http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=400               - 23/09/2008

Lehman Brothers/ Sospetti sui mld mossi prima del tracollo

Lo riporta il Wall Street Journal, citato dall’agenzia Apcom, rilevando i dubbi di legittimità che queste gigantesche operazioni sollevano tra clienti, creditori e dipendenti di Lehman
Il crac di Lehman Brothers continua a far parlare di sé. A finire sotto i riflettori, stavolta le operazioni effettuate dalla banca poco prima dell'annuncio del dissesto. E tra le potenziali vittime illustri c'è anche la Banca centrale europea. Nelle ore immediatamente precedenti alla richiesta per il «Chapter 11» (la procedura che consente a una società statunitense in dissesto di congelare le iniziative dei singoli creditori e proseguire le sue attività sotto una stretta supervisione dei tribunali), Lehman avrebbe infatti spostato miliardi di dollari tra le sue varie divisioni internazionali. Lo riporta il Wall Street Journal, citato dall'agenzia Apcom, rilevando i dubbi di legittimità che queste gigantesche operazioni sollevano tra clienti, creditori e dipendenti di Lehman.
Non solo: tra le varie iniziative disperate che la banca d'affari ha effettuato per procurarsi fondi, vi è anche stato il ricorso a finanziamenti della Bce mediante la sua divisione tedesca, la Lehman Brothers Bankhaus. Prestiti che una banca commerciale puó ottenere solo fornendo a garanzia vari tipi di asset..
Nel weekend, inoltre, nelle strade del polo finanziario asiatico di Hong Kong si sono riversate centinaia di persone che avevano investito nella banca d'affari americana, per sensibilizzare le autorità e ottenere un intervento. In gran Bretagna, infine, il premier Gordon Brown ha affermato di esser impegnato in prima persona per cercare di far rientrare fondi che sarebbero stati deviati dalla divisione britannica di Lehman.
Intanto secondo il Financial Times sarebbero quasi a conclusione la trattative per la cessione di due divisioni europee di Lehman, quella su trading nell'azionario e quella sui finanziamenti alle imprese. Trattative che avrebbero coinvolto la banca inglese Barclays e la mega finanziaria giapponese Nomura.
Un altro giallo è rappresentato dalle modalità Lehman ha trasferito la cifra astronomica di 8 miliardi di dollari in attività dalle sedi europee a quelle statunitensi. Mentre la holding statunitense, in bancarotta, chiedeva la protezione dai creditori. Venerdì scorso, infatti, i dirigenti londinesi della banca d'affari si sono accorti con sorpresa che alcuni miliardi di dollari che avrebbero dovuto essere depositati presso i loro conti erano spariti. La PricewaterhouseCoopers, garante delle attività londinesi di Lehman, ha chiesto la restituzione dei soldi dagli Usa. Gli fa eco Brown: «Abbiamo chiesto - spiega - e stiamo lavorando con le autorità Usa per avere indietro quelle somme, per pagare gli stipendi».

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LA TRUFFA DEI PRODOTTI DERIVATI E LE CONNIVENZE DEI GOVERNI
In questi giorni molti lavoratori e lavoratrici si stanno chiedendo cosa stia succedendo nell'economia mondiale. Lo scenario a cui stiamo assistendo è il seguente: alcune grandi banche hanno fallito, altre si accingono a portare i libri in tribunale, talune vengono salvate o tramite l'incorporazione in altri istituti o attraverso l'intervento delle banche centrali e dei governi nazionali. In quest'ultimo caso possiamo parlare di vere e proprie nazionalizzazioni. Il fallimento della Lehman Brothers e la nazionalizzazione delle due grandi agenzie Fannie Mae e Freddie Mac che gestivano oltre il 50% del mercato dei mutui USA segnano simbolicamente la fine di un modello di sviluppo. La prima era passata indenne alla crisi del '29 mentre le altre due vennero costituite dopo la grande depressione per risollevare le sorti del mercato immobiliare. Per avere un quadro più esauriente della situazione è il caso di menzionare l'incorporazione della Bear Stearns da parte della JP Morgan con l'apporto di due miliardi di dollari da parte della Federal Reserve (Banca centrale americana) e della Merrill Lynch da parte della Bank of America, il recentissimo salvataggio del più grande istituto assicurativo del mondo l'Aig da parte della Federal Reserve e del Tesoro americano nonché il crollo in borsa della Morgan Stanley e della Goldman Sachs. La lista potrebbe continuare e sicuramente nei prossimi giorni assisteremo ad ulteriori sconvolgimenti del panorama finanziario e non solo.
Aldilà delle specifiche attività che caratterizzano i singoli istituti esiste un terreno comune: i prodotti derivati. Fannie Mae e Freddie Mac acquistano i mutui concessi dalle varie istituzioni finanziarie subentrando nei crediti vantati da quest'ultime nei confronti dei privati cittadini. Ovviamente il prezzo dei crediti rilevati è inferiore al loro valore nominale. A questo punto i crediti vengono trasformati in obbligazioni strutturate (prodotti derivati chiamati cdo) e vendute sul mercato a fondi pensioni, istituti di credito etc.. A sua volta gli acquirenti si rivolgono alle assicurazioni come Aig per premunirsi dal rischio di fallimento delle società che hanno emesso le obbligazioni ed ottengono altra carta straccia ossia prodotti derivati denominati cds. Ma Aig a questo punto se qualcuno fallisce dove li prende i fondi per pagare? Semplice emette altre obbligazioni. In buona sostanza a fronte di 1 euro di metallo ne girano 10 di carta straccia e ciò consente di fare utili da capogiro a tutti i commensali, sino a che il meccanismo non si inceppa e ci si rende conto che ci troviamo ne più ne meno che di fronte ad una catena di Sant'Antonio semplicemente più sofisticata, a scala planetaria e per importi pari a circa 15 volte il PIL di tutto il mondo. Per intenderci, la catena sta continuando, gli 85 miliardi di dollari dati dalla banca centrale americana (le cui casse ormai sono quasi vuote) altro non sono che un prestito fatto dal Tesoro americano, che ha preso possesso dell'80% delle azioni della società, a fronte del quale dovrà emettere nuove obbligazioni!!!! Fannie e Freddie gestiscono 5.200 miliardi di dollari pari ad un terzo del PIL americano, dunque i duecento miliardi di dollari iniettati dalla Fed rischiano solo di essere l'antipasto di un banchetto i cui costi saranno scaricati sulle spalle delle classi lavoratrici del pianeta (è evidente che l'acquisizione dei pacchetti di carta straccia è avvenuta da parte di tutti i paesi del mondo). Dunque siamo tutti sulla stessa barca? No in questi anni queste due società hanno usufruito di straordinarie agevolazioni fiscali pari agli utili realizzati che sono stati intascati dagli azionisti (parliamo di circa 240 miliardi di dollari), gli stessi che oggi scaricano sul bilancio pubblico americano il conto delle loro ruberie.
E' ovvio che per arrivare ad una simile follia occorreva che tutti lavorassero nella stessa direzione: governi e mondo della finanza in tutta la sua più ampia accezione. Infatti la Banca centrale americana, mentre si distribuivano mutui a pioggia ed il prezzo degli immobili raggiungeva quotazioni fuori dalla realtà, anzichè frenare procedeva ad una riduzione continua dei tassi d'interesse portandoli sino all'1%, per paura che il mercato dei mutui e degli immobili subissero una contrazione ed il gioco venisse scoperto. La politica dello struzzo lungi dal risolvere il problema lo ha ingigantito e spostandolo soltanto temporalmente.
Ma se il problema è solo americano, come asseriscono alcuni, perché crollano in borsa anche le banche europee? La risposta è semplice le interconnessioni tra la finanza americana ed europea sono molto più ramificate e complesse di quanto non si dica e le banche europee hanno acquistato grandi quantità di prodotti derivati.
Un ragionamento a parte meritano i fondi pensioni. Sia il Fonchim (chimici) che il Cometa (metalmeccanici) hanno in portafoglio obbligazioni Lehman Brothers per importi pari rispettivamente a 3.650.000 euro e 3.850.000. Se è vero che l'incidenza sul patrimonio è ancora bassa (0,2%-0,1%), è evidente che di fronte ad ulteriori fallimenti tale percentuale aumenterà con effetti nefasti sulle pensioni future dei lavoratori, che, dopo aver assistito al massacro della previdenza pubblica orchestrata dai vari governi succedutisi, oggi rischiano anche la previdenza integrativa. In buona sostanza non esiste più alcuna certezza per il posto di lavoro e per la pensione.
Ma una volta svelata la tecnica con il quale si sta compiendo la più grande truffa della storia ai danni del mondo del lavoro dipendente, nella sola Manhattan sono stati licenziati più di 100.000 lavoratori e lavoratrici bancari, non abbiamo ancora capito le ragioni profonde per cui siamo arrivati a questo punto e soprattutto perché l'economia è dominata dalla finanza. Seppur le dinamiche esposte sono complesse le ragioni sono molto semplici. Gli azionisti investono i propri capitali esclusivamente seguendo un principio: la massima valorizzazione del capitale. Normalmente, salvo casi di monopolio in settori come cardini come l'energia dove infatti i profitti sono superiori alla media, quando un settore merceologico realizza alti profitti i capitali si spostano immediatamente sino a che l'offerta diviene eccessiva rispetto alla domanda, i prezzi diminuiscono ed il livello dei profitti si adegua a quello degli altri settori di merci o servizi. Quando l'economia reale non riesce più a valorizzare i capitali in quanto i consumi scendono e la concorrenza internazionale è sempre più estesa ed agguerrita la finanza diviene una sorta di paradiso. Ma c'è un'altra particolarità nella finanza. Il meccanismo di livellamento dei profitti non funziona per una ragione molto semplice, la possibilità di vendita di prodotti finanziari è pressochè illimitata. Non esiste nessuna merce che ha un fatturato pari a 15 volte il PIL del mondo come nel caso dei soli prodotti derivati. Se a questo aggiungete governi e banche centrali ubbidienti pronti a fare politiche monetarie e fiscali che amplificano i profitti il gioco e fatto.
E' importante a questo punto comprendere quale debba essere l'atteggiamento dei lavoratori di fronte ad un evento di tale portata che avrà sicuramente ripercussioni pesantissime anche nell'economia reale. Dopo la crisi del '29 il PIL americano crollo del 30%. La gravità di questa crisi, per la portata delle masse monetarie in oggetto, per l'interconnessione di tutte l'economie del mondo, la Cina è il primo paese esposto con gli USA, e soprattutto per i legami indissolubili tra finanza ed economia reale alimentati dalla normativa emanata negli ultimi venti anni, sarà sicuramente maggiore di quella del '29. A cui segui la seconda guerra mondiale per una nuova spartizione del pianeta. I lavoratori e le lavoratrici debbono separare il proprio destino da quello degli attuali padroni del mondo, che con la loro avidità hanno compiuto la più grande rapina della storia dell'umanità (altro che tangentopoli) ed oggi vogliono far pagare a noi il conto.
Dobbiamo riprendere a lottare per una pensione pubblica e rimandare al mittente la legge del TFR nei fondi pensioni, dobbiamo chiedere intransigentemente l'aumento dei salari oltre l'inflazione e respingere senza esitazioni qualsiasi controriforma dei contratti nazionali che peggiori ulteriormente il nostro potere di acquisto, dobbiamo lottare affinchè si proceda alla nazionalizzazione di tutti i settori strategici del paese per ridurre l'impatto occupazionale derivante dalla crisi, nessun regalo di Alitalia a coloro che si presentano come i salvatori della patria dopo lo scempio che gli stessi hanno compiuto in Telecom dilapidandola, frazionandola e lasciandola con ben 43 miliardi di euro di debiti, occorre lavorare seriamente alla formazione di un vero sindacato internazionale che abbia la capacità di contrastare a livello globale l'azione nefasta delle banche centrali e dei governi liberisti che ci hanno portato a questa drammatica situazione, e per ultimo e non certo in ordine di importanza dobbiamo contrastare senza tregua qualsiasi spinta guerrafondaia tesa ad una nuova spartizione del pianeta.
Daniele Canti - Direttivo Nazionale Fisac-CGIL
http://www.rete28aprile.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=1940&mode=thread&order=0&thold=0

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La crisi si abbatte sul no-profit: negli Usa già si pensa al marketing - 23/09/2008

Le attività delle associazioni senza scopo di lucro, infatti, dipendono in larga parte cui dalle raccolte fondi di beneficenza, nell’ambito delle quali le grandi aziende e i banchieri giocano un ruolo fondamentale

 
La crisi finanziaria non risparmia neppure il no-profit. Le attività delle associazioni senza scopo di lucro, infatti, dipendono in larga parte cui dalle raccolte fondi di beneficenza, nell'ambito delle quali le grandi aziende e i banchieri giocano un ruolo fondamentale. Alla Convention House New York, la principale agenzie americana che si occupa di supporto per adolescenti in difficoltà - spiega l'agenzia Ansa - c'è preoccupazione e si cercano possibili alternative all'atteso profondo calo delle entrate, quali ad esempio una politica di marketing più aggressiva.
«Le cose sono drasticamente cambiate nell'ultima settimana o due - spiega il direttore esecutivo di City Harvest, altra associazione senza scopo di lucro -. Meno dollari affluiranno nelle nostre casse e potrebbe esserci bisogno di rivedere l'organizzazione del sistema, con fusioni e acquisizioni». Nel 2007 le donazioni negli Usa sono salite, tenendo conto dell'inflazione, dell'1%: complessivamente il mercato statunitense delle donazioni è pari a circa 300 miliardi di dollari.

 

 

 

 

 

 

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