DAL BLOG DI GRILLO 7 novembre 2007
La legge Maroni, o legge 30,
doveva essere subito abolita da questo Governo. Nel programma dell'Unione la
legge Maroni è citata 28 volte ai fini di emendarla o abolirla.
L'Unione si era impegnata a cambiarla radicalmente con i suoi elettori.
Non ha mantenuto le promesse. Ora anche gli organismi internazionali
cominciano a chiederci perchè stiamo trasformando gli italiani in Schiavi
Moderni. La
ILO, Agenzia delle Nazioni Unite per i Diritti del Lavoro ha
convocato Damiano. Il ministro ha preferito non farsi
impallinare e ha mandato la sua direttrice generale che ha dato la colpa al
precedente Governo.
Il professor Mauro Gallegati mi ha inviato una lettera
sull'argomento.
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"Con il pretesto della flessibilità per modernizzare il mercato del lavoro, la
legge 30 ha creato una situazione di precarietà preoccupante. Per le statistiche
ufficiali, i contratti a termine sono diventati quasi l'unico
modo che hanno i giovani di trovare un impiego ma poi è raro che questi si
traducano in lavori stabili, con un rapporto di 1 a 25. Stanno
aumentando le distorsioni del mercato del lavoro, specialmente
nel Sud del Paese dove la diminuzione del tasso di occupazione ha raggiunto
livelli allarmanti".
Non sono le considerazioni note della sinistra radicale o dei metalmeccanici
Fiom, critici sul Protocollo del governo perché conserva gran parte della legge
30, ma le osservazioni della Commissione di esperti dell'International Labour
Organisation, ILO, Agenzia delle Nazioni Unite per i diritti del lavoro.
È passata inosservata la notizia che il nostro Governo, tramite il ministro
Damiano, è stato convocato in un'audizione
speciale nel corso della 96° Conferenza internazionale del lavoro, a giugno a
Ginevra, per discutere della situazione in Italia e degli effetti della
legge 30, che ha suscitato non poche perplessità nella comunità
internazionale. L'ILO ha un ruolo normativo e di controllo
sull'applicazione delle norme internazionali, oltre che di sostegno ai governi
nel perseguimento del "Lavoro dignitoso" contro la deregolamentazione
dell'occupazione e la negazione dell'intervento pubblico di protezione sociale.
Dai verbali dell'audizione italiana emerge con chiarezza "l'incompatibilità"
delle riforme del governo Berlusconi rispetto alla Convenzione 122
sulle politiche del lavoro. La Convenzione, ratificata dall'Italia nel 1971,
impone agli Stati membri l'adozione di "programmi diretti a realizzare un
impiego pieno, produttivo e liberamente scelto"
e in generale "l'elevazione dei livelli di vita, attraverso la lotta alla
disoccupazione e la garanzia di un salario idoneo".
Per la Commissione composta da 20 giuslavoristi di tutto il mondo, "l'unico fine
perseguito dal vecchio governo è la liberalizzazione del mercato del lavoro
secondo un modello di contrattazione sempre più individualizzata, a discapito di
politiche territoriali di sviluppo nell'industria e nella ricerca, fondamentali
per assicurare competitività nei settori innovativi, anziché cercare di
competere con le economie emergenti sul costo del lavoro". La Commissione ha
chiesto di rispettare la Convenzione 122 con "un ritorno alla centralità
del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come forma tipica di
occupazione", attraverso una concertazione che vada a beneficio dei lavoratori,
in termini di condizioni salariali e di vita, e non solo delle imprese.
All'audizione dell'Ilo non ha partecipato il ministro Damiano,
seppure convocato formalmente, ma Lea Battistoni, che al
ministero è direttore generale del mercato del Lavoro. Dopo avere premesso che
il nuovo esecutivo è in carica da troppo poco tempo per mostrare già i risultati
delle proprie politiche, Battistoni ha rassicurato la Commissione spiegando che
le richieste dei sindacati erano state prese in considerazione e che non
c'è motivo di preoccuparsi per il mancato rispetto delle convenzioni
internazionali da parte dell'Italia: "Questa discussione - ha detto - sembra
appartenere al passato, a un altro governo".(tratta da Il Manifesto del 16
ottobre 2007, a firma Vittorio Longhi).
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