Referendum. Dopo quello di Firenze se ne preannunciano altrove: a Bologna, a Torino, forse a Parma.
Si tratta di questioni diverse, su cui comunque conviene ragionare.
A Torino si tratta di grattacieli. Il sindaco ha detto che
“non si possono mettere in discussione decisioni già prese”. Non ha tutti i
torti. Il problema è che chi ha preso le decisioni non ha verificato prima se la
scelta che stava formulando aveva davvero il consenso dei cittadini, che lo
hanno eletto e di fronte ai quali egli è responsabile. Chi governa dovrebbe aver
compreso che non esiste più quella fiducia a priori nei propri rappresentanti da
parte del popolo che c’era in altre stagioni della nostra Repubblica.
La fiducia, signori Sindaci, ormai dovete conquistarvela sul campo. Tanto più
quando può sembrare che i progetti che sostenete (per esempio, i grattacieli
torinesi) lo siano non perché corrispondono a un indiscutibile esigenza sociale,
ma perché valorizzano (economicamente) patrimoni privati. Se consulterete la
popolazione prima il processo decisionale diventerà più lungo, ma guadagnerete
dopo il tempo che impiegate prima.
Altro è il caso delle linee di trasporto pubblico. A Firenze la parte più
consistente della protesta non era contro il tram, ma era contro quel
progetto di tram. Un progetto devastante, che avrebbe potuto essere corretto
se ci fossero state due condizioni. Se l’amministrazione avesse dato segno di
voler ridiscutere le soluzioni tecniche, rendendole compatibili con le esigenze
della tutela dei monumenti, della connessione con la viabilità locale, della
compatibilità con la circolazione pedonale, e l’avesse inquadrata in una visione
complessiva del sistema della mobilità. E se non si fosse legata mani e piedi
con la formula del project financing, cioè con la delega piena e totale
al privato di un progetto concepito nell’interesse comune.
L’idea giusta di realizzare un tram per promuovere la mobilità collettiva viene
tradita se si concreta in un progetto sbagliato e dannoso per la città; l’azione
diventa controproducente rispetto al principio stesso che vuole sostenere.
FONTE http://eddyburg.it/article/articleview/10791/0/293/