suggerimenti pratici

http://www.asphi.it/DisabilitaOggi/CorrettoRapporto.htm

PREMESSA

Le menomazioni fisiche sono di svariata natura.

Spesso le menomazioni visibili sembrano più serie di quanto lo siano effettivamente. È quasi incredibile come, invece, si riesca ad adattarvisi: vi sono sciatori con una sola gamba, nuotatori privi degli arti inferiori, casalinghe con un solo braccio, paralitici esperti in elettronica e così via. Queste persone, con le capacità loro rimaste, sono riuscite a sviluppare nuove abilità e a compensare la perdita subita. Di contro altre menomazioni, come ad esempio quella di chi è debole di vista (ipovedente) o sordo, poiché non sono evidenti, molte volte non vengono prese in considerazione.

Il materiale che segue, è stato preparato in Svizzera da un équipe di esperti del settore dell’Educazione Speciale. Si tratta di suggerimenti utili per avvicinare, comunicare ed eventualmente aiutare una persona disabile.

Sono stati individuate cinque categorie di disabili ( disabili motori, disabili della vista, disabili dell'udito, disabili mentali/cognitivi, epilettici e autistici) con suggerimenti mirati su come rapportarsi correttamente con loro.

DISABILI MOTORI (PERSONE CON PROBLEMI AGLI ARTI)

Esiste una grande differenza tra persone paralizzate negli arti inferiori (paraplegici) e invalidi che non possono usare né gambe né braccia (tetraplegici). I primi sono pienamente efficienti nella parte superiore del corpo, mentre gli altri spesso dipendono dall'aiuto altrui in molte situazioni quotidiane (mangiare, vestirsi, azionare la carrozzella per muoversi, scrivere, ecc.). Anche nel caso di problemi che riguardano gli arti superiori, diverso è il caso di chi dispone ancora di un braccio (che può ad esempio radersi, vestirsi e perfino guidare l'automobile) rispetto a chi ne è privo. Chi invece ha menomazioni alle mani ha bisogno di essere aiutato solo in azioni particolari, ad esempio stappare una bottiglia, aprire una lattina, tagliare il pane o portare oggetti.

Le persone con difficoltà di deambulazione in genere apprezzano chi si adegua alla loro andatura, chi le protegge nella calca, le aiuta a salire le scale o a portare oggetti e chi li soccorre quando il fondo stradale è difficile, soprattutto in inverno. Uno dei loro maggiori problemi è salire o scendere dai mezzi pubblici.

Molte di queste persone possono essere a disagio per il comportamento della gente nei loro confronti. Soprattutto il disabile su sedia a rotelle può incontrare persone che gli danno del tu, battendogli familiarmente una mano sulla spalla, accarezzandolo e parlandogli come a un bambino. Altri lo ignorano completamente, intrattenendosi solo con il suo accompagnatore.

I disabili costretti ad usare le stampelle possono necessitare di aiuto per sedersi o alzarsi, nonché per superare l'ostacolo delle scale. Il solo atto di porgere la mano costituisce per molti di loro un problema. Alcuni non sanno dove appoggiare le grucce, altri non possono privarsene senza correre il rischio di perdere l'equilibrio.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI MOTORI

Parlando in particolare di persone su sedia a rotelle, ricordiamo che più si è naturali, più tutto diventa semplice. Ecco alcuni suggerimenti.

DISABILI DELLA VISTA (CIECHI E IPOVEDENTI)

La cecità è una delle menomazioni più facilmente "constatabili": basta chiudere gli occhi.

La realtà però è ben diversa. Chi vede, infatti, ricorda tutto quanto hanno captato i suoi occhi: sa come è fatto un bicchiere, come funziona un ascensore, come si compone un numero telefonico, come si usa la cucina a gas e mille altre cose ancora. In questo senso esiste anche una differenza tra chi è cieco dalla nascita e chi lo diventa in seguito a incidente o malattia. Se il secondo caso, per molti versi, è più traumatico, nel primo occorre trovare la capacità di inventarsi un mondo intero. Ignora forme e colori e deve servirsi di tutti gli altri sensi per potersi orientare nell'ambiente che lo circonda.

Ciò gli crea un sacco di problemi. Il cieco non può, per esempio, leggere in uno sguardo o interpretare un gesto. Non gli servono né i "qui" né i "là", non può scorgere né un cenno del capo né un sorriso, non vede da che parte si apre una porta. Inoltre, se il rumore della strada è assordante, ha spesso difficoltà nel districarsi in mezzo al traffico. Se accompagnato, molte volte vive nel timore di perdere la sua guida.

La presenza del bordo del marciapiede, che costituisce un ostacolo per la persona su sedia a rotelle, rappresenta invece per il cieco un valido aiuto per orientarsi. Perciò le zone pedonali livellate - che nelle città si vanno sempre più diffondendo - sono molto utili per gli invalidi in carrozzella, per i ciechi costituiscono purtroppo uno svantaggio. Chi è privo della vista ha spesso difficoltà a partecipare a colloqui, in quanto non sa a chi si deve "rivolgere". Se non conosce la ragione per cui attorno a lui si ride, diventa insicuro. In poche parole, il cieco ha sempre bisogno di spiegazioni.

Per tutti questi motivi, nei ciechi gli altri sensi si sviluppano maggiormente e meglio. Con l'andare del tempo il cieco acquista, per esempio, un'eccellente sensibilità tattile (chi però si lascia toccare volentieri?) o una particolare percezione dei rumori. Nella maggior parte dei casi riconosce la gente dalla voce. Eppure, malgrado tutte queste capacità, è errato ritenere che i ciechi possiedano una specie di sesto senso!

Molti ciechi vivono in modo autonomo o riescono a cavarsela bene con l'ausilio del bastone bianco o del cane guida. A prescindere dalla loro menomazione, i ciechi sono del tutto uguali agli altri. Poiché però di solito i loro rapporti con il mondo esterno sono in parte limitati, rischiano di sentirsi soli e abbandonati.

Per gli ipovedenti le cose vanno un po' meglio, ma la loro vita è pur sempre molto difficile. Possono, è vero, distinguere luci e ombre oppure i contorni dell'oggetto ma, ad esempio, riconoscono una scala solo dal basso verso l'alto e se devono scendere una rampa fanno fatica a trovare il primo gradino. E, poiché la loro menomazione non è così evidente, spesso non viene presa in considerazione.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI DELLA VISTA

Anche in questo caso, è essenziale la naturalezza. Per facilitare i rapporti, è inoltre importante osservare essenzialmente i punti seguenti.

DISABILI DELL'UDITO (SORDI E DEBOLI DI UDITO)

In passato i sordi erano anche muti e venivano perciò chiamati "sordomuti". Mentre la sordità è perlopiù inguaribile, attraverso una speciale rieducazione terapeutica i muti, con la lettura labiale, acquistano l'uso della parole. In tal modo da "sordomuti" diventano "sordoparlanti". A volte imparano anche le lingue straniere.

Imparare una lingua servendosi di 25 lettere mai udite è un lavoro enorme. Tuttavia con l'osservazione acuta e lunghi anni d'esercizio la maggior parte ci riesce. Il vocabolario del sordoparlante rimane comunque limitato. Conosce soprattutto espressioni concrete (come molle, duro, quadrato, rotondo), mentre spesso gli mancano quelle astratte. Incontra difficoltà quando si trova di fronte a sottigliezze linguistiche, come ad esempio "avvenente", "attraente", o "grazioso" invece di "bello". Siccome non conosce la propria voce, parla più o meno senza modulazioni e spesso in un tono insolito.  Gli manca perlopiù anche la varietà dei costrutti sintattici. Nonostante queste limitazioni, nella vita di ogni giorno è difficile distinguerlo da coloro che ci sentono: anche la sordità è una menomazione invisibile. Poiché a nessuno piace passare per minorato, il sordo cerca di nascondere più che può la propria menomazione, per esempio approvando con un cenno del capo anche se non ha compreso nulla di ciò che si è detto. Per non essere costretto a rispondere, in certi casi evita la gente, esattamente come si comportano le persone che odono nei suoi confronti, in quanto non osano parlargli.

Per questi motivi, a molti sordi viene a mancare proprio ciò di cui hanno maggiormente bisogno: il contatto umano, l'occasione di parlare e la possibilità di esprimere i propri sentimenti. Per colui che non sente, anche la lingua madre è praticamente straniera. Minori sono le occasioni di parlare, maggiore è il pericolo di perdere la parola. Quindi, se conoscete o incontrate una persona affetta da sordità, cercate di intrattenervi con lei. Al di là della loro disabilità, i sordi possono partecipare alla vita normale, esercitano le più svariate professioni e sono, soprattutto tra di loro, persone allegre e socievoli.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI DELL'UDITO

Incoraggiate chi sente poco a sfruttare ogni possibilità di aiuto disponibile (consultazione di otoiatri, applicazione di apparecchi acustici, terapie d’ascolto). Ciò gli consentirà di migliorare i contatti umani.

DISABILI MENTALI / COGNITIVI

Anche per questi disabili è necessario il contatto con le persone normodotate. Generalmente il disabile mentale facilita i rapporti: per natura non è né inibito né diffidente, ma disponibile. La sua intelligenza ridotta non deve però indurre a parlargli un linguaggio infantile, in quanto il più debole di mente capisce spesso molto più di quanto si supponga. Molti hanno inoltre una memoria particolarmente buona. Non è giusto che a un debole di mente adulto si dia del "tu" come a un bambino, anche se ha un’intelligenza a livello puerile. Ha diritto al "Lei" esattamente come qualsiasi maggiorenne normale, a meno che non si convenga di adottare reciprocamente il "tu".

Nei rapporti con il disabile mentale va considerato che non agisce con la ragione. Il suo animo è comunque aperto alla bontà e alla comprensione.

I bambini subnormali reagiscono con estrema sensibilità alle dimostrazioni d’affetto e alla lode. In seno alla propria famiglia hanno quindi la migliore possibilità di svilupparsi. Il rapporto con loro richiede spesso molta pazienza. Le cose vanno costantemente ripetute. Non si deve mai chiedere troppo in una volta bisogna procedere lentamente e gradatamente, mostrando loro come va eseguita un’azione completamente nuova. E naturalmente non si devono tralasciare controlli e lodi. Non siate parchi di complimenti: ogni buona parola infonde loro fiducia in se stessi e li incita a progredire.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI MENTALI

EPILETTICI

L’epilessia è una parola che più o meno tutti hanno sentito pronunciare, ma di cui molte persone non conoscono veramente il significato.

La prima domanda da farsi è: cos'è una crisi epilettica?
La crisi epilettica rappresenta la manifestazione tipica della malattia; è scatenata da un improvviso eccesso di attività delle cellule del cervello.  Le crisi epilettiche possono essere paragonate ad una scarica imprevista di impulsi elettrici non controllati, nel cervello o in parte di esso. La scarica inizia all’improvviso e termina più o meno rapidamente. Fra una crisi e l’altra generalmente non è presente alcun disturbo.

Perché si possa parlare di epilessia, è necessario che compaiano almeno due crisi e che la crisi si presenti nel tempo a intervalli più o meno lunghi.

Come si manifesta una crisi epilettica?
Le crisi epilettiche possono manifestarsi in tanti diversi modi, con disturbi improvvisi della coscienza, con movimenti o con sensazioni insolite, a seconda dell’area del cervello colpita. Esistono, per esempio, aree che controllano i movimenti, il ritmo del cuore e del respiro, centri nei quali si formano il linguaggio e le emozioni, altri che sono essenziali per la memoria, l’apprendimento e il pensiero.

Quando pensiamo all’epilessia, ci vengono subito in mente la perdita di coscienza, la caduta a terra e la comparsa di scosse in tutto il corpo, caratteristiche della "crisi del grande male". Tuttavia esistono tante forme della malattia, specialmente nel bambino: la conoscenza delle diverse manifestazioni è estremamente importante perché molte volte l’andamento della malattia diventa nettamente più favorevole se è identificata in tempo e opportunamente trattata.

Alcuni dati:

Grazie ai progressi terapeutici conseguiti negli ultimi anni, in oltre la metà delle persone è già possibile ottenere una remissione della malattia dopo il primo anno.

In ogni caso, tutte le persone che si ammalano di epilessia possono essere aiutate a non avere ricadute e ad affrontare i problemi della vita quotidiana; e oggi si può migliorare l’andamento della malattia, perché sta migliorando il modo di utilizzare i farmaci e di intervenire sulla persona.

In particolare, se si ha un bambino con epilessia è importante il prezioso contributo di tutta la famiglia.

Che cosa succede ad un genitore con un figlio affetto da epilessia?
A volte i genitori tendono ad essere ansiosi e "iperprotettivi" nei confronti di un figlio affetto da epilessia. Tale atteggiamento può essere dannoso per lo sviluppo del senso di autostima, può creare nel bambino eccessivi imbarazzi e paura di essere trattato in maniera diversa dai compagni per via della sua particolare condizione.

E' importante parlare apertamente con il bambino e rassicurarlo perché ciò aiuta ad accettare il proprio disturbo e a vivere serenamente come tutti gli altri bambini.

INFORMAZIONI UTILI NEL CASO DI UNA CRISI EPILETTICA

In presenza di una crisi le cose da fare sono le seguenti:

Nel corso di una crisi è consigliabile chiamare il medico soltanto quando:

 

AUTISTICI

Le persone autistiche hanno diversi comportamenti. Alcuni sono molto ripiegati su se stessi e sono quelli che hanno fatto coniare questo termine autismo. Altri hanno dei comportamenti più legati a una necessità di ripetere gesti, parole, di avere riferimenti costanti ripetitivi. Non sembrano tanto ripiegati su loro stessi quanto organizzati in una forma quasi coattiva, che non permette loro di liberarsi o di affrontare facilmente le situazioni nuove.

L’autismo ha quindi al suo interno caratteristiche differenti – per questo, alcuni studiosi preferiscono parlare di autismi - e può essere ricondotto a una difficoltà: la reciprocità. Le persone autistiche hanno delle difficoltà a stabilire delle reciprocità. È utile sapere che avere dei comportamenti chiari, dei riferimenti costanti, un quadro organizzato di tempo e spazio, aiuta la persona autistica: permette, per esempio, di stabilire delle buone relazioni. La comunicazione è una ricerca ed è facilitata se vi è chiarezza di riferimento agli oggetti, allo spazio, al tempo. È agevolata anche se il nostro stesso modo di porci nei confronti di una persona autistica è capace di superare l’impaccio e la paura, sviluppando una certa chiarezza di espressione. Se anche non è recepita immediatamente, si apre alla possibilità a che sia recepita in seguito.

Non sempre la ricezione della comunicazione è manifesta, proprio per questa difficoltà di reciprocità. E’ quindi necessario vivere una situazione con perseveranza. Nella perseveranza, la considerazione dell’altro e della sua dignità umana, dovrebbe portare ad escludere comportamenti violenti o persecutori, per scegliere invece atteggiamenti chiari e dolci, fermi e tranquilli, ripetuti e aperti al nuovo.