Incendio al campo rom di Opera, indagato capogruppo della
Lega
Nove persone, tra cui il consigliere leghista Ettore
Fusco, sono accusate di incendio e istigazione a delinquere
Luca Fazio
Milano
Il mandante del raid squadrista contro il campo rom di Opera non veniva da
lontano, faceva (anzi fa) il capogruppo della Lega in consiglio comunale. Lo
hanno ripreso diverse telecamere mentre il 22 dicembre scorso aizzava i suoi
concittadini, e il suo accalorato intervento razzista se lo ricordano tutti.
Gridava: «Occupiamo il campo nomadi...dobbiamo andare ad occupare quell'area
in modo tale che torni nostra...Andiamo tutti e resistiamo perché così Opera
è nostra e gli interssi degli operesi non sono la solidarietà ai nomadi».
Gli operesi ascoltarono Ettore Fusco e ci provarono gusto, uscirono dal
consiglio comunale e appiccarono il fuoco, come in Alabama, alle tende della
Protezione civile che avrebbero dovuto ospitare per tre mesi un piccolo
gruppo di settanta zingari (tutti regolari), tra cui circa 30 bambini.
Quella spedizione, nemmeno troppo simbolicamente, come se sette secoli di
persecuzioni e ignominie fossero passati invano, riportò alla ribalta delle
cronache nazionali - influenzando la deriva sicuritaria del centrosinistra -
l'assioma secondo cui gli zingari non sono persone come tutti gli altri, e
quindi è legittimo cacciarli.
Ettore Fusco, concluse le indagini, in buona compagnia di altre otto persone
accusate di danneggiamento aggravato, incendio e interruzione di pubblico
servizio, è accusato di istigazione a delinquere. Tra i destinatari
dell'avviso di chiusura delle indagini, firmato dal pm Laura Barbaini, non
risulta il capogruppo di Alleanza Nazionale, Pino Pozzoli.
L'indagine era partita a marzo, e per stessa ammissione del sindaco di
Opera, Alessandro Ramazzotti, tutti sapevano che «gli indagati sono operesi,
anche se in quei giorni abbiamo visto molte facce che venivano da fuori».
Facce da naziskin. Ma al di là dell'incendio, che evidentemente è un atto
illegale (e la magistratura ci ha messo tre mesi prima di aprire
un'indagine), a Opera è successo ben altro. Gli assedianti razzisti, di
centrodestra e di centrosinistra, hanno bivaccato impuniti per settimane
davanti al campo. Insultando gli zingari, i volontari della Casa della
Carità, i bambini che alla mattina andavano a scuola. Nessuno ha saputo
impedire una mostruosità che purtroppo ha fatto scuola, in Lombardia e non
solo. Perché, alla fine, i razzisti di Opera hanno vinto la loro battaglia.
Gli zingari, ancorché protetti (a parole) dal sindaco locale, dal potente
sindaco di Milano, dall'impotente presidente della Provincia di Milano e
dall'inesistente Prefetto, se ne sono dovuti andare. «Non ce la facevamo
più, avevamo paura per i nostri bambini», raccontavano mentre facevano le
valigie. Nelle settimane successive, sono stati perseguitati anche nel campo
che la Casa della Carità ha allestito all'interno del parco Lambro. Allora,
a sfilare dando appuntamento ai cronisti locali, ci ha pensato mezzo
consiglio comunale di Milano.
Dopo il «caso» Opera la «questione» rom è diventata ingestibile, tra
sgomberi, incendi e soluzioni sempre più pasticciate. Con la sinistra che
improvvisamente si scopre «un po' razzista» e con i suoi più degni
rappresentanti che pianificano il rimpatrio degli zingari in Romania, come
se non fossero cittadini comunitari come tutti gli altri.
Il consigliere della Lega Ettore Fusco, in attesa del rinvio a giudizio per
istigazione a delinquere, è a piede libero.