Da il Manifesto del 26 marzo 2008

Noi, minori non accompagnati


Siamo invisibili agli occhi degli altri, siamo venuti in Italia - come clandestini - sia per mare che per terra (si diceva una volta!). Siamo arrivati o per sfuggire dalla guerra o dalle torture o dalla fame o perché, in un mondo globalizzato, i nostri paesi sono poveri in confronto ai vostri. Siamo di tutte le età e abbiamo anche un titolo di studio o iniziato un percorso professionale. Oppure proveniamo da famiglie povere che ci «hanno mandato a cercare fortuna».
Siamo in circa 6 mila secondo i dati ufficiali ma solo il 30% di noi è intercettato e è riconosciuto e, non sempre, aiutato. Gli altri, invece, gli sconosciuti sono meno difesi, più soggetti a essere utilizzati dalla criminalità comune o, entrano nel giro della tratta umana, subiscono abusi di ogni genere e, anche, o figurano nel lavoro nero e sommerso. Se non lavoro schiavistico...
Non vogliamo essere capri espiatori della situazione e non vogliamo diventare per l'Italia un problema che si risolve solo attraverso le leggi e le norme di sicurezza. Non dobbiamo/vogliamo diventare un'emergenza di cui si occupano solo le forze dell'ordine.....
Vogliamo il riconoscimento rapido del permesso di soggiorno per minori non accompagnati che duri oltre la maggiore età, per non trovarci di fronte all'inumana decisione di essere rimpatriati senza sapere nemmeno cosa ci aspetta in patria; l'applicazione del nuovo permesso di soggiorno «affidamento di minore» per i nostri genitori che, se pur irregolari, sono le persone con cui vogliamo vivere e crescere. Vogliamo avere «tutori» non solo sulla carta, ma istituzioni che ci accolgano e sostengano, anche nel rispetto del diritto a essere ascoltati .
Il diritto all'ascolto deve valere a maggior ragione per quanti di noi giungono qui in cerca di rifugio e asilo, fuggendo da realtà abusanti, violente e persecutorie, che risultano difficili non soltanto da immaginare, ma ancor più, purtroppo, da provare. Chi ascolta e è chiamato a decidere deve farlo, allora, attraverso valutazioni ponderate che tengano conto delle direttive comunitarie, delle policy e delle circolari ministeriali italiane, dettate anche per sottolineare la non rigidità dell'onere della prova in capo ai richiedenti rifugio e asilo. Una rigidità che, a maggior ragione, non può perseguirsi nel caso dei minori non accompagnati.
Come figli di immigrati nati che vivono da sempre in Italia respingiamo la norma che stabilisce che il diritto di cittadinanza venga riconosciuto dopo la maggiore età, se e quando lo chiediamo. E' inammissibile: condividiamo tutto con i nostri coetanei ma non possiamo avere negato questo diritto di natura universale. Si mantiene l'assurdo dell'articolo 4 comma 2 della legge n°40/98 che provoca una lacerazione sociale attuale e futura. Mantiene una brutta distinzione tra cittadini d serie A e cittadini di serie B. Da un punto di vista psicosociale, i minori italiani e quelli figli di immigrati non si possono e non si devono distinguere. La distinzione diventa strumentale perché non accoglie la differenza che, invece, è un fattore di crescita per entrambi. E' bene sottolinearlo: l'immigrazione non può essere arrestata e non si arresterà nonostante nascano muri veri e falsi.
(«Abbattiamo il muro: minori stranieri in Italia» è il tema che sarà affrontato lunedì prossimo presso l'aula Agostini, via di San Gallicano n. 25, ore 10, in occasione della presentazione del libro «Minori e flussi migratori. Universalità, trasversalità, transculturalità dei diritti» a cura di Patrizia Giganti e Maria Franca Iorio - ed. Kappa)
Ass. obiettivo psicosociale onlus

 

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