In merito ad articolo apparso sul “Corriere della Sera” che parla della polizia municipale, accusandola (insieme ai giovani, ai commercianti ed ai Sindaci) di essere la causa della mancanza di sicurezza urbana nelle città, con le seguenti testuali parole “...polizia locale o vigili urbani che siano. Questi rappresentano quasi sempre potenti corporazioni, adagiate­si da anni in consuetudini e pratiche di lavoro gestite di fatto da esse stesse, con numerose nicchie di privilegio, di fannullaggine e di scarsa trasparenza....”, ho ritenuto di inviare la lettera di protesta che allego di seguito, inviata a tutti i colleghi della Toscana come lettera aperta e già condivisa da molti di loro.  

Invio per l’eventuale pubblicazione sul Vostro sito.  Cordiali saluti  Sergio Bedessi

Al Direttore del “Corriere della Sera” Dott. Ferruccio De Bortoli

A “Lettere al Corriere” – “Corriere della Sera” Dott. Sergio Romano 

Egregio Direttore, Egregio Dott. Sergio Romano,

mi permetto di scriverVi perché mi ritengo offeso personalmente (e credo vi siano molti che come me provino oggi lo stesso sentimento), dalle parole usate dal Suo editorialista, il Prof. Ernesto Galli Della Loggia, che in materia di “sicurezza che non c’è” (a detta sua), nel suo articolo di oggi domenica 19 aprile 2009, accusa indiscriminatamente varie categorie: per primi i giovani, poi i commercianti, quindi i sindaci ed infine la polizia locale (municipale).

Mi spiego meglio. Mi chiamo Sergio Bedessi, sono comandante della Polizia Municipale di Cortona, e dunque sono uno di quelli che il vostro editorialista dipinge come “....un «comandan­te », facile semmai da licenziare per offrirlo in sacrificio al­l’opinione pubblica se scoppia qualche grana.”.

Sappiate che mentre leggevo l’articolo mi trovavo a mangiare velocemente un panino in un bar, alle ore 15.30, a 130 chilometri da casa mia (perché lavoro a Cortona, ma sono di Firenze) proprio per cercare di garantire, di domenica e da comandante della polizia municipale, quella sicurezza che secondo il Prof. Galli Della Loggia non c’è perché non tutelata da quei “fannulloni” (si, così testualmente ci definisce) della polizia locale, mentre il professore, probabilmente, aveva già mangiato da un bel pezzo, magari a casa propria e con la famiglia.

Ma andiamo per ordine.

Il Prof. Galli Della Loggia esordisce, nel suo editoriale, con un bel “Negli ulti­mi mesi stiamo as­sistendo a un crescendo di episodi di criminalità organizzata spesso per mano di extra­comunitari o di rumeni...”, un’antifona che non ci si aspetterebbe da chi nella prosecuzione del pezzo si atteggia a fine analista dei problemi della sicurezza: insomma, per il professore la colpa è, per antonomasia, degli extracomunitari e dei rumeni, come se gli italiani o altre etnie fossero indenni dall’organizzare marachelle.

Prosegue poi con la citazione del sociologo Marzio Barbagli che, a detta sua, avrebbe ”...sottolineato soprattut­to «l’inarrestabile cresci­ta » del numero delle rapi­ne ...”.

In pratica il Prof. Galli Della Loggia, malgrado l’articolo sia sottotitolato contraddittoriamente “Lotta alla microcriminalità”, focalizza le due cause principali della “sicurezza che non c’è” su due fattori macroscopici: immigrazione e rapine.

Poi però corregge il tiro, per andare verso il bersaglio: “...Comunque i dati ora detti sono solo la punta drammatica di un feno­meno di insicurezza assai più vasto che specialmen­te nelle aree urbane, e in particolarissimo modo nelle periferie, deriva ai cittadini .... Lascia­ti soli a cavarsela con an­goli delle strade trasfor­mati in pubblici orinatoi, marciapiedi occupati dal traffico del sesso o ridotti a stretti viottoli per la pre­senza perlopiù abusiva di tavolini di bar e ristoran­ti, con schiamazzanti mo­vide notturne, con pub e discoteche sotto le fine­stre, con piazze adibite a luogo di ritrovo per scia­mi di adolescenti motori­nizzati sgassanti ad ogni ora, con grandi arterie tra­sformate specie di notte in piste omicide per auto­mobilisti folli e spesso ubriachi o drogati e con non so quante altre piace­volezze.”

Al di là che il professore farebbe bene a seguire qualche corsettino di lingua italiana (la locuzione “motorinizzati sgassanti” farebbe inorridire i suoi autorevoli colleghi Giacomo e Giancarlo), è proprio qui che egli riesce finalmente ad individuare la “vera” causa della “sicurezza che non c’è”; il Prof. Galli Della Loggia conclude infatti che “....titolari di bar, ristoranti, pub, discote­che ... rappresenta­no lobby potenti nei confronti di qualunque amministrato­re; e dall’altro lato quella dei «giovani», protetti dal tabù che circonda ogni loro moda, svago, o comportamento col­lettivo....”.

Insomma il professore esibisce un livore per le nuove generazioni davvero esemplare per un docente universitario, ed infine, non trovando di meglio, sentenzia che “...è so­prattutto alla polizia urba­na che risale la responsa­bilità per il mancato con­trollo capillare e conti­nuo del territorio, per la mancata opera quotidia­na di prevenzione e di sanzione....”.

Poi, forse per calcare le orme di alcuni suoi illustri colleghi, quali Spinoza, Kant, Leibniz, che peraltro cercavano la “causa ultima” relativa ad argomenti ben più sostanziosi, il Prof. Galli Della Loggia individua con lapalissiana e cristallina certezza la “causa ultima della sicurezza che non c’è”: la polizia locale (municipale).

E dopo essersi sperticato in commenti acidissimi riservati ai poveri sindaci che cercano, sia pure con provvedimenti a volte non condivisibili, di far qualcosa, dichiarando che “...i propositi «rondisti» e le iniziative della Lega, per esempio dei vari Tosi a Verona o Gentilini a Treviso, in ge­nere non sono mai andati (e bisogna dire in questo caso per fortuna) oltre l’esibizione della faccia feroce nei con­fronti di vu’ cumprà e lavavetri...”, arriva al punto veramente offensivo per la categoria della polizia locale (municipale) dichiarando che la polizia locale “...o vigili urbani che siano. Questi rappresentano quasi sempre potenti corporazioni, adagiate­si da anni in consuetudini e pratiche di lavoro gestite di fatto da esse stesse, con numerose nicchie di privilegio, di fannullaggine e di scarsa trasparenza....”, e concludendo “...Meglio lasciare tutto in mano a un «comandan­te », facile semmai da licenziare per offrirlo in sacrificio al­l’opinione pubblica se scoppia qualche grana....”.

Bene, anzi male.

Io, e con me migliaia di colleghi di tutta Italia, e sicuramente anche i giovani, i commercianti ed i sindaci, tutti citati dal Prof. Galli Della Loggia come cause della “sicurezza che non c’è”, non ci stiamo a farci infamare ed insultare da lui.

E riguardo a noi della polizia municipale, posso dire che è fin troppo comodo avere la prima pagina del “Corriere della Sera” per offendere una categoria che, se è odiata da tutti, forse lo è proprio perché compie un lavoro quotidiano, difficile e diffuso e che nessun altro ormai fa più: quello di prevenire e sanzionare, lavorando essenzialmente sugli illeciti amministrativi, quelli che tutti noi, prima o poi, commettiamo e quelli che a detta stessa del professore, contribuiscono alla insicurezza generalizzata.

Sono comandante della Polizia Municipale di Cortona, un Comune toscano molto vasto, uno fra i più vasti d’Italia (oltre 350 Kmq.), eppure uno dei più sicuri della penisola, malgrado il numero degli abitanti ed il fortissimo afflusso turistico.

Perché?

Perché sul nostro territorio tutti gli organi di polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Stradale, Polizia Municipale) sono presenti nell’attività di controllo del territorio, e fanno prevenzione ed educazione nelle scuole, andando incontro proprio a quei giovani che invece il Prof. Galli Della Loggia, pur essendo un insegnante, evidentemente aborrisce.

La sicurezza si ottiene non con il dagli all’untore contenuto nella prolusione dell’articolo del Prof. Galli Della Loggia, o con l’attaccare i giovani, i commercianti, i sindaci, la polizia municipale, rea di “fannullonaggine generalizzata”, mentre il resto del mondo sarebbe, a detta del professore, efficientissimo. Sappiamo tutti che i fannulloni ci sono in tutti gli ambienti, probabilmente anche in quello dove lavora il Prof. Galli Della Loggia; quel che non sappiamo tutti invece è che un vigile urbano, che magari deve andarsi a prendere una bottigliata in testa da un ubriaco, è pagato un quarto di quello che è pagato un professore universitario (come il Prof. Galli Della Loggia), se non meno.

E questi colleghi, che prendono questo stipendio misero, in questo momento si trovano a prestare aiuto e soccorso proprio sulle tematiche della sicurezza, nell’Abruzzo sconvolto dal terremoto, come stanno facendo i colleghi della Polizia Municipale di Firenze e quelli di Roma.

La sicurezza si ottiene con un modello di controllo del territorio condiviso fra organi di polizia dei vari livelli, con una gestione intelligente ed integrata delle risorse, ma soprattutto con l’educazione in generale, quella che proprio i docenti come il Prof. Galli Della Loggia dovrebbero insegnare, e con l’educazione alla legalità in particolare, quella che i “fannulloni” della Polizia Municipale di Cortona che rappresento, e tanti altri colleghi di tutta Italia, vanno ad insegnare nelle scuole.

 

Dott. Sergio Bedessi

Comandante Polizia Municipale Cortona

 

PER CHI NON LO AVESSE LETTO SI COPIA DI SEGUITO L’ARTICOLO APPARSO IL 19 APRILE 2009 SUL “CORRIERE DELLA SERA”

Sicurezza nelle città

di Ernesto Galli Della Loggia

Negli ulti­mi mesi stiamo as­sistendo a un crescendo di episodi di criminalità organizzata spesso per mano di extra­comunitari o di rumeni, e non conoscono sosta le tragiche avventure dei battelli che trasportano poveri cristi sulle spiagge di Pantelleria»: così si leg­geva venerdì sul Riformi­sta per la penna dell’ex di­rettore dell’Unità, Peppi­no Caldarola. Tralascian­do il riferimento agli im­migrati clandestini, che costituiscono evidente­mente un capitolo a par­te, non c’è dubbio che la questione sicurezza è or­mai da tempo una que­stione centrale della so­cietà italiana. Lo confer­mano gli ultimi efferati episodi di cronaca nera — da Napoli a Roma, a Torino, a Vicenza — e l’opinione di un esperto riconosciuto come il so­ciologo Marzio Barbagli che, intervistato sempre venerdì dalla Repubblica ha sottolineato soprattut­to «l’inarrestabile cresci­ta » del numero delle rapi­ne (di quelle in banca l’Ita­lia detiene il record euro­peo), solo metà delle qua­li denunciate, ma che in realtà arriverebbero a cir­ca 100 mila l’anno; e che per circa la metà avvengo­no sulla pubblica via sfo­ciando con una certa fre­quenza in altrettanti omi­cidi. È vero che il numero di questi, cioè degli omici­di in quanto tali, diminui­sce da anni, ma dal punto di vista del cittadino non è certo molto consolante sapere di avere assai più probabilità di venire «so­lamente » aggredito, rapi­nato e magari picchiato selvaggiamente pur riu­scendo alla fine a salvare la pelle, piuttosto che di essere mandato diretta­mente al creatore.

Comunque i dati ora detti sono solo la punta drammatica di un feno­meno di insicurezza assai più vasto che specialmen­te nelle aree urbane, e in particolarissimo modo nelle periferie, deriva ai cittadini soprattutto dalla sensazione di essere la­sciati soli in balia di illega­lità certamente di minore portata, ma non perciò fonte minore di disagi, pa­ure ed esasperazioni spes­so incontrollabili. Lascia­ti soli a cavarsela con an­goli delle strade trasfor­mati in pubblici orinatoi, marciapiedi occupati dal traffico del sesso o ridotti a stretti viottoli per la pre­senza perlopiù abusiva di tavolini di bar e ristoran­ti, con schiamazzanti mo­vide notturne, con pub e discoteche sotto le fine­stre, con piazze adibite a luogo di ritrovo per scia­mi di adolescenti motori­nizzati sgassanti ad ogni ora, con grandi arterie tra­sformate specie di notte in piste omicide per auto­mobilisti folli e spesso ubriachi o drogati e con non so quante altre piace­volezze.

Di fronte a tutto ciò ap­pare evidente la scarsa ef­ficienza dei corpi di poli­zia urbana. Cambiarne il nome in quello un po’ pomposo di «polizia loca­le » non sembra essere servito a molto. Infatti, se Pubblica sicurezza e cara­binieri fanno — general­mente molto bene — quello che devono, è so­prattutto alla polizia urba­na che risale la responsa­bilità per il mancato con­trollo capillare e conti­nuo del territorio, per la mancata opera quotidia­na di prevenzione e di sanzione, unici rimedi idonei nei confronti dei fenomeni di minuta ille­galità cui sopra. Il difetto è nel manico, in chi ha la responsabilità politica della polizia urba­na.

La verità, infatti, è che da parte dei sindaci, sia di destra che di sinistra, non c’è stato finora alcun desiderio reale di impegnarsi davvero sul terreno di questo ordine pubblico. Anche i propositi «rondisti» e le iniziative della Lega, per esempio dei vari Tosi a Verona o Gentilini a Treviso, in ge­nere non sono mai andati (e bisogna dire in questo caso per fortuna) oltre l’esibizione della faccia feroce nei con­fronti di vu’ cumprà e lavavetri. L’esempio del mitico sinda­co di New York Giuliani e del suo popolarissimo program­ma di «tolleranza zero» da noi, insomma, non ha fatto cer­to scuola.

Tutto ciò si spiega, credo, con due motivi. Il primo è la scarsa volontà/capacità da parte dei sindaci di far valere la propria autorità nei confronti in generale delle amministra­zioni di cui sono a capo, ma in modo particolare nei con­fronti della polizia locale o vigili urbani che siano. Questi rappresentano quasi sempre potenti corporazioni, adagiate­si da anni in consuetudini e pratiche di lavoro gestite di fatto da esse stesse, con numerose nicchie di privilegio, di fannullaggine e di scarsa trasparenza, che nessun sindaco osa toccare. Meglio lasciare tutto in mano a un «comandan­te », facile semmai da licenziare per offrirlo in sacrificio al­l’opinione pubblica se scoppia qualche grana. Il secondo motivo sta nel fatto che la repressione del genere di reati «minori» che affliggono la vita quotidiana degli abitanti delle città, soprattutto delle grandi città, comporta un’azio­ne repressiva che andrebbe inevitabilmente a colpire o co­munque a disturbare in vario modo due categorie assoluta­mente minoritarie sul piano numerico ma, sia pure per mo­tivi diversi, entrambe in pratica intoccabili.

Da un lato alcuni titolari di bar, ristoranti, pub, discote­che che (tra la larga maggioranza di commercianti corretti e spesso bersaglio degli episodi di criminalità) rappresenta­no lobby potenti nei confronti di qualunque amministrato­re; e dall’altro lato quella dei «giovani», protetti dal tabù che circonda ogni loro moda, svago, o comportamento col­lettivo, anche quelli più stupidi o riprovevoli.

19 aprile 2009

 

 

 

 

 

 

 

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