…Vogliono uccidere l’educatore…

C’era una volta, alla fine del secolo scorso, un manipolo di operatori sociali che lavorava nei servizi socio educativi dopo aver seguito corsi  di formazione regionali o scuole speciali universitarie.

Si riunirono da varie parti d’Italia e, partendo da poche decine di soci, fondarono un’associazione.

Tra le loro attività iniziali, essi si diedero da fare con i sindacati e con qualche deputato di maggioranza per l’obiettivo del loro inquadramento contrattuale come educatori professionali.

Si fecero due conti in tasca e decisero che la migliore soluzione economicamente più vantaggiosa era il contratto della Sanità perché è il settore solido dove era possibile ottenere una migliore retribuzione.

Da quella decisione, si sarebbero poi aperti tutti i tavoli, con i politici e con le regioni, per mettere la professione saldamente sotto l’ombra di Medicina.

Intorno al 1999, chiuse le scuole speciali interfacoltà, come la SFEC (Scuola di Formazione Educatori di Comunità), e chiusi i corsi regionali, la preoccupazione di questo manipolo originario di educatori associati era di impedire che ai loro colleghi laureati di Scienze della Formazione e dell’Educazione fosse dato lo stesso riconoscimento e inquadramento contrattuale.

Dopo alcuni anni in cui le uniche facoltà di formazione dell’educatore sono state quelle di Scienze della Formazione e dell’Educazione, intorno al 2004, la Facoltà di Medicina di Roma Tor Vergata, che non volle fare accordi con l’Università di Roma Tre per un corso interfacoltà, fece partire il corso di Educazione Professionale impostato su discipline prevalentemente sanitarie.

Quindi tradendo completamente lo spirito della legge quadro di riforma dei servizi sociali, invece di un profilo professionale integrato come quello dell’assistente Sociale e dello Psicologo, cominciò a delinearsi una mortificante frantumazione dell’educatore, dove ebbe spazio una corsa mercantile al tesseramento associativo su due fronti: da un lato i cosiddetti “umanisti” siculi che volevano accreditarsi in maniera esclusiva sul sociale, e, dall’altra, gli educatori primordiali “paramedici” che volevano avere il monopolio dell’abilitazione professionale in tutti i settori.

Ma cos’è diventata allora la professione dell’educatore se relegata in maniera distinta a un ruolo esclusivamente sociale di accudimento dell’infanzia o di assistenza di base, e dall’altra, a una impostazione imfermieristica inclusa, magari, la somministrazione informale di pasticche notturne?

Come si può affidare un soggetto svantaggiato a figure che non hanno più una visione d’insieme socio-sanitaria degli interventi in una comunità?

Come si può non essere preoccupati di questa visione egemonica sanitaria che si è impossessata della formazione degli educatori messi nello stesso calderone dei terapisti della riabilitazione e tecnici di radiologia?

Come si può non essere preoccupati se, dall’altra parte della barricata, i cosiddetti “educatori pedagogisti “associati”, nonostante il decreto Lorenzin, cantano vittoria per aver ottenuto una insignificante fetta di mercato?

Si ha l’impressione che l’educatore professionale, quello autentico concepito alle origini come agente di cambiamento maieutico e liberatore,  stia lentamente morendo colpito negli organi vitali da baroni universitari venditori di libri,  dalla miopia di vecchi soloni e di piccole lobby corporative.

Volendo fare un volo di fantasia e di immaginazione potremmo fare un parallelismo storico  con la grande rivoluzione scientifica quando l’inquisizione censurava visioni diverse e, a volte, mandava al rogo chi osava averle: oggi è come se due congregazioni dogmatiche, una confessionale sanitarizzata e l’altra confessionale psicologizzata, stiano sentenziando il rogo per il “profilo unico dell’educatore professionale” per farne due, una sorta di “parainfermiere” e una sorta di “parapsicoconsulente”

Non resta che augurarsi per il 2018 uno scatto di orgoglio di tutti coloro, e sono tanti, che dagli anni 2000 in poi, si sono laureati formandosi in maniera multidisciplinare, attraverso esami e tirocini in ambiti plurimi, e, successivamente, attraverso il lavoro in strutture integrate dimostrando così una competenza coerente che non può essere sotterrata da leggi inique come quelle approvate nell’ultimo mese, prima della chiusura del Parlamento.

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Blogger autodidatta, Educatore Professionale con Laurea Magistrale in Management del Servizio Sociale a Indirizzo Formativo Europeo; Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Profilo corrente: Ata nella Scuola Pubblica. Inserito nelle Graduatorie d'Istituto 3a fascia per l'insegnamento di "Filosofia e Scienze Umane"

1 Commento

  1. Complimenti per la denuncia fatta nell’articolo! Spero che venga fatta chiarezza in merito!!! Ho conseguito la Laurea EPC nell’AA 2006/2007 e la Laurea Magistrale in EPCS nel 2008/2009.
    Lavoro da 18 anni in Ospedale come strumentista/infermiera! Ho provato a fare una domanda interna come educatrice, ma e’ stata rifiutata! La mia Laurea e’abilitante solo in area sociale! E’ una vera truffa da parte di Roma Tre!

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