Tante interviste giornalistiche

 ... ma a quando una vera consultazione tra i lavoratori ??

 

 

Che il tavolo sulla previdenza si stia dimostrando materia spinosa e difficile da gestire non lo dimostra solo il rallentamento (più formale che sostanziale) del Governo.

Cgil Cisl Uil, fino a ieri difensori del Memorandum firmato a Dicembre 2006 che di fatto ha permesso al Governo di intascare un tavolo sulla previdenza col chiaro obiettivo di realizzare risparmi sul sistema, stanno ora cercando di distinguere le loro disponibilità dagli obiettivi di quel memorandum. (leggi di seguito la nota apparsa su www.rassegna.it)

Ciò che però non convince è che questa presa di distanza dal memorandum firmato non sembra ancora sostenuta da una posizione sindacale chiara ed esplicita di rifiuto di qualsiasi scalone. Manca poi, ancora, un riferimento vertenziale ad un'iniziativa di rilancio e sostegno della previdenza pubblica.

Sullo scalone infatti non si va al di là di un generico riferimento alla spalmatura nel tempo dell'innalzamento dell'età pensionabile ed alla volontarietà (troppo poco per respingere l'innalzamento dell'età pensionabile come sbocco finale)

Sulla riduzione dei rendimenti ci si limita a dichiarare la propria contrarietà più che altro perchè ..."Questo rischia di impedire una serena riflessione sulla previdenza complementare ma anche di portare a un aumento delle uscite dal lavoro delle persone che hanno i requisiti per la pensione''

Come si vede si tratta di preoccupazioni tutte interne alla logica di una disponibilità ad una trattativa sulla previdenza pubblica e quindi preoccupazioni compatibili con il prossimo tavolo sulla previdenza,  con gli obiettivi del memorandum, e con quanto già realizzato con le controriforme di Maroni che nessuno più, oggi, chiede di abrogare.

Anche il compagno Patta (oggi sottosegretario del Governo) non si scosta di molto proponendo la "quota 92" per il calcolo del diritto alla pensione (ossia quanto è già previsto dalla controriforma Dini).

 

Per tutti questi motivi non possiamo accontentarci di dichiarazioni come quelle prima ricordate. La materia e lo scontro che si prospetta sulla previdenza è cosa troppo complicata e difficile per essere liquidata con battute o slogan di tipo generale e generico.

Se, come si dice, l'obiettivo è quello di risollevare le condizioni dei lavoratori dalle gabbie penalizzanti delle controriforme di questi anni, se l'obiettivo è una pensione dignitosa (non quella derivante dai coefficienti di calcolo introdotti dalla Dini che, come dice l'Istat, sta portando la previdenza ad una media al di sotto dei 1000 euro) allora è di una vera piattaforma, alternativa alle proposizioni liberiste in campo di cui c'è bisogno.

Leggiamo quindi con attenzione le dichiarazioni sindacali ma aspettiamo una vera discussione nei luoghi di lavoro ed una piattaforma sindacale condivisa e votata dai lavoratori prima di aprire qualsiasi trattativa o tavolo.

Già questa settimana Prodi ha convocato Cgil Cisl Uil per un primo abboccamento, ma ancora i lavoratori non sanno quali sono gli obiettivi sindacali.

Se Cgil Cisl Uil, oggi impegnatissime a venirci a spiegare nei luoghi di lavoro quanto sia bello e conveniente investire il nostro Tfr nei fondi finanziari, venissero anche a far discutere e decidere i lavoratori su quale debba essere la nostra piattaforma per il rilancio e la difesa della previdenza pubblica, prima di sedersi a qualsiasi tavolo, farebbero la cosa giusta. Le interviste sui giornali sono utili, ma non bastano.

 

16 01 2006

 

Coordinamento Rsu

 

 Cgil: no alla revisione dei coefficienti

La Cgil ribadisce il proprio no all'ipotesi di revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo e si dice perplessa sull'apertura di un tavolo unico sullo stato sociale che comprenda insieme pensioni, ammortizzatori e riforma del mercato del lavoro. Lo ha chiarito la segretaria confederale Morena Piccinini facendo riferimento all'ipotesi, cui starebbe lavorando il ministero del Lavoro, di ridurre i coefficienti delle pensioni maturate col sistema contributivo. E' uno dei punti che il ministro Damiano, secondo quanto riferisce la stampa, vorrebbe inserire nel tavolo generale di discussione sulla previdenza con le parti sociali. Ma nel governo e nella maggioranza non c'è sintonia al riguardo.

La revisione dei coefficienti delle pensioni è stata suggerita dal Nucleo di valutazione del Tesoro, che ha ipotizzato una decurtazione del 6-8% in ragione del fatto che la speranza di vita media è aumentata. Un'ipotesi bocciata come "impraticabile", almeno per quanto riguarda le pensioni più basse, dal ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, secondo il quale equivarrebbe ad aumentare l'età pensionabile per i redditi bassi. Una parziale rettifica al riguardo è venuta anche dal segretario dei Ds, Piero Fassino, che ha sottolineato come mettere ordine al sistema previdenziale non significhi "tagliare o ridurre", ma "garantire che tutti abbiano una pensione civile e dignitosa".

Tornando alla reazione della Cgil, 'il concetto di tavolo sul welfare - ha detto Piccinini - è di una indeterminatezza pericolosa. Per quanto ci riguarda il capitolo fondamentale del welfare è quello sulle pensioni. Riteniamo che il tavolo sulle pensioni debba essere affiancato dal tavolo sugli ammortizzatori a da una discussione sul contrasto alla precarietà. I due temi devono essere paralleli, pensiamo siano più funzionali due tavoli distinti". Piccinini ha poi specificato: "Siamo invece assolutamente contrari all'ipotesi di revisione dei coefficienti interpretata come un automatismo all'interno della Dini. Più volte abbiamo detto che la Dini sta funzionando anche troppo bene'. Piccinini ha ricordato i dati diffusi dall'Istat nei giorni scorsi secondo i quali oltre il 50 per cento dei pensionati può contare su redditi da pensione inferiori ai 1.000 euro al mese: 'Con il sistema retributivo la revisione dei coefficienti produrrebbe un ulteriore abbassamento anche rispetto alla situazione già difficile di ora'. Conclude Piccinini: 'Nelle assemblee che stiamo facendo registriamo una grande preoccupazione rispetto alla tenuta della previdenza pubblica e all'importo delle future pensioni pubbliche. Questo rischia di impedire una serena riflessione sulla previdenza complementare ma anche di portare a un aumento delle uscite dal lavoro delle persone che hanno i requisiti per la pensione'.

''Il governo ci chiami, faccia una proposta chiara e la Cisl si comportera' in modo responsabile come ha sempre fatto. Ma il punto di partenza deve essere lo sviluppo, non un approccio isterico al tema delle pensioni''. Questo, invece, il commento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonnanni, in un'intervista a 'Il Messaggero'. ''Pare che l'unico problema del nostro Paese sia quello delle pensioni - continua Bonanni -. Questo accanimento, oltre a spaventare le persone, ci distrae dalla vera questione. Che e' un'altra, come far ripartire la crescita''. Il leader della Cisl, comunque, nota ''con piacere che qualcuno inizia ad affrontare temi veri, come la rivalutazione delle pensioni e l'elenco dei lavori usuranti. Poi bisogna parlare dello scalone, ma lasciando libertà alla gente''.

''Bisogna abolire lo scalone proponendo una soluzione per chi ha iniziato a lavorare da giovane e ha maturato tra i 35 e i 40 anni di contribuzione prima di raggiungere i 60 anni di eta'. Soprattutto e' assurdo intervenire sui coefficienti per ridurre le pensioni che matureranno col contributivo''. E' quanto dichiara Gian Paolo Patta, sottosegretario al ministero della Salute. ''Con la revisione dei coefficienti di trasformazione dal 2030 l'assegno oscillera', per i 60enni con contributi versati per 35 anni, tra il 45 e il 52% della retribuzione se lavoratore dipendente e addirittura tra il 28 e il 32% se autonomo. Negli anni successivi la situazione peggiorera'. E' nota infatti la riduzione della spesa pensionistica rispetto a quella attuale e avremo un problema sociale gigantesco con milioni di persone che matureranno pensioni al di sotto di quella sociale''. ''Per l'abolizione dello scalone -continua Patta- per chi ha iniziato a lavorare da giovane si potrebbe proporre il 'sistema delle quote' che tengano conto in maniera equilibrata sia dell'eta' anagrafica che di quella contributiva. Ad esempio, la quota 92, derivante dalla somma dei due fattori, consentirebbe di operare in modo armonico per stabilire la data del pensionamento senza ulteriori svantaggi per chi ha iniziato il lavoro anche prima dei 18 anni. Invece di perder tempo -conclude Patta- bisogna concentrarsi su soluzioni adeguate ad affrontare la fosca prospettiva della previdenza soprattutto per i lavoratori autonomi''.

Dalla Confindustria, ovviamente, indicazioni opposte."Prodi sbaglia quando pensa di avere cinque anni di tempo per prendere tutte le decisioni necessarie a cambiare l'Italia. No, i tempi non sono quelli. Le decisioni importanti vanno prese adesso". Lo afferma il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, in un' intervista a Repubblica. Il vicepresidente degli industriali ritiene inutile il vertice governativo di Caserta. "Non ci sono idee nuove, né i tempi certi entro cui assumere determinati provvedimenti - afferma - mi aspettavo più coraggio sulle liberalizzazioni e sulle riforme a cominciare da quella sulle pensioni. Invece nulla. Se noi scegliamo di galleggiare - dice Bombassei - gli altri cominceranno a correre".

 

(www.rassegna.it, 15 gennaio 2007)