RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO Wed, 30 Jan 2008 16:26:25 +0100 Da:"info@acrobax.org" <info@acrobax.org>
*Il 31 gennaio
tutt@ sotto piazzale Clodio,in solidarietà agli imputati del processo per i
fatti del 6 novembre '04 *
*e conferenza stampa sulla manifestazione di Cosenza.*
ll 6 novembre del 2004, si svolse a Roma una importante giornata di
mobilitazione contro la precarietà e per il diritto a un reddito garantito.
Importante non solo per il numero delle persone, delle realtà, delle vertenze,
delle lotte che in quel corteo riuscirono a ricomporsi per reclamare i loro
diritti, ma soprattutto per aver tentato, in un momento in cui la crisi
economica, sociale e politica di questo Paese stava mostrando i suoi primi
concreti segnali, di denunciare la drammaticità delle condizioni di vita di
migliaia di
persone. Le azioni di contrattazione sociale all'ipermercato Panorama e alla
libreria Feltrinelli che centinaia di precari, migranti, senza casa, studenti,
operai misero in pratica durante quella giornata, toccarono un nervo scoperto
della nostra società: il carovita. Quel giorno, il 6 novembre 2004, si stavano
portando avanti azioni dimostrative e di denuncia sociale e politica su un
problema reale e concreto: l'iniziativa che fu svolta la mattina presso il
supermercato Panorama fu in realtà un'iniziativa ampiamente pubblicizzata,
nell'ambito della quale i manifestanti cercarono di contrattare con il direttore
del supermercato una tariffazione sociale per beni di prima necessità, il
"Paniere precario", mentre durante il corteo del pomeriggio alcuni precar@ e
studenti universitari, davanti alla libreria Feltrinelli, parlavano del bisogno
di garantire il diritto al libero accesso, indipendentemente dalle condizioni di
censo, alla cultura e a beni di primaria importanza, come possono essere appunto
libri e altri materiali utili nel processo formativo. Da quel momento in poi il
carovita, il malessere del consumatore, la "crisi della quarta settimana"
esplodevano come questioni urgenti dell'agenda politica e sociale, mentre i
media cominciarono a parlarne quotidianamente.
Ma la precarietà e il caro vita sono temi pericolosi per chi governa e
amministra questo paese, tanto da scatenare subito campagne stampa
criminalizzanti e mortificanti. Tanto da accendere subito le ire e le saette dei
tribunali che hanno trasformato, nei capi d'accusa, un'iniziativa pubblica e di
denuncia in una rapina pluriaggravata, con il chiaro intento di depoliticizzare
quelle iniziative per scopi repressivi e punitivi.
In 105 sono stati accusati di rapina per la giornata e le azioni del 6 novembre
2004. Durante le udienze preliminari, dopo che l'inchiesta a distanza di mesi
dai fatti aveva portato all'applicazione di provvedimenti di custodia cautelare,
obbligo di firma e arresti domiciliari per 15 compagn@, 66 degli indagati sono
stati assolti e 39 sono stati rinviati a giudizio. Il carico sanzionatorio che
deriverebbe da un'eventuale pronuncia di condanna per il reato di rapina
aggravata, secondo l'art. 628 del Codice Penale, è una pena che va da 4 anni e
mezzo ai 20 anni di reclusione.
Il 31 gennaio'08 inizierà il processo a quest@ compagn@, presso il Tribunale di
Roma.
Quello del 6 novembre è un processo politico. Come il processo per gli scontri
avvenuti durante le proteste contro il g8 a Genova, con le sue condanne assurde
e spropositate: 110 anni
totali per 25 persone accusate del reato inopportuno e vetusto di
devastazione e saccheggio. 25 persone che pagheranno per tutt@. Un prezzo troppo
alto solo per aver voluto esprimere le proprie idee, per aver rifiutato in massa
la logica delle "zone rosse", per aver concretizzato con determinazione
l'opposizione allo stato di cose presenti.
Come il processo di Cosenza contro la Rete del Sud Ribelle, per il quale proprio
in questi giorni durante la sua requisitoria il Pm ha richiesto pene per un
totale di 50 anni , per 13 compagn@ imputati per il reato di associazione
sovversiva, con l'accusa di "turbare l'esecuzione delle funzioni del governo
italiano, sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nel nostro
Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, alterare
l'ordinamento del mercato del lavoro" e con la finalità di distruggere le città
di Napoli e Genova durante le proteste del 2001. Un'accusa immotivata,
inaccettabile, ridicola.
Come a Genova e a Cosenza, anche nel processo per i fatti del 6 novembre alla
sbarra ci siamo tutt@. Perché sotto processo c'è la libertà di manifestare e di
esprimere il proprio dissenso. Perchè i reati contestati, ancora una volta,
negando lo spirito politico e sociale di quelle contestazioni, aprono la strada
ad un'operazione pericolosa, che vorrebbe vedere le persone supine alle scelte
di chi governa, inermi di fronte ai soprusi quotidiani, di un sistema in piena
emergenza democratica, prima ancora che economica. Perché questi sono processi
che hanno un chiaro contenuto di deterrenza, quindi sono processi
attraverso i quali si realizza un passaggio di pressione e repressione nei
confronti di settori e forze sociali che continuano a opporsi alla drammatica
realtà della precarietà e della devastazione sociale che siamo costretti a
vivere in questo paese e non solo.
Avere manifestato per i diritti che ci spettano, contro la precarietà, contro il
carovita, per l'accesso di tutt@ al bene pubblic, ci ha portato capi
d'imputazione come "rapina aggravata", "estorsione", "eversione degli organi
dello stato", "associazione sovversiva" e altre simili accuse inaccettabili e
pesantissime. Ma in questi anni sono stati migliaia i procedimenti giudiziari
nei confronti di coloro che hanno agito il conflitto sociale nelle mille forme e
con i mille contenuti che caratterizzano un movimento che mette in discussione
gli assetti
produttivi, sociali, culturali di questo paese. Il pacchetto sicurezza varato da
questo governo è quindi solo l'ultimo risultato di una deriva securitaria e
autoritaria, di una stretta repressiva in cui la "strategia della paura" diventa
lo strumento attraverso il quale, occultare volontariamente le vere insicurezze
e le vere problematiche che affliggono il corpo sociale di questo paese.
Seguendo il principio secondo cui il conflitto sociale sarebbe ormai
antistorico, i percorsi di lotta dei mille movimenti che si oppongono a questo
presente fatto di precarietà, morti sul lavoro, guerra, devastazione ambientale,
proibizionismo, dominio patriarcale, controllo, vengono derubricati a fastidiosi
problemi di ordine pubblico.
Esprimiamo solidarietà e vicinanza ai compagni e alle compagne, ai precari e
alle precarie che stanno subendo ingiustamente una gogna mediatica e giudiziaria
pesantissima, rischiando molti anni di condanna per reati che semplicemente non
hanno commesso. Ai compagn@ sotto processo a Genova, ai compagn@ imputati nel
processo di Cosenza, ai
compagn@ inquisiti per i fatti del 6 novembre '04. Noi in risposta rilanciamo
con forza le battaglie contro la precarietà del lavoro, dei diritti, della vita.
*Il 2 febbraio saremo tutt@ a Cosenza, * *a manifestare contro la
repressione,per le libertà e per la giustizia sociale.*
*Il 31 gennaio a partire dalle 9:30 saremo tutt@ a Roma sotto il Tribunale di
Piazzale Clodio *
*per una conferenza stampa sulla manifestazione di Cosenza e per dimostrare
ancora una volta che le lotte sociali non si processano, che la vera rapina è
quella che noi precari@ siamo costretti a subire ogni giorno, fatta di caro
vita, di affitti impossibili, di devastazione ambientale, di lavori precari,
insicuri e a nero, di morti sul lavoro, di mancanza di spazi sociali fuori dalle
logiche del mercato e dall' insostenibile assenza di reddito e garanzie
sociali.*
I COMPAGNI E LE COMPAGNE DI ROMA
APPROFONDIMENTI
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14 luglio 2006 LA REPUBBLICA: "CHI E' ONOREVOLE OGGI?" (LEGGI)