<<VOLEVAMO IL POTERE, CI DIEDERO STRAGI>>

 

12 DICEMBRE 1969, STRAGE DI PIAZZA FONTANA. Mandante: LO STATO; esecutori: I FASCISTI

 

<<Quello che hanno dimostrato i nostri compagni è che bisogna saper cominciare, muoversi con decisione e senza deleghe..... ma mettendoci d'accordo noi, alla base, con il metodo dell'Assemblea, non formale ma che esprima veramente la nostra volontà e che divenga il nostro punto di forza.." Operaio del CUB Pirelli-Bicocca 1968  

 

Il 1969 è l'anno dell'autunno caldo, la più grande offensiva operaia dell’Italia repubblicana. Ma è anche l'anno della strage di Piazza Fontana, compiuta il 12 dicembre a Milano. Una strage voluta dallo Stato ed eseguita dai fascisti per bloccare le lotte in corso, nelle fabbriche come nelle università.

A molti quei tempi sembreranno lontanissimi, ma non è così. Oggi i fascisti ritornano alla carica, aggredendo giovani attivi nelle mobilitazioni studentesche (com’è accaduto recentemente davanti al Tasso) e promuovendo cortei in cui si dichiarano contro il sistema. Quando contro il sistema non sono mai stati e in molti casi, non solo nel 1969, hanno svolto per suo conto il lavoro sporco.

Per quanto riguarda lo Stato italiano, esso continua ad usare la forza bruta ogni volta che si esprime un dissenso di massa. A Genova, nel 2001, le forze dell'ordine hanno ucciso Carlo Giuliani e torturato i manifestanti nella caserma di Bolzaneto.

E chi invece si batte per superare l'esistente? Certo, oggi siamo lontani dall'assalto al cielo tentato alla fine degli anni '60. La frammentazione del mondo del lavoro, diviso in una miriade di figure contrattuali, e soprattutto decenni di promozione di una cultura impregnata di individualismo e di competizione, hanno inciso profondamente. Però non hanno impedito l'emergere di lotte nei territori, nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro. Si tratta di momenti di conflittualità separati tra loro, che vanno anzitutto collegati, riunificati. Ora, a questo sforzo di ricomposizione delle lotte, non è estranea l'attività di ricostruzione della memoria. Dal passato, riletto senza negare le differenze con l'oggi, si possono trarre lezioni importanti, tra cui quella che solo uniti possiamo contrastare il fronte padronale e i governi di vario colore che lo assecondano. Di più, riannodare i fili della memoria ci aiuta a considerare il presente come storia, cioè come il risultato di processi che vengono da lontano e non come quella realtà eterna ed immutabile che ci viene illustrata dal frullatore mediatico. Per ribadire ancora una volta che questo stato di cose segnato dallo sfruttamento, dalla repressione del dissenso, dalla miseria culturale non è l'unico possibile, ma lo possiamo e lo dobbiamo rovesciare.