PINCIO: Contro il “parcheggio della vergogna”

Comunicato del 23 agosto 2008

Negli ultimi giorni il dilemma “sventrare o no il Pincio” si è infervorato, sia per la rinnovata campagna di chi sostiene la salvezza di tale villa storica, sia per i severi moniti che vengono inviati al Sindaco dal quotidiano “conservatore” della Capitale. La questione più importante verte sui macroscopici importi delle penali che il Comune dovrebbe pagare in caso di rescissione del contratto.

Inutile ribadire motivazioni contro il parcheggio, che ormai sono scontate e che partono dall’evidenza che il progetto “non doveva neanche essere pensato” in un luogo simbolo già protetto dai vincoli paesistici e come villa storica, prima ancora di avere la certezza dei reperti archeologici, che comunque la Soprintendenza stessa ammette essere già noti. Tanto più: se erano noti, come si è potuto andare avanti?

Schierandoci contro l’attuazione di un crimine culturale come quello dello sventramento del Pincio, ci limitiamo a queste osservazioni:

1) si sta cercando di trasformare in politica una questione che è puramente economica, non per l’utilità del parcheggio che è dimostrata nulla, ma per l’investimento finanziario che produce.

Il progetto di svuotare la collina del Pincio e di inserirvi un fabbricato in cemento armato di sette piani è stato proposto, sostenuto e approvato da esponenti della passata amministrazione comunale (Veltroni, Morassut, Di Francia, Lobefaro, Di Carlo, Panecaldo, Testa…), votato in Consiglio con i 35 voti dell’allora maggioranza a favore; contrari i 15 dell’allora minoranza, oggi al potere. Ora si corre il rischio che gli oppositori di allora siano i favorevoli di oggi, il che non deporrebbe in favore della loro coerenza.

2) l’influenza di chi è “fortemente” interessato alla realizzazione del parcheggio si fa sentire con articoli pesanti dal carattere quasi intimidatorio: veemente invocazione al Primo Cittadino (“Adesso occorre agire da sindaco e decidere da buon amministratore”), ricordandogli la situazione finanziaria comunale che certamente gli era sfuggita (“Tenendo presente che con le casse vuote…”), paventando penali terrorizzanti (“…dieci milioni di euri non possono essere buttati via…”), irridendo alle invocazioni del mondo della cultura internazionale (“…per un capriccio estetico di parte.”), ingiungendo all’intimidito neosindaco la decisione da prendere (“E per questo, il parcheggio si farà.”). Articoli che si ripetono ogni giorno con maggior foga, istigando alla realizzazione di “grandi opere” nel centro storico, che ne prevedono la cementificazione.

3) le argomentazioni degli oppositori vengono definite “capriccio estetico di parte”. Cioè le tesi di Italia Nostra, del Gruppo dei Romanisti, dei Comitati e delle Associazioni culturali e ambientali, degli architetti, urbanisti, storici, archeologi, letterati di tutto il mondo che hanno firmato l’appello in difesa del Pincio, sarebbero “un capriccio” e “interessate” . A che cosa, a quali prebende, a quali mance, a quali traffici, a quali tangenti?

4) gli interventi di Morassut possono anche essere giustificati dal fatto che si tratta di una sua creatura (Veltroni che ne fu l’artefice però tace prudentemente). Quello che non è ammissibile è l’intervento del sottosegretario ai Beni Culturali, Giro. Incoerente dal punto di vista politico, incongruente da quello istituzionale. Come può un delegato alla conservazione dei beni culturali, eletto da cittadini che hanno bocciato le precedenti gestioni e voluto un cambio di registro sia in Parlamento che in Comune, avallare uno scempio del genere? Come si può pensare che chi passeggi sulla terrazza del Pincio, invece di riflettere su quanta storia sta calpestando, invece di rivivere l’atmosfera di Lucullo, di Bonaparte, di D’Annunzio, invece di sentire l’eco dei concerti di Vessella, invece di respirare l’aria dei pini di Roma, cammini sopra un contenitore di gipponi dei commercianti del Centro e aspiri gas di scarico dagli sfiatatoi? Il viceministro Giro, dimostrando una sensibilità elefantina, ha assimilato gli interventi del Valadier sul Pincio ai lavori previsti dal progetto parcheggio. Ma Valadier ha realizzato un’opera monumentale sugli orti dei frati e le casupole del Borghetto, creando uno splendido parco aperto a tutti, non un parcheggio per pochi che deturperebbe per sempre il Pincio.

5) non si può credere che il contenzioso del Comune di Roma, sicuramente mastodontico, non possa sobbarcarsi una ulteriore causa civile in caso di rescissione del contratto. Anche se non sarà attuabile l’ipotesi di chiedere il risarcimento dei danni ai promotori del progetto (e Veltroni ha già prudentemente detto che lui non è responsabile), si potrà sempre far appello all’art. 21 L. 7-8-1990 n. 241 che prevede il versamento alla ditta del solo “danno emergente”, come ampiamente evidenziato dall’Ufficio Legale di Italia Nostra. In ogni caso, la salvezza del Pincio non può esser quantificata in qualche milione di euri. Sarebbe una vergogna per Roma, per la sua storia, per la sua amministrazione, per la sua cultura. Sempre che ci sia ancora una cultura.

6) da membri del Gruppo dei Romanisti, non possiamo che concludere: “ma questa gente riuscirà mai a rendersi conto di quanto male fa, di quanto dolore dà a noi Romani?”

Sandro Bari

Francesca Di Castro

Gruppo dei Romanisti

Comitato per il Tevere

Associazione culturale Roma Tiberina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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