INFORTUNI SUL LAVORO E ISPEZIONI CON PREAVVISO

Tremenda la sciagura di Torino che ha reso torce umane un gruppo di operai al lavoro nel reparto tempere.

Sono perito industriale ed ho lavorato 40 anni nelle acciaierie di Cornigliano come capo reparto. Il primo giorno di lavoro avvenne nel reparto attiguo al mio, la 'fucinatura', il primo infortunio mortale: un operaio che lavorava sulla sommità di una pressa rimase tranciato a metà dal carro ponte che non era stato disattivato.
Un altro infortunio mortale vivido nel mio ricordo riguardava un elettricista che rimase fulminato dalla scarica di 12.000 volts del nastro in rame su cui scorrevano le spazzole dei carri ponte. Stava lavorandoci accanto.
Altro ancora fu un operaio delle pulizie che con la scopa andò a pulire l'interno del nastro trasportatore, e quando giunse al rullo questo se lo tirò dietro.
Potrei continuare ma bastano questi esempi per dire che gli infortuni sul lavoro molto raramente hanno radici nella fatalità. Per la maggior parte riguardano l'imprudenza e la confidenza di chi opera, e marginalmente gli impianti non in regola con le norme di sicurezza. 
Le aziende ai vertici -siccome la legge ritiene responsabile dell'infortunio mortale il direttore e vanno loro davanti al magistrato-  cercano di cautelarsi, ed hanno creato apposite divisioni che curano la 'sicurezza sul lavoro'.  Il problema sta nei capi e negli Ispettorati del lavoro. I primi dovrebbero educare ed imporre la sicurezza, i secondi farla rispettare sanzionando le aziende carenti. Tuttavia, nel tipico andazzo all'italiana, quando la sicurezza arreca difficoltà esecutive ci si arrangia aggirandola. Tanto è certo che non ci saranno ispezioni, e se ci saranno l'azienda sarà avvisata il giorno prima.  
 
pier luigi baglioni, bloggher in genova
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DAL BLOG DI PEPPE GRILLO

di disoccupata licenziata
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Io non lavoravo in una acciaieria, ma in una industria ceramica. Ci ho lavorato per 18 anni, con turni di 6 giorni su 7, 10 ore al giorno.1000 euro al mese.
Per gli infurtuni... un morto decapitato da un muletto, una ragazza con una mano distrutta dalla pistola sparacolla a caldo, un ragazzo con il cranio incastrato in un mulino di macinazione, un'uomo con mano maciullata da una pressa, poi,altri ancora, schiacciati, scivolati, intossicati dal piombo.. non li ricordo tutti. Ogni tanto veniva l'INAIL per un controllo. Il capo reparto fermava la produzione, per farci pulire, ripristinava le barriere di sicurezza (disattivate...fanno perdere tempo). Gli ispettori ci vedevano con i guanti, i tappi, le scarpe. Sorridevano e andavano via. La mafia non è solo quella della Calabria, è forte nella mia zona (comprensorio delle ceramiche sassolesi). Io ho descritto quella che era la mia realtà. Il fatto è che non gli frega niente a nessuno. Se ti fai male, per i padroni ed i sindacati, sei un coglione. Se denunci, se fai nomi, te la fanno pagare. Liberi di non credermi e liberi di farvi assumere in una bella industria ceramica. Io, che sono disoccupata, ho il terrore di tornarci. La situazione nelle fabbriche non è spaventosa solo a Torino. C'è la legge 626, ma viene applicata solo quando c'è da dare la colpa a qualche operaio infortunatosi sul posto di lavoro. Dove lavoravo, nessuno è stato mai risarcito dall'INAIL. Nemmeno mio suocero, che si è visto portare via un braccio da una cinghia, alla Ceramiche Ragno. Noi operai siamo sporchi, vestiti male, sempre pallidi e stanchi. A chi interessa un "popolo" così? A nessuno. I poveretti, morti a Torino, spero che maledicano chi li ha costretti a finire così e maledicano il nostro Paese, pieno di niente.. e quel poco è putrido.
Forse Grillo è sincero, non lo sò, lui ha il coraggio e la voglia di dire. Io non ho nè l'uno nè l'altro. Ho solo paura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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