Noi, cinquantenni, cestinati dalla società…

Io, come Paolo, come gli altri
Buongiorno, sono Paolo, quello che era senza lavoro e si è suicidato. Ovvero sono come lui, io come tanti altri. Tantissimi. Troppi. Ho quasi cinquanta anni e da quattro sono senza lavoro. Io sono ancora vivo, ovvero il cuore batte, ma la definizione di "vivo" comincia a diventarmi vaga. Mi trascino come un inutile animale, vuoto e senza scopo. Ho mandato curriculum a chiunque, ho cercato lavoro anche come commesso nei supermercati, nella grande distribuzione, come pony express, qualsiasi cosa. Ma, a differenza di Paolo, non ho nemmeno ricevuto un "grazie per ora non abbiamo bisogno di lei". Ho ricevuto solo il silenzio. Non valgo nemmeno una risposta. Dopo venticinque anni di lavoro, l'azienda per la quale lavoravo da dodici anni ha deciso che il settore dello sviluppo software non le interessava più e così lo ha chiuso mandando a casa tutti quelli che c'erano dentro. Senza guardare in faccia nessuno. Le nuove leggi sul lavoro lo hanno consentito, il sindacato (la Cgil) ha fatto spallucce, i colleghi sono spariti, gli amici dissolti, tranne pochissimi, ed io a casa. Ho dato la colpa a Berlusconi ed al suo governo di ladri e profittatori ma poi il nuovo governo non ha cambiato le cose. Noi siamo invisibili, fantasmi di cui nessuno si occupa, nessuna manifestazione, nessuna protesta, nessuna bandiera. Anche il compagno Bertinotti promuove grandi manifestazioni per il lavoro dei giovani, sacrosanto, dimenticando però il lavoro dei "vecchi". Ho preso quei pochi soldi di liquidazione ed una cifra per "non fare troppe storie" tanto il posto lo avrei perso comunque e non avrei avuto la buonuscita. Da allora campo con quei soldi, con i risparmi che avevo e con qualche consulenza che di tanto in tanto riesco a fare. Parlo di me, nelle frasi dico "io" ma, ripeto, lo so benissimo che siamo un esercito noi che a cinquanta anni siamo stati cestinati dalla società. Una società che evidentemente può fare a meno dell'esperienza, o pensa di poterlo fare. Io, che ho gestito progetti da milioni di euro, ora sono inutile e come me persone molto più in gamba di me. Questo non è il nostro mondo. Questa società difende gli interessi di tutti, in tutto il mondo, e non guarda le cose che ci vivono intorno. Certo poi c'è l'ironia di questo Stato che mi ha mandato a casa gli agenti della Agenzia delle Entrate perché dichiaravo troppo poco e la cosa era sospetta. Poi la guerra tra disperati che ha fatto sì che qualcuno il mese scorso mi rubasse i panni stessi ad asciugare sul terrazzo. Ecco la realtà, non il gossip delle prime pagine. I soldi che ho da parte presto finiranno, allora mi manterrà mia moglie, precaria anche lei, oppure laverò vetri ai semafori, oppure imparerò a rubare, oppure sarò Paolo in tutto e per tutto. Dipenderà solo dal coraggio che avrò quando succederà.
Fabio Lagatta via e-mail

fonte: liberazione 28 novembre 2007

IL SUICIDIO DI PAOLO MANCA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hit Counter