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RUMENI A ROMA: L’INSICUREZZA DI VELTRONI

 

Qualche mese fa, alla vigilia del suo seguitissimo discorso al Lingotto di Torino con il quale ha indossato i panni del candidato al PD, il sindaco di Roma si era recato in Romania ed aveva deciso, di concerto con quel paese, l’utilizzo di funzionari di polizia rumeni per contrastare assieme alle nostre forze dell’ordine, la criminalità e i crescenti insediamenti di campi nomadi abusivi.

Alla luce delle dichiarazioni fatte  dal sindaco Veltroni nella giornata di ieri, quell’annuncio di grande effetto mediatico appare come un clamoroso flop creato ad arte al fine di aggiungere una nota di colore alla sua ascesa nella nuova formazione politica.

Se da alcuni mesi, come Veltroni dichiara, sono in aumento rilevante i reati compiuti da persone di origine rumena e se adesso il sindaco chiede l’intervento del Governo e dell’Europa vuol dire, a nostro avviso, che la sua visita a Bucarest e la sua scelta di mostrare i muscoli attraverso le divise straniere non sono servite a niente, se non a fargli pubblicità durante l’investitura al Lingotto.

Ad aggravare la posizione del Sindaco, in quanto a insuccessi sulle politiche sociali, si aggiunge il dietrofront che sta maturando sul progetto dei 4 megacampi da mille persone da creare fuori dal GRA. Un progetto che, con il subentro del nuovo Prefetto e con il parere contrario di note personalità politiche e istituzionali, ha subito un forte rallentamento coronato da dubbi.

Sulle Politiche sociali di questi ultimi anni gli insuccessi della Giunta Veltroni sono stati innumerevoli, ma innumerevoli volte le strategie di comunicazione dell’abile sindaco hanno prevalso sui dati di fatto.

Ricordiamone alcuni: durante il periodo del caldo killer nel 2003, il comune di Roma fornì dati positivi sul trend di mortalità degli ultrasettantacinquenni. salvo poi essere smentito nel mese di settembre dall’Istituto superiore di Sanità e Roma risultò una delle città maglia nera per il numero degli anziani morti per il caldo.

Nell'estate successiva il Comune di Roma dipartimento Politiche Sociali decise di chiudere i piccoli centri di accoglienza per senza fissa dimora collocati nel cuore della città per potenziare e allargare i megadormitori in periferia, come Colleverde, Rebibbia e Ostia. Il seguito di cronaca è noto: il rinvenimento frequente di clochard, giovani e meno giovani, deceduti sulle strade e sui marciapiedi del centro (Trastevere, San Giovanni, Arenula, Appia, San Lorenzo, Termini, S. Maria Maggiore...) in qualche caso ustionati o accoltellati in circostanze misteriose.

Potremmo ancora citare i servizi di unità mobile della Sala Operativa Sociale rivelatasi col tempo, a mio avviso, più un mezzo di controllo che di aiuto ai cittadini svantaggiati. Spesso un doppione dei servizi già esistenti a livello municipale, tanto che nell'ultima gara d'appalto i servizi sono stati ridimensionati per attenuare gli sprechi.

I progetti di scolarizzazione dei bambini rom in questi anni non hanno riscosso brillanti risultati eppure bastava organizzare in Campidoglio, davanti alle telecamere, la premiazione di un bambino rom giunto al diploma di scuola media per glissare sui dati reali della dispersione scolastica.

Sui campi nomadi sappiamo che la soluzione è lontana da venire e che l'irrigidimento del sindaco Veltroni non ha ancora riscosso nessun risultato utile.

Ma la vulnerabilità di Veltroni emerge dalle sue dichiarazioni allarmate sull'impronta marcatamente rumena della criminalità. Ancora una volta il sindaco, invece di operare in silenzio, concertare, progettare politiche correggendo quelle risultate sbagliate finora, usa ancora una volta i media lanciando con enfasi l'emergenza dei flussi dalla Romania.

Si potrebbe chiedere a Veltroni di far visita in ospedale alla badante rumena in coma perchè spinta sotto un treno della metropolitana da una studentessa italiana. Si potrebbe anche dire a Veltroni di erigere una lapide per commemorare le decine e decine di rumeni caduti o resi invalidi nei cantieri edili di Roma e provincia.  Ma la richiesta che riteniamo più efficace è quella di invitarlo a non imitare e a non rincorrersi con Alemanno su chi è più bravo ad azzerare la tolleranza. Si conosce dalle cronache il frutto delle politiche securitarie militarizzate in quei comuni nordici governati dal centrodestra dove accadono i più efferati delitti e dove l'apparente sicurezza significa spesso coprifuoco, paura, esclusione e, addirittura, intolleranza razziale.

Serve una svolta invece sulle politiche sociali capitoline che non sono per niente innovative. Esse si sono basate per anni sulla carità e non sull'inclusione, sulla ghettizzazione e non sulla prevenzione del disagio, sulla residualità degli interventi a beneficio di iniziative scenografiche e commerciali.

Poco o nulla si è appreso dagli altri paesi del nord Europa dove le politiche di welfare sono azioni di sistema a larghe vedute con obiettivi ambiziosi di lungo termine e non sono, come succede a Roma, toppe improvvisate fumogene come i pony della solidarietà, i  bus che portano il te caldo, o i poliziotti con manganello made in Romania.

Domenico Ciardulli

28/09/2007

 

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