Negli ultimi tempi abbiamo visto gruppi di
giovani violentare ragazze, picchiare i loro
compagni e poi mettere i film delle loro prodezze su Internet. Episodi
di bullismo, si dice. Ma cos’è il bullismo? I maschi hanno sempre
cercato di affermarsi sui compagni attraverso la violenza e
l’intimidazione. Sono meccanismi primordiali come l’ordine di beccata
fra gli uccelli: becca per primo il più forte, poi, via via, fino al più
debole, al più spaventato.
E fra i ragazzi si sono sempre formati
gruppi che mirano al potere, a imporsi sulla
massa degli altri. Di solito si raccolgono attorno a un capo
particolarmente intraprendente o arrogante o violento. È questo il
bullo. Il bullo è il capo di un gruppetto di ragazzi che si sentono come
dei guerrieri in una società di imbelli... Arroganti, sprezzanti,
schiavizzano i più deboli e se li trascinano dietro, mentre tutti gli
altri chinano la testa come pecore. Il bullismo è la forma primordiale
di potere. E va combattuto tenendo presente questa sua natura. È inutile
l’ammonizione, la sanzione. Il bullo se ne fa vanto. Invece sono
efficaci le misure che gli tolgono il pubblico, prima di tutto
l’espulsione.
Chi è espulso non conta più nulla,
non ha più nessuno su cui esercitare il suo fascino. Ma, dal punto di
vista sociale, espellere dei ragazzi per poi lasciarli in strada è
estremamente dannoso. Sono perciò stati molto bravi i magistrati che
hanno mandato i bulli a lavorare in un centro di assistenza ai disabili,
insegnando così loro che la società civile non consente al prepotente di
opprimere il debole, ma deve aiutarlo. Un altro metodo efficace è quello
di porre sotto sequestro i beni della famiglia, perché il bullo quasi
sempre gode della complicità dei suoi. Ma la via maestra per evitare il
bullismo è un’altra: favorire la competizione di squadra. Per troppo
tempo nelle nostre scuole ha prevalso una mentalità—di origine marxista
e cattolica — che considera la competizione un male.
Si è pensato che la violenza
scompaia livellando tutti. Ma non è così. La violenza va sublimata
creando squadre in competizione. I nostri ragazzi dovrebbero andare a
scuola tutto il giorno e, oltre a star seduti sui banchi, fare lavori,
sport, arte, musica, teatro. Ma all’interno di gruppi che si affrontano,
che competono. Così in ciascuna squadra i leader emergono in base al
loro valore, e tutti sono orgogliosi di partecipare perché si sentono
parte di un noi, in cui trovano una identità, ed esprimono se stessi.