CI SIAMO IMBATTUTI IN QUESTO ARTICOLO...

CI DOMANDIAMO COME MAI LA ASL RME NON CONTROLLA NE' LE QUALIFICHE IMPIEGATE NEI SERVIZI PSICHIATRICI NE' LA REGOLARITA' DEI RAPPORTI DI LAVORO DELLE COOPERATIVE APPALTATRICI...

DA http://bellaciao.org/it/spip.php?article20888 e  "Liberazione" del 5 settembre 2008


Non pagati, isolati e minacciati: «Siamo carne da macello»

di Maurizio Mequio

«Non siamo solo operatori sociali, siamo esseri umani», questo il primo intervento all’assemblea plenaria del terzo settore, svoltasi mercoledì sera a Roma, presso il Csoa ex Snia. «Dalle proteste di luglio a oggi la situazione è stata solo tamponata, i problemi restano».

Marco, 45 anni, lavora per una coop di Roma Nord. Svolge servizio in un centro diurno per pazienti psichiatrici della Asl RmE: «Sono laureato in filosofia. Lavoravo alla Pirelli, poi mi sono ritrovato senza nulla e ho seguito un amico. L’unica cosa che mi spaventa è il futuro. Inesistente». Non ha mai firmato un contratto: «Sono inquadrato come collaboratore occasionale. Ovvero non sono inquadrato per niente. Ferie non pagate, contributi che non mi risultano, ma anche l’impossibilità di ammalarmi, perché rischierei una sostituzione. Potrei essere fatto fuori da un momento all’altro. Quando iniziai mi dissero che il contratto scadeva a luglio, poi di volta in volta si sarebbe ragionato sul da farsi.

Ogni anno il primo agosto mi rapiscono le ansie. La cooperativa non mi avverte e io continuo a lavorare nella tensione, finché non scopro che qualcuno mi ha accreditato lo stipendio». Mille e cento euro al mese per 38 ore settimanali, 400 se ne vanno per una stanza e 200 di benzina: «Oramai ho deciso con la mia compagna di non avere figli, cosa gli potrei dare?». Vite sospese e lotte interrotte: «Anche io vengo dalla fabbrica», afferma un suo collega. «Era diverso. Qui la situazione è di completo isolamento. Protestare significa perdere il posto. Occupare è interrompere servizi importanti e fare il male dei nostri assistiti». Gli operatori sociali nella sola provincia di Roma sono oltre 20mila. «Se ci fermassimo noi, si paralizzerebbe la città. Addio scuole, addio assistenza agli anziani, ai rom, ai disabili e agli animali. Forse la Be Free, una cooperativa, entrerà anche al Cpt di Ponte Galeria», afferma un lavoratore della Aspic.

Un operatore del canile comunale: «Sai chi è il mio vero datore? Un associazione di volontariato. Faccio orari impossibili, spalo feci per 550 euro al mese». Stipendi bloccati da tempo, questa la triste realtà incarnata dalla Obbiettivo 2000. Roberto racconta: «A luglio il Cda ha tentato di licenziare 42 operai su 70, le nostre proteste hanno portato a un cambio di amministrazione, ci hanno pagato ad agosto il mese di aprile. Ma gli stipendi hanno ancora 4 mesi di ritardo». Sulle assistenze domiciliari: «Con contratto di quarto livello prendiamo 6 euro, 6 euro e mezzo all’ora. Usiamo i mezzi pubblici e il tempo degli spostamenti da una casa all’altra ovviamente non è calcolato come prestazione. Siamo vittime di reperibilità selvaggia e non possiamo nemmeno utilizzare le nostre auto per fare delle uscite con i disabili». Il mobbing è routine, lo denuncia un educatore del VI municipio: «Nelle scuole mi intrattengono oltre l’orario, quando a me non è permesso fare straordinari.

Mi obbligano a fare cose che non mi spettano e la cooperativa mi risponde: "O lo fai o ci mando un altro. Impegnati, che se no perdiamo il prossimo appalto". Diciamo la verità: le cooperative grandi sono mafiose. Riducono i costi del lavoro e i diritti dei lavoratori pur di aggiudicarsi le gare». Un suo collega di Roma 81 sintetizza: «Siamo carne da macello». Un’operatrice dell’Eur, pagata 5 euro e mezzo l’ora, spiega: «Le scuole risparmiano sugli insegnanti di sostegno, poi chiedono di aumentarci le ore. Chi ci rimette sono i bambini. Lo scorso anno non hanno fatto andare in prima una splendida creatura, già in grado di leggere. Così la direttrice non ha perso un insegnante, nel frattempo ridotta a mezza giornata, e in più si è tenuta l’operatrice che gli controlla la classe».

Un dipendente della 29 Giugno spara forte: «Da noi lavorano soprattutto ex detenuti, in altre gli immigrati. Siamo stati scelti perché soggetti predisposti, secondo loro, allo sfruttamento. Fu così che abbiamo denunciato i nostri datori di lavoro. Questi signori si erano accordati per gestire i campi nomadi attrezzati di Castel Romano, sulla Pontina, di cui, guarda il caso, loro erano i proprietari dei terreni». Al termine dell’assemblea è stata lanciata una raccolta firme per una delibera di iniziativa popolare: «La richiesta di internalizzazione dei lavoratori dei servizi sociali». Roberto Martelli dell’Usi Ait afferma «Non c’è alternativa. Nel 2000 era stata approvata un’altra delibera che chiedeva che tutti i lavoratori fossero inquadrati con il contratto nazionale. Dopo 8 anni è rimasta inapplicata.

Inoltre, per i pochi "fortunati", il 31 luglio dopo ben 31 mesi di calvario è stato rinnovato il Ccnl, ma, sorpresa, a un tasso pari al 2,8 % per l’anno in corso, quando oramai l’inflazione reale viaggia al 4%». Sulle proteste estive, Fontana di Trevi compresa: «Non c’è stato solo un problema del comune con l’Ici, o di chi sa cosa a livello nazionale: si stava cercando di capire quali cooperative sono in grado di reggere certi urti e quali no. Al contempo avanza uno strano piano di selezione per la qualità dei servizi. La destra ha urgenza di introdurre i suoi valori nel sociale».


Di : Maurizio Mequio
sabato 6 Settembre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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