarie, senza lucidità ecc. - infortuni e morti per noi non sono casuali. Un altro esempio sono gli infortuni e i livelli di rischio, per fortuna senza morti, che questa estate si sono avuti durante l’emergenza incendi, quando, sotto questo clima di iper-ricattabilità, squadre di operai e tecnici partivano da Roma per andare in Abruzzo sul Gran Sasso per stendere i cavi a mano sui sentieri di montagna per ricostruire i collegamenti telefonici interrotti dagli incendi. Lavorando a fianco, se non dentro, all’incendio ancora attivo. È mancata la spinta, un livello di coscienza adeguato, ma secondo noi soprattutto una mobilitazione generale che sostenga la possibilità, la volontà e anche la forza di dire NO, che gli RLS e RSU e i lavoratori tutti dovrebbero avere ma non sempre esprimono e ciò ha fatto si che questi lavoratori, in massima parte giovani, hanno svolto questi lavori a proprio rischio e pericolo con infortuni, ustioni malattie da intossicazione ecc. Esiste, quindi, il sottobosco di una guerra che conduce il profitto a danno dei lavoratori che noi non conosciamo neppure. Spesso conosciamo solo le cifre superficiali ma non tutto quello che succede al di sotto del livello più visibile.

Ai 1300 morti l’anno vanno sommati 1 milione-1 milione e mezzo di infortuni riconosciuti (per difetto) dall’INAIL, per lo più invalidanti, ogni anno. Significa parlare di 3-6 morti al giorno per cause di lavoro. Un dato che ci deve far pensare: è una guerra vera e propria e da questo punto di vista bisognerà costruire dei livelli stabili in cui riuscire a costruire iniziative su tutti i terreni. Da ultimo porto l’adesione alla campagna anche dell’Associazione Nazionale dei Lavoratori Esternalizzati (ANLE), del cui direttivo faccio parte, che ha messo insieme e porta avanti importanti battaglie, alcune anche vinte, in Telecom e altrove contro le esternalizzazioni, una delle forme attraverso cui passa la precarizzazione del lavoro, l’abbattimento dei diritti, il mobbing e, di conseguenza, l’aumento di infortuni e rischi. Queste sono le questioni su cui noi vogliamo contribuire e su cui, insieme al comitato 5 aprile e agli altri lavoratori attivi su Roma, aderiamo alla carovana di inziative sulla sicurezza lanciata dalla rete nazionale nata dopo l’assemblea del 26 ottobre scorso a Roma. Intendiamo partire dalla questione nelle Ferrovie, dopo l’ennesima morte di un giovane lavoratore precario, e da quella dei cantieri edili in collaborazione col Comitato Immigrati in Italia.

Andrea Fioretti, FLMU-CUB Sirti (Roma)