SCIOPERO DEI SINDACATI CONFEDERALI NEL SETTORE COOPERATIVE SOCIALI

4 aprile ore 10.30 a Piazza Madonna di Loreto (p.zza Venezia)

SIAMO AD UNA VERA SVOLTA NELLA TUTELA DEI LAVORATORI ?

I maggiori sindacati CGIL CISL UIL hanno rotto le trattative con Legacoop, Confcoop e le altre centrali, indicendo, per la prima volta nella storia, uno sciopero nazionale del settore cooperative sociali il 4 aprile prossimo. Siamo a una svolta? Quale connotazione prenderà adesso quella perversa stabilità di sistema con tutti i suoi canali intercomunicanti dove funzionari di partito assumevano cariche dirigenziali all'interno delle Centrali cooperative e viceversa? E dove, addirittura, quadri di partito presiedevano associazioni nazionali del Terzo settore mentre alti dirigenti sindacali confederali venivano collocati come assessori all'interno delle giunte comunali o come dirigenti di aziende speciali comunali? Siamo dunque ad una vera svolta?
La fotografia che in tutti questi anni abbiamo scattato, come operatori sociali di cooperative aderenti a Conf e Lega, ci consente di dire che la tutela esercitata dalle Centrali cooperative (Legacoop, Confcoop...) nei confronti dei presidenti di cooperative è stata perfetta. Non a caso, esistono dirigenti in carica da quasi venti anni, segno evidente di un mancato ricambio e, probabilmente, di una scarsa crescita democratica interna dei soci lavoratori. Fin dai primi anni 90 esistevano già un gran numero di collaboratori a ritenuta di acconto, impiegati in mansioni perfettamente subordinate. E allora, ancora, non c'era l'alibi della legge 30.
La zona franca priva di regole e senza rispetto per i diritti costituzionali basilari ha sempre prevalso, ha prevalso di conseguenza, con il famoso alibi della "vision" e della "mission", la necessità di ingoiare ingiustizie nei rapporti di lavoro, licenziamenti, mobbing, la carenza di democrazia interna, l'insicurezza degli assistenti domiciliari che lavoravano con disabili fisici senza sollevatori correndo il rischio di diventare prematuramente inabili al lavoro per patologie articolari e scheletriche (come poi è successo in diverse coop). Saltuarie e discontinue sono state le iniziative sanzionatorie dell' INPS e della Guardia di finanza su evasioni contributive e fiscali.
Tra i dirigenti dei consigli di amministrazione e i prestatori d'opera, la Legacoop e la Confcoop, sin dall'inizio, hanno fatto la loro scelta coerente e pragmatica. Hanno scelto cioè di non volgere lo sguardo verso il "clima aziendale" ma verso il "vertice aziendale". I partiti hanno svolto il loro ruolo di regia unificante che smorza i conflitti secondo mediazioni e compromessi fatti al chiuso di una stanza, mentre spesso i delegati e i Rls hanno seguito il classico copione di traffichini o comparse senza voce. Gli sviluppi di questo pragmatismo lo vediamo oggi. Vediamo cosa è diventata buona parte della cooperazione sociale, il salario da fame e la sicurezza di chi lavora, gli intrecci con la politica, lo squilibrio economico tra chi amministra le cooperative e chi lavora direttamente a contatto con il disagio. Qualcosa è emerso, in qualche modo, nell'inchiesta su appalti e subappalti di "report" al Sant'Andrea, al Policlicnico, su ricapitalizzazioni imposte ai soci di certe coop, sulle scatole cinesi di cooperative di tipo B appaltatrici di servizi all'Università. Per non parlare delle inchieste giudiziarie in atto in Calabria e in Veneto.
Rimane attuale il tema della mancata valorizzazione delle professionalità interne alle cooperative. Scarse o inefficaci le iniziative parlamentari per aggiornare l'elenco dei lavori usuranti, per costruire un albo degli educatori professionali per dare certezza di diritto alla figura del socio-lavoratore e a tutti i prestatori d'opera. Mancato aggiornamento, carenza di supporti psicologici e di supervisione, mancata "formazione permanente" e stagnazione professionale dei propri lavoratori. Insomma, una vera e propria inosservanza dei principi sanciti a livello di Unione Europea per i quali la Regione Lazio, ad esempio, riceve dal Fondo Sociale comunitario circa 100 milioni di euro l'anno.
Per fortuna oggi, di queste condizioni economiche ingiuste se ne sono accorti anche i sindacati confederali, che si sono svegliati dopo decenni.
Occorre quindi partecipare in massa. Tutti noi vogliamo che le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) siano coerenti con i loro fini statutari, che applichino e rinnovino i contratti collettivi e le norme di sicurezza negli ambienti di lavoro.
Sembra paradossale che debbano essere i soci e i lavoratori, con uno sciopero e una manifestazione nazionale, a ricordare alla classe dirigente delle cooperative sociali e associazioni "onlus" che al centro della loro imprenditorialità non può esserci il danaro e il potere ma i diritti e la sicurezza delle centinaia di migliaia di operatori che, con il loro lavoro quotidiano, contribuiscono a tenere in piedi il sistema "welfare" di questo paese.

Domenico Ciardulli

ARTICOLO PUBBLICATO SU: Osservatorio sulla Legalità   Aprile       I COMMENTI

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