ROMA. ABUSI SESSUALI SUL BIMBO DOWN.

NESSUNO PARLA DI ALTRE POSSIBILI RESPONSABILITA'?

I quotidiani di oggi ritornano sull'episodio di cronaca avvenuto a Roma il 13 dicembre 2006.

Protagonista un'assistente domiciliare di 23 anni che aveva in affidamento un bambino di 11 anni affetto dalla sindrome di down.

L'operatrice sociale si sarebbe resa responsabile, secondo gli atti processuali, di aver costretto il bimbo down a giochi erotici in due occasioni, durante le ore di assistenza domiciliare effettuata a casa del bimbo per conto di una cooperativa sociale.

Il magistrato inquirente avrebbe trovato riscontri di responsabilità personale nei fatti denunciati.

Non abbiamo dubbi sulla serietà del lavoro del magistrato titolare dell'inchiesta e degli agenti di polizia giudiziaria. Siamo certi che sapranno andare in fondo a questa vicenda per accertare se vi siano altre responsabilità istituzionali da parte degli enti pubblici e della cooperativa sociale preposti ad assicurare al minore un servizio di assistenza e a controllare il servizio stesso.

I dubbi che sorgono sulla vicenda sono i seguenti:

In base a quale progetto educativo e con quali mansioni sarebbe stata impiegata un'assistente domiciliare su un bambino affetto dalla sindrome di down.

Gli assistenti domiciliari, laddove siano provvisti di qualifica (da molto tempo la regione Lazio non autorizza più corsi per assistente domiciliare), posseggono un titolo regionale conseguito dopo un breve corso presso enti convenzionati.

Per iscriversi al corso di assistente domiciliare non era necessario il requisito del diploma di maturità e le discipline previste dal piano di studio erano incentrate prevalentemente sull'igiene personale, assistenza alla deambulazione, aiuto domestico e pochissime nozioni sociologiche.

Un bambino di 11 anni, affetto da sindrome di down, ma anche qualunque minore che abbia deficit cognitivi o ritardo mentale, avrebbe diritto ad un piano educativo e di assistenza individualizzato tracciato dai servizi sociali e reso operativo da un'equìpe professionale composta da assistente sociale, psicologo e con l'impiego di un'educatrice o educatore professionale, qualifica, quest'ultima, raggiunta attraverso un corso di laurea o da un diploma universitario triennale.

Allora ci viene spontaneo chiederci: quale ruolo e quali mansioni educative avrebbe dovuto svolgere un'assistente domiciliare se la sua formazione e l'attestato regionale, ove posseduto, non prevedono lo svolgimento di un progetto educativo?

Se questi dubbi che avanziamo dovessero trovare riscontro in una errata, omessa e impropria formulazione del progetto educativo da parte di coloro che hanno preso in carico il bambino disabile, anche altri dovrebbero essere chiamati a rispondere di quanto è avvenuto.

Confidiamo nel lavoro del magistrato e siamo certi che sarà fatta luce a 360°.

Domenico Ciardulli

Segretario Coordinamento Comitati Roma Nord

 

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