DA IL MANIFESTO DEL 27 LUGLIO 2007

Incendio al campo rom di Opera, indagato capogruppo della Lega
Nove persone, tra cui il consigliere leghista Ettore Fusco, sono accusate di incendio e istigazione a delinquere
Luca Fazio
Milano


 

Il mandante del raid squadrista contro il campo rom di Opera non veniva da lontano, faceva (anzi fa) il capogruppo della Lega in consiglio comunale. Lo hanno ripreso diverse telecamere mentre il 22 dicembre scorso aizzava i suoi concittadini, e il suo accalorato intervento razzista se lo ricordano tutti. Gridava: «Occupiamo il campo nomadi...dobbiamo andare ad occupare quell'area in modo tale che torni nostra...Andiamo tutti e resistiamo perché così Opera è nostra e gli interssi degli operesi non sono la solidarietà ai nomadi». Gli operesi ascoltarono Ettore Fusco e ci provarono gusto, uscirono dal consiglio comunale e appiccarono il fuoco, come in Alabama, alle tende della Protezione civile che avrebbero dovuto ospitare per tre mesi un piccolo gruppo di settanta zingari (tutti regolari), tra cui circa 30 bambini. Quella spedizione, nemmeno troppo simbolicamente, come se sette secoli di persecuzioni e ignominie fossero passati invano, riportò alla ribalta delle cronache nazionali - influenzando la deriva sicuritaria del centrosinistra - l'assioma secondo cui gli zingari non sono persone come tutti gli altri, e quindi è legittimo cacciarli.
Ettore Fusco, concluse le indagini, in buona compagnia di altre otto persone accusate di danneggiamento aggravato, incendio e interruzione di pubblico servizio, è accusato di istigazione a delinquere. Tra i destinatari dell'avviso di chiusura delle indagini, firmato dal pm Laura Barbaini, non risulta il capogruppo di Alleanza Nazionale, Pino Pozzoli.
L'indagine era partita a marzo, e per stessa ammissione del sindaco di Opera, Alessandro Ramazzotti, tutti sapevano che «gli indagati sono operesi, anche se in quei giorni abbiamo visto molte facce che venivano da fuori». Facce da naziskin. Ma al di là dell'incendio, che evidentemente è un atto illegale (e la magistratura ci ha messo tre mesi prima di aprire un'indagine), a Opera è successo ben altro. Gli assedianti razzisti, di centrodestra e di centrosinistra, hanno bivaccato impuniti per settimane davanti al campo. Insultando gli zingari, i volontari della Casa della Carità, i bambini che alla mattina andavano a scuola. Nessuno ha saputo impedire una mostruosità che purtroppo ha fatto scuola, in Lombardia e non solo. Perché, alla fine, i razzisti di Opera hanno vinto la loro battaglia. Gli zingari, ancorché protetti (a parole) dal sindaco locale, dal potente sindaco di Milano, dall'impotente presidente della Provincia di Milano e dall'inesistente Prefetto, se ne sono dovuti andare. «Non ce la facevamo più, avevamo paura per i nostri bambini», raccontavano mentre facevano le valigie. Nelle settimane successive, sono stati perseguitati anche nel campo che la Casa della Carità ha allestito all'interno del parco Lambro. Allora, a sfilare dando appuntamento ai cronisti locali, ci ha pensato mezzo consiglio comunale di Milano.
Dopo il «caso» Opera la «questione» rom è diventata ingestibile, tra sgomberi, incendi e soluzioni sempre più pasticciate. Con la sinistra che improvvisamente si scopre «un po' razzista» e con i suoi più degni rappresentanti che pianificano il rimpatrio degli zingari in Romania, come se non fossero cittadini comunitari come tutti gli altri.
Il consigliere della Lega Ettore Fusco, in attesa del rinvio a giudizio per istigazione a delinquere, è a piede libero.