DA IL MANIFESTO 5 APRILE 2008
Le coop si rivelano sempre di
più un meccanismo di sfruttamento del lavoro, tanto che i 250 mila
lavoratori della cooperazione sociale ieri sono scesi in piazza per chiedere
il rinnovo del contratto scaduto nel 2005, meno precarietà e regole più
trasparenti. E' il loro primo sciopero nazionale, alla manifestazione di
Roma sono intervenuti in 25 mila. Legacoop, Confcooperative e Agci sono così
chiamate a riconoscere gli arretrati richiesti da Cgil, Cisl e Uil, e ad
erogare un aumento di 110 euro (per il sesto livello, da riparametrare).
Gli addetti lavorano in appalto per gli enti pubblici, in maggioranza per
Comuni e Asl, hanno il delicatissimo ruolo di dover fornire il welfare ai
cittadini: l'assistenza ai disabili, agli anziani, agli ammalati, ai
tossicodipendenti o agli immigrati con difficoltà, nelle scuole, ma spesso
sono addirittura infermieri o ricoprono delicati ruoli negli ospedali (che
in realtà non dovrebbero essere mai esternalizzati). Ebbene, a fronte di
funzioni così importanti, sono tra i lavoratori meno pagati in Italia:
quando hanno un contratto subordinato guadagnano tra gli 800 e i 900 euro
mensili per 38 ore settimanali di lavoro; ma poi ci sono tanti cocoprò, che
stanno sui 500-600 mensili.
Certo, in molti casi la colpa dello sfruttamento non è da imputare
direttamente alle coop, ma al sistema generale degli appalti, che vede tanti
committenti della pubblica amministrazione bandire gare al massimo ribasso;
ma dall'altro lato, associazioni così potenti come quelle cooperative
(rosse, bianche, etc.), invece di far partecipare i loro associati,
potrebbero fare pressione sui politici per chiudere con questo sistema così
perverso.
Vogliamo fare qualche esempio? A Roma tanti regolamenti interni delle coop
impongono ai soci (spesso iscritti coattamente) di votare regolamenti con
cui rinunciano al pagamento dei primi 3 giorni di malattia. Altri
regolamenti dispongono deroghe ai minimi contrattuali, o a importanti parti
normative del contratto. Il sindacato, quando individua le deroghe
peggiorative, interviene con cause o vertenze. Ma poi ci sono altri tipi di
«furbetti»: anche quando gli enti pubblici, facendo il loro dovere,
riconoscono tariffe che coprono i minimi contrattuali, poi le cooperative
fanno «la cresta» applicando contratti cocoprò, e tagliando così i costi del
lavoro di almeno il 30-40%.
Il Comune di Roma applica un «sistema di accreditamento», che concede gli
appalti solo a chi applica i contratti nazionali: regola ottima, anche se in
diversi casi è aggirata. Più negligente la Regione Lazio, che non ha
regolamenti simili e appalta soprattutto nella sanità (vedi il Policlinico
di Roma, con delicate funzioni sanitarie affidate a coop esterne). Federico
Bozzanca, segretario Fp Cgil Lazio, spiega che «tra Roma e Lazio lavorano 30
mila operatori: i problemi riguardano diversi regolamenti interni, che
derogano le tutele, e soprattutto la precarietà di tanti operatori». Per
Rossana Dettori, segretaria nazionale Fp, «il sistema delle cooperative deve
comprendere la gravità della situazione e l'insostenibilità di una
condizione lavorativa ormai non più degna di un paese civile».
DA LIBERAZIONE 05/04/2008
Adesione più alta del previsto. In piazza anche i precari del pubblico impiego Coop, grande sciopero
Beatrice Macchia
«Ci volevano intimorire. Molti presidenti di
cooperative hanno fatto pressione per non farci venire a Roma. Ma noi siamo
stanchi dei ricatti e siamo venuti lo stesso. Siamo lavoratori come tutti gli
altri e quindi esigiamo i nostri diritti». Così dal palco e in piazza i
lavoratori e le lavoratrici delle cooperative sociali hanno spiegato la loro
motivazione per la scelta di scioperare per il rinnovo del contratto nazionale
scaduto il 31 dicembre 2005. Si tratta di una novità assoluta. Uno sciopero
nazionale di tutto il settore del "privato sociale" non era mai stato
organizzato. Lo sciopero generale di ieri ha coinvolto 250mila lavoratori, con
adesioni che oscillano tra l'80 e il 100 per cento nelle varie cooperative,
anche se ci sono casi in cui non è stato possibile scioperare e casi estremi in
cui i responsabili delle cooperative hanno deciso di ricorrere alla
precettazione. E' successo per esempio in alcuni centri per disabili di Terni e
di Perugia. Alla manifestazione di Roma hanno partecipato migliaia di persone.
Secondo gli organizzatori in via dei Fori Imperiali c'erano circa 30mila
lavoratori.
I salari non arrivano spesso a mille euro al mese, non viene riconosciuta la
professionalità (che spesso è affidata ad aggiornamenti e corsi realizzati a
spese dei lavoratori stessi), non vengono riconosciuti i diritti normali ai
giorni di assenza per malattia o per maternità, gli straordinari vengono fatti,
ma pagati come se fossero ore normali (ci sono casi denunciati di lavoro il
sabato e la domenica). Il mondo del lavoro del Terzo settore e in particolare
delle cooperative sociali che sono quasi sempre legate agli appalti pubblici per
i servizi di assistenza che lo Stato o le amministrazioni pubbliche non riescono
più a gestire in proprio, è in subbuglio. «Siamo stati poco coraggiosi - ha
detto Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica della Cgil -
anche noi non immaginavamo che ci sarebbe stata una risposta così grande da
parte dei lavoratori. Non abbiamo quindi pensato a un corteo, ma oggi qui siamo
tantissimi e se il contratto non si chiuderà, la prossima volta organizzeremo la
cosa più in grande».
I sindacalisti che si sono alternati sul palco piazzato all'inizio di via dei
Fori Imperiali dalla parte di piazza Venezia hanno ribadito che le centrali
cooperative continuano a dire molte falsità. Non è vero, per esempio, che la
trattativa è saltata perché Cgil, Cisl, Uil avrebbero chiesto aumenti del 25%.
Si chiede invece un adeguamento congruo e un riavvicinamento agli stipendi delle
analoghe professionalità del pubblico e del privato. «Nel settore della
cooperazione sociale - ha detto Giovanni Pirulli (Fisascat) - ci vuole un lavoro
stabile e di qualità. Con questi salari è impossibile andare avanti. Ed è anche
importante valorizzare le professionalità che sono costruite giorno per giorno
sul campo e sull'aggiornamento continuo».
Oltre agli operatori sociali ieri hanno scioperato anche i precari della
pubblica amministrazione, chiamati in piazza dalle RdB-Cub.
In tutta Italia si sono svolte decine di iniziative contro la grave situazione
determinata delle norme "ammazzaprecari" previste dalla Finanziaria 2008, da cui
deriva il licenziamento per mancato rinnovo di migliaia di precari storici del
pubblico impiego che da anni, a copertura delle forti carenze di organico,
portano avanti servizi pubblici essenziali.