Il “Grande Fratello” che spiazza la Cassazione

Sulla possibilità di utilizzo investigativo di un particolare virus per “spiare” le persone, la sesta sezione penale della Cassazione lo scorso 10 marzo, con sentenza 13884, ci ha ripensato ed ha ribaltato la sentenza n. 27100 emanata il 26 maggio 2015 da un altro collegio della Corte.

Dovranno ora pronunciarsi per una posizione chiara e definitiva le sezioni unite penali della suprema Corte. L’approdo della questione agli “ermellini” è previsto per il 28 aprile prossimo. La decisione, non scontata, arriverà probabilmente nel mese di maggio o giugno.

Si chiama “intrusione informatica” e consiste nella trasmissione di un virus “Trojan horse” che si autoinstalla come un programma all’interno del Pc o dello Smartphone, attiva il microfono e la telecamera captando e catturando rumori, parole, immagini.

Si tratta di uno strumento fortemente invasivo che consente a chi lo usa di conoscere la vita intera di una persona, dove si trova e cosa sta comunicando. Consente, inoltre, di acquisire tutte le informazioni contenute in un PC o telefono cellulare connesso alla rete.

Questo tipo di intercettazioni nel campo investigativo vanno autorizzate dal Procuratore Generale della Corte di Appello con tempi e uso limitato. Il costo dell’intercettazione con trojan si aggira intorno a 200 euro al giorno.

La Corte di Cassazione si era pronunciata nel 2015 contro l’ubiquità di questo tipo di intercettazioni e, quindi, contro l’uso esteso alla privata dimora e alle “captazioni volanti” .

virus-trojan-rootkitL’inviolabilità del domicilio e in genere dei luoghi di privata dimora prevista dall’art. 14 Cost. ha imposto al legislatore di innalzare il grado di tutela di questi luoghi, prevedendo appunto l’ulteriore presupposto che vi sia un’attività criminosa in corso. E’ solo in questo caso che nel decreto del giudice acquista effettivo rilievo l’indicazione dei luoghi, dal momento che deve motivare in ordine all’attività criminosa in atto.

Nell’udienza del marzo scorso, presso la sezione della Cassazione presieduta da Domenico Carcano, l’avvocato generale Nello Rossi ha detto che l’intercettazione “tra presenti” non rientrerebbe nella categoria delle “intercettazioni ambientali”, come deciso dalla Cassazione nel 2015, non richiederebbe l’indicazione preventiva dei luoghi e quella effettuata con virus intrusivo su telefono o tablet può ben essere autorizzata, sia per la generalità dei luoghi, sia per il domicilio dei portatori dell’apparecchio.

Visto questo contrastante orientamento tra collegi giudicanti della Cassazione, la parola passerà alle sezioni unite.

Ma un interrogativo ancora più grave e inquietante rimane: l’uso di “Trojan spia” è, ad oggi, solo una facoltà della magistratura? Oppure questo strumento è già in mano a multinazionali e aziende che effettuano abusivamente intercettazioni di massa a fini commerciali e di manipolazione psicologica degli utenti per produrre, attraverso spot e logaritmi, bisogni consumistici indotti.

Secondo illazioni fantasiose che girano in rete, attraverso i microfoni di smartphone e pc le parole pronunciate nelle conversazioni finirebbero come input in remoti sistemi centrali computerizzati che sfornerebbero, in output, la personalizzazione degli spot pubblicitari.

Ma se queste fantasie fossero invece realtà quali tutele avrebbero i soggetti più fragili (bambini e adolescenti) rispetto al “Grande Fratello portatile” del Terzo Millennio?

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Blogger autodidatta, Educatore Professionale con Laurea Magistrale in Management del Servizio Sociale a Indirizzo Formativo Europeo; Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Profilo corrente: Ata nella Scuola Pubblica. Inserito nelle Graduatorie d'Istituto 3a fascia per l'insegnamento di "Filosofia e Scienze Umane"

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