28.11.07 – Camera dei deputati – Disegno di legge sul Welfare

Dichiarazioni di voto di Rifondazione, Sinistra democratica, Pdci e Verdi

 

 

 

FRANCESCO GIORDANO (Rifondazione comunista - Sinistra europea) - Signor Presidente, voteremo a favore della fiducia solo per non far «scattare» la mannaia dello «scalone» Maroni, che impone a molte lavoratrici e a molti lavoratori un salto brusco di tre anni nell'attesa della pensione. Voteremo, dunque, per un vincolo sociale. Altri hanno giocato sulla pelle dei lavoratori con i loro intrighi di palazzo e di potere. Noi siamo anche moralmente diversi da loro! Non votiamo per un vincolo politico: quel vincolo si è dissolto da quando il Governo ha scelto di seguire poteri esterni alla sua maggioranza, fino a creare un'imbarazzante quanto inaudita messa in mora del Parlamento. Perché questa fiducia? Siamo stati e siamo critici in merito alla proposta di riforma dello «scalone», perché alla fine è stata accettata la filosofia della destra sull'aumento dell'età pensionabile. Siamo stati ancora più critici sul tema della precarietà. Eppure, signor Presidente, abbiamo rispettato il responso del referendum e, con responsabilità, abbiamo lavorato per migliorare quel testo su entrambi i fronti. Vi è stato un voto comune unitario di tutta la coalizione. Avete cambiato il testo in cui si tutti riconoscevano con un gesto autoritario, figlio di una cultura neocorporativa. Lei pensa che saranno contenti quei lavoratori che hanno votato «sì» al referendum, pensando di essere compresi, facendo tre turni, tra i lavoratori usuranti, mentre scopriranno di essere stati beffati? Chi manda a spiegarglielo in un ospedale, in una fonderia o alla Mirafiori? Ci va lei, Ministro Damiano? Ci va il senatore Dini? Pagherei il biglietto per assistere! La verità è che lì non vi sarà il pubblico di Ballarò ad applaudire! Chi manda a spiegare alle ragazze e ai ragazzi che, durante la campagna elettorale, hanno investito con tanto entusiasmo su un'alternativa al modello di precarietà di Berlusconi, che non c'è praticamente limite ai contratti a termine e che, tra un contratto a termine, un contratto interinale e altre «diavolerie», essi possono trascorrere tutta la vita senza essere mai stati stabilizzati? Glielo spiega Bombassei? Luca Cordero di Montezemolo? Signor Presidente, lei forse ha equivocato le nostre parole, quando abbiamo affermato che il presidente di Confindustria guadagna almeno quanto mille dei suoi dipendenti: non volevamo certo affermare che il suo voto vale più di quello di tutti i lavoratori italiani! La malattia di questo Governo non risiede solo nella risicatezza dei numeri al Senato, ma in una perdita di autonomia verso Confindustria: lo si è visto a proposito del cuneo fiscale, dell'IRAP, dell'IRES e, oggi, della precarietà. Non siete liberi: quando la politica non è libera, è una politica morta. Dove sono in quest'Aula tutti coloro che, quando difendevamo gli interessi previdenziali dei lavoratori, ci dicevano che le priorità erano i giovani? Il Partito Democratico ha qualcosa da affermare in proposito e sul futuro dei giovani? Non vi dice nulla quanto sta succedendo in Francia? È coerenza quella delle forze sindacali che oggi chiedono l'accettazione integrale del Protocollo e domani sono pronte a negoziare proprio su quel testo? Il modello di sviluppo che propone Confindustria porta questo Paese in un vicolo cieco: bassi salari, bassi livelli formativi, precarietà generalizzata. Inseguire loro nella contrazione del costo del lavoro e nella competitività di prezzo ci consegna una marginalità e non crea un'alternativa economica di qualità e di valorizzazione ambientale, mortificando risorse intellettuali e condannando i giovani a una precarietà esistenziale. Presidente Prodi, non si occupi di Rifondazione Comunista e della sua unità: su questo tema ha già avuto modo di sbagliarsi nel passato. Si occupi del fatto che, negli ultimi cinque anni, i lavoratori dipendenti hanno perso ogni anno 1.900 euro, in media, del loro potere di acquisto. Si occupi dei sette milioni di lavoratori sotto i mille euro, la maggior parte precari. Si occupi dei centomila giovani che, ogni anno, migrano dal sud ai tanti nord del Paese, in situazioni di totale precarietà e di insicurezza nelle loro prospettive: altro che retorica sulla famiglia! Faccia rinvenire un po' di risorse finanziarie con il recupero del fiscal drag e, a proposito di tasse, detassi gli aumenti contrattuali, così da facilitare lo sblocco dei contratti nazionali, che proprio Confindustria si ostina a non chiudere. Nel Paese vi è una crisi sociale che non vedete, per inseguire le giravolte dei voltagabbana di turno. Così non si può andare avanti. Vi chiediamo formalmente tutti quanti, tutta la sinistra, per gennaio, una verifica politico-programmatica. Il programma con cui ci siamo presentati alle elezioni non esiste più: è pura archeologia industriale. Il 20 ottobre un milione di giovani e di lavoratori vi hanno chiesto di cambiare, con uno spirito unitario e una passione straordinaria: quel popolo e quei giovani non si meritano ciò che accade. Da quella verifica impegnativa dipenderà la nostra collocazione politica: non illudetevi, al primo posto di tale verifica vi è proprio il tema della lotta alla precarietà, vi sono le questioni dirimenti della pace e della guerra, il tema del disarmo, la formazione, la ricerca, l'alternativa ambientale, i diritti civili - che, in virtù di veti di settori della coalizione, sono passati nel dimenticatoio - i diritti dei migranti, quelli della democrazia e, in particolar modo, della democrazia parlamentare, che oggi subisce uno smacco bruciante. Ella lo ha sentito: lo chiede tutta la sinistra, un terzo della sua coalizione. Si è definitivamente chiusa una fase. Bisogna cambiare, cambiare l'agenda e le priorità del lavoro e del Governo. È l'ultima, e neanche certa, possibilità per ricostruire un rapporto con quella parte del Paese che non ce la fa più. Basta uscire fuori da questo palazzo o da quello qui a fianco per capire che il problema non è la tensione tra diplomazie della politica (sarebbe ben poca e misera cosa); è un problema di rapporto con una parte significativa e dolente della società, quella che non riuscite a vedere: i precari, la condizione operaia e tanta parte del lavoro dipendente. Noi non sprecheremo più un'occasione, cercate di non sprecarla voi, perché questa è proprio l'ultima

 

TITTI DI SALVO (Sinistra democratica per il Socialismo europeo) - Signor Presidente, la ringrazio per l'opportunità rara che viene concessa a Sinistra Democratica di far conoscere la propria opinione al Paese, visto che siamo cancellati sistematicamente da tutti i telegiornali con un'accuratezza, da questo punto di vista, che non può essere casuale, così come ufficialmente ha riconosciuto l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non più di una decina di giorni fa. Vengo al punto. Sinistra Democratica esprimerà il proprio voto favorevole alla richiesta di fiducia. Lo faremo senza concedere sconti e, dunque, senza chiudere gli occhi di fronte a ciò che rappresenta la richiesta del Governo di porre la fiducia su un testo diverso da quello che è stato votato dalla Commissione parlamentare. Su tale testo Sinistra Democratica ha espresso subito le proprie valutazioni, mettendo in luce i miglioramenti, ma non nascondendo i peggioramenti che erano stati fatti. Il ripristino del lavoro a chiamata, parziale certo, ma in quei settori in cui il lavoro a chiamata si usa, con il paradosso per cui, mentre si ritorna indietro non rispetto a tutti i miglioramenti, ma sicuramente rispetto a quelli più significativi, tuttavia si conservano i peggioramenti. È un paradosso che francamente non si spiega, se non alla luce di poteri, pesi e metri di misura diversi all'interno della stessa maggioranza. Il Governo aveva di fronte due strade dopo l'accordo con le forze sociali ed il voto che più di cinque milioni di persone, donne e uomini, lavoratori e pensionati, hanno espresso su tale Accordo. Aveva due strade di fronte: indicare quel testo come l'equilibrio non modificabile o consegnarlo al Parlamento attraverso il disegno di legge. Ha scelto la seconda strada. Giusto, bene, siamo d'accordo! Ma proprio per tale motivo la scelta di porre la questione di fiducia in ordine ad un testo diverso apre un evidente problema nel rapporto tra il Governo e il Parlamento. Siccome di ciò si tratta, è francamente artificiosa ed anche, per così dire, insopportabile (vorrei dire priva di senso) una rappresentazione del conflitto tra parti sociali e Parlamento, come se fosse possibile in democrazia contrapporre la concertazione - che è una delle forme della democrazia partecipata, in Europa sanzionata e prevista anche nei Trattati - al Parlamento. Mi fa specie, lo dico veramente, che a richiamare il rispetto degli accordi e della concertazione sia Confindustria, che molto ha ricevuto da questo Governo, sia nella legge finanziaria precedente, sia in quella attuale (mi pare che si stia andando in tale direzione). Mi fa specie che sia Confindustria a richiamare o a sanzionare, in caso contrario, la morte della concertazione, una Confindustria che, a fasi alterne, ha apprezzato la concertazione o l'ha rifiutata a seconda del momento. Si è aperto, dunque, un problema serio, al netto delle dinamiche che si sono sviluppate nella maggioranza che - anch'esse - devono essere affrontate a viso aperto, nominandole: esse si chiamano Senato e ricevibilità di poteri di veto e di inibizione anche, per l'appunto, del Parlamento. Nonostante ciò, voteremo a favore della fiducia con una motivazione precisa: vogliamo impedire che entri in vigore il 1o gennaio 2008 la punizione che Maroni aveva inflitto agli italiani, condannandoli ad andare in pensione con tre anni di ritardo. Vogliamo affermarlo a viso aperto. Riteniamo, infatti, che i contenuti del disegno di legge in esame costituiscano un passo in avanti, così come hanno riconosciuto quei cinque milioni e più di persone che sono andate a votare in gran parte a favore di quell'accordo. Ma che vuol dire passo in avanti, per non nascondersi dietro le parole? Significa che, intanto, il primo problema che il Governo si è trovato di fronte quando si è insediato è stato rimediare ai guasti prodotti dalle leggi di cinque anni del Governo precedente sul lavoro e sulle pensioni. Per quanto riguarda la previdenza ciò è avvenuto ricostruendo quel patto tra ragazzi e ragazze, madri e padri, generazioni intere, donne e uomini che era stato rotto per evitare pensioni da fame in futuro per quei giovani che, senza un intervento, in virtù del metodo contributivo, non avranno futuro, né una pensione dignitosa. Il disegno di legge contiene scelte che, in questo senso, costituiscono un passo in avanti: ammortizzatori sociali, lotta al lavoro nero, disabilità, promozione del lavoro delle donne, part-time, contratti di inserimento, amianto e anche qualcosa sui contratti a termine. Ma con la stessa franchezza e sempre a viso aperto, occorre chiedersi: quel passo in avanti è sufficiente? È sufficiente rispetto ai bisogni del Paese? È sufficiente rispetto alle aspettative delle persone? Non lo è. Onestamente, lo sa tutta la maggioranza che non lo è. Infatti, la precarietà sociale del lavoro rimane la cifra di questo Paese, il suo problema e il suo limite allo sviluppo. La terza domanda è: tale passo in avanti è distante dal programma di Governo? Poco? Tanto? Ci si avvicina? La risposta è che è distante. A queste ultime domande la maggioranza è tenuta a fornire una risposta a gennaio, cioè domani mattina. A gennaio è doveroso che tutti ci assumiamo le nostre responsabilità, naturalmente di fronte ai cittadini e alle cittadine che ci hanno votato, al Paese e, reciprocamente, di fronte a tutti noi. Occorre rimettere in fila le priorità, scegliere, restituire profilo alla missione di questo Governo, verificare nella maggioranza se esistano le condizioni per rinnovare un patto di solidarietà (ma non autoreferenziale) intorno alle scelte, alle priorità che devono essere nominate e definite. Infatti, senza una missione, questo Governo e questa maggioranza hanno esaurito la loro funzione e, se ci guardassimo tutti negli occhi, sapremmo che è così. Anche in questo caso bisogna chiamare le cose con il loro nome: quali priorità? Pensiamo che lo sviluppo del Paese significhi qualità, ricerca, innovazione, scuola, formazione e sviluppo sostenibile. La qualità del lavoro vuol dire redistribuzione di risorse e ricchezza verso i salari, le retribuzioni. Ciò significa ridare fiato ed essere orgogliosi della nostra cultura politica, quella per cui più diritti significano più sviluppo, respingendo una tesi, una teoria, una cultura, che non ci appartiene, secondo la quale meno diritti vuol dire più crescita. Ma quando mai? Questa tesi è sconfitta dalla storia, perché reintrodurla? Occorre orgogliosamente ridare fiato alla nostra cultura politica. Più diritti, significa più sviluppo, più coesione sociale significa un Paese migliore per tutti. Per questo, è necessario un impegno senza quartiere contro la precarietà del lavoro. Tuttavia, voglio esporre un terzo punto delle nostre priorità: restituire riconoscimento e valore al lavoro sociale delle donne, alla loro funzione sociale, ai loro diritti e alla loro libertà. Come fa un Paese che è all'ottantaquattresimo posto nelle graduatorie internazionali? È imbarazzante o meno? Nella scala delle priorità, questo punto deve essere in cima. Inoltre, ciò significa grandi riforme per restituire credibilità alla politica. Vuol dire legge elettorale, per restituire ai cittadini la possibilità di scegliere le persone, ma anche le alleanze e il diritto di avere le proprie idee rappresentate in un Parlamento fatto di donne e uomini. Ma ciò significa anche conflitto di interessi, che è una grande questione democratica. Il gruppo Sinistra democratica chiede in questa sede che riprenda il percorso parlamentare della legge sul conflitto di interessi. Lo chiediamo formalmente e ufficialmente. Dunque, il nostro voto favorevole sulla fiducia non è formale, è accompagnato da un giudizio sulle leggi che stiamo votando, ma anche da una richiesta sobria (per questo non meno determinata e ferma) di un nuovo slancio del Governo e della maggioranza. Veniva detto dal collega Villetti che è necessario un «nuovo passo». Molti parlano di «nuovo passo», ma dipende verso quale direzione. Per questo ho voluto dire qual è la direzione che intendiamo.
Questa è la responsabilità che
la Sinistra democratica si assume. Confidiamo in ciò, assieme a tutta la sinistra, per il bene dell'Italia, che ha bisogno di una forte sinistra unita, anche per il bene del Paese

 

OLIVIERO DILIBERTO (Comunisti italiani) - Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo non sfugga a nessuno che oggi si produce uno strappo molto serio dentro la maggioranza. È evidente che siamo ad un cambio di fase e ad uno snodo della legislatura: proverò a riassumerlo in modo semplice, al di là del politichese che non capisce nessuna persona normale. Il Governo ha stipulato il 23 luglio un accordo con le parti sociali. Questo accordo - è ovvio - vincola chi lo ha sottoscritto e non altri, perché il Parlamento è o dovrebbe essere l'unico depositario, nel nostro ordinamento, del potere legislativo. È stato ricordato anche nel corso di questo dibattito che quell'accordo è stato poi sottoposto a consultazione tra i lavoratori: questi ultimi lo hanno a maggioranza approvato. Ma questo lo rende immodificabile? Credo di no. Infatti, provate a chiedere ai lavoratori che hanno votato «sì» e ai tanti che hanno votato «no», com'è ovvio, se comunque vorrebbero che l'accordo fosse migliorato: credo che la totalità risponderebbe di sì, che può essere migliorato. È quello che abbiamo provato a fare, tutta la maggioranza, non solo i comunisti, col lavoro della Commissione, qui alla Camera. Noi Comunisti Italiani giudicavamo e continuiamo a giudicare sbagliato quell'accordo, che aumenta nei fatti l'età pensionabile; ma nonostante questo giudizio abbiamo accettato, per lealtà nei confronti della maggioranza e del Governo, di cimentarci in una logica emendativa, migliorativa di un testo che non ci piaceva. E così sono stati approvati emendamenti correttivi, che impedivano che il precariato potesse essere reiterato senza termine finale, praticamente per sempre e, inoltre, si è lavorato per consentire ai «lavoratori usuranti» - cosa di elementare equità sociale - di andare in pensione prima degli altri, allargando appunto la platea di tali lavoratori. C'eravamo occupati, dunque, di due cose serie e ragionevoli: l'una, il precariato, piaga sociale che colpisce ormai quasi tutti i giovani, e non solo i giovani purtroppo, e che consegna all'insicurezza e alla ricattabilità milioni di persone; e poi i lavori che fanno invecchiare prima, perché l'età anagrafica non è la medesima per andare in pensione se hai fatto il professore universitario o se hai fatto l'edile. Provateci voi a salire in cima ad un'impalcatura di un cantiere a 62 anni! Si tratta di elementari correttivi di buonsenso. A questo punto è insorta Confindustria; e questo è sì deprecabile, ma anche comprensibile: verrebbe da dire «scene di lotta di classe». Se la Lega protesta vuol dire che ho ragione, va benissimo. Stavo dicendo, scene di lotta di classe; peraltro, da parte di Confindustria che ha avuto un mucchio di regali da questo Governo. Ma al contempo, due senatori guidati dal presidente Dini hanno posto un vero e proprio ricatto al Governo: o si tolgono quelle modifiche, o noi non votiamo. È un fatto enorme, perché le modifiche della Camera erano state approvate da tutta la maggioranza, tutti insieme, da tutto il centrosinistra; e tuttavia, due senatori tengono in scacco il Governo e l'intero Parlamento. Il Governo, tuttavia, ha compiuto una scelta altrettanto grave, cioè ha scelto di subire questo ricatto, ha ceduto ai poteri forti e a due senatori. Da questo momento si apre dunque una fase nuova, perché avete permesso a Dini di ricattarvi, gli avete consegnato un potere di interdizione permanente, per l'oggi e per il domani. La maggioranza è in balia di due senatori: accontentare due - questo avete scelto - contro tutta la sinistra, due contro centocinquanta parlamentari, che sino ad oggi hanno svolto con lealtà, con serietà e con coerenza un lavoro ingrato di tenuta di questa maggioranza. Tutto ciò è evidentemente per noi inaccettabile, e credo che vada gridato al Paese intero: ecco chi ricatta, ecco chi mette in discussione il Governo, certo non la sinistra. Vi siete assunti una responsabilità, e noi Comunisti Italiani (e immagino, spero anche altre componenti della sinistra) dovremo trarne tutte le conseguenze. Ripeto: si apre, e non per scelta nostra, una fase nuova e ricca di incognite. Noi lavoreremo come sempre per il bene del centrosinistra e per il bene del Governo, ma è il Governo che temo abbia scelto di non fare il proprio bene. La delusione, Ministro Chiti, è grande. Se il Parlamento è tenuto sotto ricatto da Dini e da un altro senatore, cosa dovrebbe fare la sinistra? Smettere di svolgere il proprio ruolo? Evidentemente no; anzi, il nostro ruolo sarà molto ma molto più incisivo, su ogni provvedimento, su ogni decreto-legge, su ogni atto del Governo. Cambia tutto. Avete rotto un patto tra noi, consapevolmente. Avete confidato nella nostra lealtà, che manifesteremo anche oggi, votando la fiducia: perché noi siamo persone serie, e noi rispettiamo i patti. Signor Presidente, la ringrazio ma ripeto, ancora una volta, che quando la destra protesta vuol dire che siamo nel giusto. Colleghi del Governo, pensate davvero, offendendo la sensibilità di milioni di donne e uomini di sinistra, di precari e di lavoratori, di aver fatto un buon servizio al Paese e a voi stessi? Io non credo. Noi non abbandoneremo la nostra lealtà. Ma c'è una novità: ve la dovrete guadagnare. Valuteremo di volta in volta i provvedimenti: che ci dimostrino - non a parole - che questo Governo ha a cuore la sorte dei più deboli. I più deboli: utilizzo volutamente questa espressione. I deboli non hanno giornali che possano attaccarvi; i ricchi e i potenti sì, ne hanno. Ma se continuerete a cedere ai ricatti dei ricchi e dei potenti, mi permetto di ricordarvi - poiché forse lo avete dimenticato - che i deboli non hanno giornali, ma votano. Oggi avete deciso di scrivere una brutta pagina per la nostra maggioranza: subendo il ricatto di Dini, avete lacerato la maggioranza. E lacerando la maggioranza vi esponete ad un rischio, perché Dini, proprio colui che avete accontentato, ha già dichiarato che vuole superare il quadro politico. Bell'affare. Noi non ci stiamo. Non ci stiamo ed opereremo giorno dopo giorno, da ora, per restituire dignità all'intero centrosinistra

 

TOMMASO PELLEGRINO (Verdi) - Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci troviamo ad esprimere un voto di fiducia al Governo su un provvedimento particolarmente atteso da milioni di cittadini. Su tale provvedimento si è svolto un lavoro intenso, frutto di un confronto e di una discussione particolarmente viva anche all'interno della nostra maggioranza. Prendiamo atto dello sforzo compiuto in particolare dal Presidente Prodi per cercare un giusto equilibrio ma certamente non può e non deve essere mai dimenticato il ruolo del Parlamento. Non posso non ricordare l'enorme e difficile lavoro svolto dalla XI Commissione che è stata capace di confrontarsi sul Protocollo del welfare e di portare a termine un lavoro che andava sicuramente verso un miglioramento del Protocollo stesso. Noi Verdi riteniamo certamente un importante risultato quello dell'abolizione dello scalone; impegno assunto dal centrosinistra all'inizio della legislatura. L'altro impegno che abbiamo assunto, in particolare con milioni di giovani, è rappresentato dalla lotta al precariato. Nei cinque anni di Governo di centrodestra tante e troppe sono state le forme di lavoro precario proliferate con diverse tipologie contrattuali che non solo non fornivano alcuna certezza per il futuro di moltissimi giovani italiani, ma che spesso ne mortificavano anche la dignità, non prevedendo alcuna forma di diritto come quello alla maternità, alle ferie, alla malattia, alla pensione. Se a tutto ciò aggiungiamo l'esistenza di salari estremamente bassi, ci rendiamo conto di come le condizioni di lavoro in Italia siano diventate una mortificazione per tanti cittadini che, dopo numerosi sacrifici, si sono ritrovati senza alcun tipo di riconoscimento. Non è questo il Paese che vogliamo. Noi Verdi riteniamo che fornire stabilità e certezze deve essere una priorità e un dovere morale prima che politico. Il nostro obiettivo è far diventare i contratti a tempo indeterminato una regola e non certo un'eccezione come è stato per troppo tempo. Sono 5 milioni i cittadini italiani che non possono programmare il proprio futuro perché con dei salari bassissimi non hanno neppure le certezze per il presente. È singolare che si parli di valori e di famiglia con una situazione lavorativa che, di fatto, impedisce a milioni di giovani di creare i presupposti per essere autonomi e per costruirsi una propria famiglia. Bisogna mettere in atto tutte quelle azioni concrete che contrastano in modo chiaro ed univoco tutte le forme di lavoro atipiche e precarie. Non possiamo più consentire che tantissimi giovani siano costretti a guardare fuori dall'Italia o fuori dalla regione di appartenenza per poter avere qualche certezza per il proprio futuro. Questo è ciò che chiediamo nel voto di fiducia al Governo e per noi questo provvedimento rappresenta solo il primo e l'iniziale passo per l'eliminazione del precariato in Italia. Certamente tanti e troppi sono ancora i settori dove tantissimi giovani non hanno ancora alcuna certezza per le proprie condizioni di lavoro. Penso a tutto il comparto della sanità dove, dopo numerosi sacrifici, tanti giovani sono costretti letteralmente ad arrangiarsi con una serie di contratti atipici. Penso ai tanti settori dell'ambiente che, negli ultimi anni, hanno avuto un'enorme sviluppo economico producendo, però, tante forme di lavoro atipico. Penso all'età media dei ricercatori italiani, la più alta d'Europa, e all'università italiana dove da anni non vengono assunte nuove energie e risorse umane, e penso altresì a tutti quei giovani con il lavoro a chiamata. Nel lavoro che noi Verdi abbiamo svolto, soprattutto insieme alla sinistra di questo ramo del Parlamento, sia nell'XI Commissione sia presso tutti i tavoli di confronto sui temi del lavoro, abbiamo cercato di rendere effettive e concrete alcune norme dirette alla stabilizzazione, ed è proprio su questo aspetto che chiediamo al Governo di compiere un deciso e notevole ulteriore sforzo, già da adesso, ovverosia dalla prossima legge finanziaria. Il nostro auspicio è che l'autonomia del Parlamento non debba mai essere messa in discussione. Nelle dichiarazioni delle ultime ore qualche autorevole esponente politico ha parlato di sconfitta della sinistra. Il superamento dello scalone, l'abrogazione del lavoro a chiamata, l'abrogazione dello staff leasing, l'introduzione di una serie di regole nel mondo del lavoro, il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali per milioni di lavoratori, il riconoscimento dei lavori usuranti, il contrasto al lavoro nero, la parità di trattamento tra donne e uomini nel mondo del lavoro, la possibilità di essere stabilizzati anche dopo trentasei mesi di lavoro non continuativi, i contributi per i giovani disoccupati, le agevolazioni per il riscatto della laurea, la facilitazione d'inserimento nel mondo del lavoro per tanti portatori di handicap, le facilitazioni per l'accesso al credito, la copertura previdenziale per i periodi di passaggio tra un contratto e l'altro, sono tutte misure che certamente non rappresentano una sconfitta per la sinistra, senatore Dini, bensì una prima iniziale speranza per milioni di giovani. Il gruppo dei Verdi voterà la fiducia al Governo; infatti siamo stati sempre responsabili e leali nei confronti della coalizione e continueremo ad esserlo, e proprio per questo riteniamo inaccettabili i ricatti di una parte centrista della coalizione che ha messo più volte in difficoltà la maggioranza. Siamo favorevoli ad una verifica per rilanciare il programma della coalizione, partendo proprio dal precariato e dai giovani. Ci fa piacere ricordare che in una coalizione serve una vera collegialità e non si può pensare di procedere solo con le imposizioni di una parte della maggioranza, soltanto perché essa sfrutta le condizioni nelle quali si trova la maggioranza al Senato. Per governare in modo stabile un Paese vi è bisogno della partecipazione di tutte le componenti politiche e, per quanto ci riguarda, il punto d'incontro deve consistere sempre e solo nel far prevalere l'interesse dei cittadini e non l'interesse e la tutela di parte, come tante e troppe volte siamo stati abituati a vedere nel nostro Paese. Proprio perché noi Verdi crediamo anche nella capacità di questo Governo di aumentare le garanzie per i giovani, di incrementare e potenziare le misure contro il precariato, e soprattutto di essere capace, a questo punto, di aprire una nuova fase che rilanci l'attuale coalizione di centrosinistra, intendiamo dunque esprimere il nostro voto di fiducia al Governo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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